Thursday, December 22, 2005

Violenze sessuali sui minori e la frase di Gesù sui bambini

Fausto Carioti segnala una notizia diffusa da Repubblica: un venticinquenne è stato fermato dai carabinieri con l’accusa di aver violentato un bambino di 5 anni. Pensavo alla frase di Gesù: “Ma se uno sarà di scandalo a uno di questi piccoli che credono in me, è meglio per lui che gli sia legata al collo una mola asinara e sia precipitato nel fondo del mare. [...] Guardatevi dal disprezzare uno di questi piccoli...” (Matteo 18, 6-10).
La medicina sostiene che abusa dei bambini colui che, a sua volta, è stato abusato. Se la catena non viene interrotta, l'abusato potrebbe, a sua volta, commettere abusi. Tutto ciò può realizzarsi soprattutto per chi è oggetto di ripetute violenze sessuali in età infantile.
Ora, stando alle parole di Gesù, la vittima di abusi conserva la coscienza, la quale sa distinguere il bene dal male. In altre parole, il trauma vissuto non rende l’abusato un individuo senza capacità di autocontrollo, restando responsabile delle proprie azioni.

Friday, December 16, 2005

Invito a firmare la petizione del Centro Wiesenthal su Ahmadinejad

Di fronte all'ennesimo attacco verbale del presidente iraniano Ahmadinejad contro Israele, faccio mia la segnalazione di Fausto Carioti, che invita a firmare e diffondere la petizione del Centro Simon Wiesenthal all'Assemblea Generale dell'ONU perché censuri l'Iran e dichiari il suo presidente persona non grata.

Tuesday, December 13, 2005

Stupri in Italia: le donne occidentali nell’opinione degli islamici

Qualche giorno fa ho seguito una conferenza tenuta da un professore italiano di storia dell’Africa. Avendo insegnato in Egitto, costui ha potuto riferire che da quelle parti molte studentesse considerano le donne occidentali come delle sgualdrine. Immagino che in Egitto e in altri paesi islamici la popolazione maschile sia dello stesso avviso.
I tanti casi di stupro ad opera di extracomunitari marocchini si possono spiegare anche con il disprezzo provato verso le donne nostrane? Per quel che ne so, nei paesi islamici lo stupro viene punito molto severamente. La mollezza del nostro sistema giudiziario, e quindi le forti probabilità che il crimine resti impunito, aiuta a spiegare la tracotanza degli stupratori islamici (e non)?

Elezioni a Messina: per la sinistra Cosa Nostra era in ferie

Sulle elezioni a Messina, Vittorio Feltri mi ha letto nel pensiero: «Si dice che la mafia eserciti una notevole influenza sui risultati elettorali. Però c’è un dettaglio da registrare. Se la sinistra perde, immediatamente grida: ovvio, i suffragi piovuti a destra sono stati pilotati dai boss. Se viceversa la spunta, sta zitta e attribuisce ai siciliani un esemplare senso di responsabilità. Insomma, quando le stesse preferenze vanno a Prodi, sono preferenze democratiche; quando vanno a Berlusconi, sono mafiose.»

Monday, December 12, 2005

I torti e le ragioni della Rice, secondo Francesco Cossiga

Riporto integralmente l’intervento di Francesco Cossiga, pubblicato oggi su Il Giornale.

Il problema non riguarda né il nostro governo né i nostri servizi di informazione e di sicurezza. Nulla l'amministrazione americana ci ha detto delle cover action antiterrorismo della Cia, perché ha temuto, e giustamente, che nonostante il nostro «americanismo», saremmo andati a dirlo in giro... E si sono quindi più fidati della Polonia neocomunista, della Francia e della Germania «antiamericane» e della Svezia ultrapacifista, rifugio dei disertori e dei ricercati di tutto il mondo. La Condoleezza Rice, che per parte della nostra sinistra è diventata ora wasp, e cioè americana bianca di pura ascendenza anglosassone, ed anche razzista contro i negros, è venuta in Europa a far fare agli europei una brutta figura, spiattellando che i governi dei Paesi più critici nei confronti della politica antiterrorismo degli Stati Uniti avevano autorizzato al massimo livello i rapimenti dei presunti terroristi da parte della Cia, il loro trasporto attraverso i cieli d'Europa e l'organizzazione di «carceri» segrete sul loro territorio, e denunciando così la loro ipocrisia. Un atto di coraggioso coraggio, proprio di una cittadina di uno Stato nato da una rivoluzione, sincero per vocazione puritana, abituato a mandare in giro i suoi figli per la libertà e la sicurezza di chi non vuole o sa difendersi.
La Segretario di Stato americano ha insieme ragione e torto. Ha ragione nel denunciare l'ipocrisia e l'ignavia dei Paesi europei nella lotta contro il terrorismo, Regno Unito e Irlanda escluse. Non è che i Paesi europei sopravvissuti alla bufera della seconda guerra mondiale amino in modo particolare la legalità, ma non hanno voglia di combattere, neanche contro il terrorismo. Ciò vale anche per l'Italia che non è riuscita a dotarsi di strumenti giuridici ed amministrativi adeguati, tanto che per la legge non si sa ancora bene cosa sia il terrorismo ed i terroristi, e le norme antiterrorismo che un ministro peraltro coraggioso è riuscito alfine a varare, sono tuttalpiù «norme per tentare di fronteggiare senza l'uso di mezzi fisici anche se moderati, la turbolenza dei bambini della scuola materna durante le ore di ricreazione». Ed un ammiraglio, uno dei trenta o quaranta che abbiamo (più ammiragli che navi!), riesce a bloccare una riforma dei servizi di informazione e di sicurezza voluta da tutti. Ha ragione la Condoleezza Rice a dire che il terrorismo islamico è una forma di guerra che non può essere condotta con metodi tradizionali ed «ortodossi». Ma, lo ripeto, queste sono cose che può dire e fare una grande Nazione nata da una rivoluzione contro la allora più grande e forte potenza del mondo, una rivoluzione guidata da capi che se sconfitti sarebbero stati impiccati.
Ma l'Europa è stanca, dopo che su di essa è passato il rullo di una immane guerra, e di una guerra anche civile: e vuole essere lasciata in pace, vuole che sia l'America a difenderla, ma riservandosi il diritto di sputare sui suoi caduti. Solo la Russia combatte il terrorismo: ma, e non a caso, è anch'essa una Nazione nata da una grande rivoluzione. Certo, quello che è stato fatto, sarebbe potuto essere fatto nell'ambito di una cornice certa di legalità formale, sulla base di accordi internazionali regolarmente stipulati e ratificati. Ma Francia, Germania e Svezia hanno preferito non sporcarsi la loro coscienza liberale e il loro manto di ipocrito candore. E poi, i terroristi, è meglio dopo tutto tenerseli buoni...
Come ormai quasi sempre, l'Europa comprende poco l'America e l'America comprende per nulla l'Europa! L'Italia è «fuori» dal gioco, politicamente, culturalmente e giuridicamente. Lo è politicamente: forse la maggioranza, ma non vasta, degli italiani è contro il terrorismo, moltissimi non lo sono, o lo sono a parole, perché il terrorismo è anzitutto antiamericano, e forte e crescente è il sentimento antiamericano nel nostro Paese. Nonostante la forte presenza nell'Unione di gente decisa come i postcomunisti, Romano Prodi per vincere ha certo bisogno del grande capitale dei «neocapitalisti familiari» e delle grandi banche, ha bisogno dei cattolici, ma ha bisogno anche della sinistra estrema che certo antiterrorista non è.
L'Italia è fuori dal gioco per motivi culturali. La «religione civile» italiana, su cui si fonda la Costituzione, è la «religione della Resistenza»: e la resistenza in tutta l'Europa è stata condotta (la guerra del piccolo contro il grande, del debole contro il forte, del disarmato contro l'armato!) con i metodi propri del terrorismo, da via Rasella all'uccisione «esemplare» del filosofo fascista Giovanni Gentile. E riesce non facile distinguere tra terrorismo e resistenza e tra terrorismo «buono» e terrorismo «cattivo». Solo perché i comunisti ebbero il coraggio di farlo, l'Italia lo fece. E poi, l'obbligatorietà dell'azione penale, la mancanza di una tradizione di «terrorismo di Stato» a difesa della libertà e della sicurezza, ci impedirebbero di adottare «cornici» legali non dico per condurre, ma per permettere che altri conducano sul nostro territorio una «guerra non ortodossa». Ed allora, che facciano gli altri: e, per favore, nulla Condoleezza Rice ci dica...

Tuesday, December 06, 2005

Per molti genitori ed esperti di problemi giovanili, i figli sono extraterrestri

Libero ha pubblicato oggi un intervento dal titolo “Droga, male di vivere che non si sconfigge in ambulatorio . Ma in comunità”, a firma di Don Chino Pezzoli, esponente della Comunità Promozione Umana. Condivido le argomentazioni di Pezzoli, tuttavia, mi lascia sempre sgomento leggere affermazioni del tipo: «Le famiglie sono sole e disperate davanti a un figlio che ha bisogno di strutture comunitarie, private e pubbliche, che garantiscano l’accompagnamento del paziente verso un certo equilibrio e una possibile autonomia.»
Molto spesso si sente parlare dei ragazzi che si drogano come se essi non fossero il prodotto di un ambiente familiare in cui sono stati allevati; al contrario, sembra che i loro genitori se li siano trovati in casa già belli e fatti. A sentire i genitori e certi esperti, improvvisamente alcuni ragazzi si perdono per strada. I genitori scendono dalle nuvole e danno colpe alla società, alle ‘cattive amicizie’, al consumismo per quello che succede ai figli. Mah!
Sono dell’avviso che molti genitori prima rovinano i figli e poi li portano nelle comunità perché li recuperino, delegando alle comunità dei compiti che loro non hanno voluto o non sono stati capaci di assolvere a tempo debito. E pensare che ho sempre ritenuto che fosse compito dei genitori portare i figli ad acquisire ‘un certo equilibrio e una possibile autonomia’! Evidentemente sono stato un ingenuo.
Don Chino Pezzoli parla anche di «Aiutare questi giovani che hanno in sé la “malattia del vivere”». Poveracci, non solo questi ragazzi sono stati mazzolati ben bene dai genitori, mazzolamento quotidiano che li ha portati a non aver punti di riferimento e a non ritrovarsi, come diceva Totò, con la testa al solito posto, cioè sul collo; dopo il danno viene anche la beffa di sentirsi dire che sono malati nell’anima. C’è qui la stessa deresponsabilizzazione dei genitori che avviene per altri problemi giovanili. Ad esempio, ho sentito alcuni medici sostenere in televisione che i genitori non devono colpevolizzarsi per il fatto che le figlie sono anoressiche o bulimiche (sic!). Vai a vedere che i figli sono degli extraterrestri!

Friday, December 02, 2005

Il guerriero che va incontro alla morte nel segno del padre

«Ecco, ora vedo mio padre, vedo mia madre, i miei fratelli e le mie sorelle e tutti i miei parenti defunti. Essi chiamano me perché prenda posto in mezzo a loro nella sala dei guerrieri, dove l'impavido vive per sempre.» (Il Tredicesimo Guerriero)

Mentre si sta preparando per la battaglia e dopo aver pronunciato questa frase, il guerriero musulmano aggiunge (se la memoria non mi inganna): «Per tutto quello che avrei dovuto fare e non ho fatto, per tutto quello che avrei dovuto dire e non ho detto, per tutto quello che non avrei dovuto pensare e ho pensato, perdonami Dio.»

Oriana Fallaci, in uno dei suoi ultimi libri, critica il film 'Il Tredicesimo guerriero' - protagonista Antonio Banderas - perché vi si dà una versione fortemente positiva del guerriero musulmano del titolo, laddove i cristiani vengono dipinti come dei poveracci.
Gli sceneggiatori del film si sono mostrati anti-cristiani e meritano riprovazione. A mio avviso, rimane il fatto però che queste sono le frasi che pronuncerebbe un uomo di Dio affrontando la morte, sia esso un cristiano, un musulmano, un pellirosse o un vecchio che chiude gli occhi nel proprio letto. Dimenticavo, quando menziono il musulmano, non mi riferisco al terrorista suicida. Quello non è un guerriero, un uomo di Dio o un martire, è solo un vile assassino, anzi, è un poveraccio senza fede.

Tuesday, November 29, 2005

Adesso fanno ridere anche gli angeli. Grazie ancora

L'incitamento ai cattolici di Leo Moulin (che ho rubato ad un Tocqueviller)

Nel blog di Alex ho trovato questo incitamento di Leo Moulin, medievista francese (ho scoperto chi fosse con una rapida ricerca sul web).

«Date retta a me, vecchio incredulo che se ne intende: il capolavoro della propaganda anti-cristiana è l'essere riusciti a creare nei cristiani, nei cattolici soprattutto, una cattiva coscienza; a instillarli l'imbarazzo, quando non la vergogna, per la loro storia. A furia di insistere, dalla riforma sino ad oggi, ce l'hanno fatta a convincervi di essere i responsabili di tutti o quasi i mali del mondo. Vi hanno paralizzato nell'autocritica masochista, per neutralizzare la critica di ciò che ha preso il vostro posto. Da tutti vi siete lasciati presentare il conto, spesso truccato, senza quasi discutere. Non c'è problema o errore o sofferenza nella storia che non vi siano stati addebitati. E voi, così spesso ignoranti del vostro passato, avete finito per crederci, magari per dar loro man forte. Invece io (agnostico, ma storico che cerca di essere oggettivo) vi dico che dovete reagire, in nome della verità. Spesso, infatti, non è vero. E se qualcosa di vero c'è, è anche vero che, in un bilancio di venti secoli di cristianesimo, le luci prevalgono di gran lunga sulle ombre. Ma poi: perchè non chiedere a vostra volta il conto a chi lo presenta a voi? Sono forse stati migliori i risultati di ciò che è venuto dopo? Da quali pulpiti ascoltate, contriti, certe prediche?»

Thursday, November 24, 2005

Gli intellettuali e la latitante cultura del mercato in Italia

Su Libero, Marco Bassani, dell’Università di Milano, firma oggi un articolo sul problema della mancanza di una cultura liberale e liberista in Italia prendendo spunto dal caso Luciano Canfora. Quest’ultimo, professore comunista di storia greca, è autore del saggio ‘La democrazia. Storia di un’ideologia”, pubblicato in Italia dall’editore Laterza nel 2004. L’editore tedesco Beck, invece, ha ritirato l’impegno a pubblicare il saggio - come da contratto - in Germania, poiché lo ha giudicato troppo sbilanciato a sinistra.
Dicevamo che Marco Bassani muove dall’inciampo editoriale del libro di Canfora per sostenere chiare e semplici idee sulla ‘crisi di identità’ del liberismo in Europa, ma soprattutto nel nostro Paese.

«Gli intellettuali [italiani] sono convinti che l’economia di mercato sia un cancro e che il comunismo si sarà pur rivelato la cura Di Bella, ma era comunque un tentativo di terapia. L’imputazione cambia, i rimedi si rivelano illusori, ma il mercato, l’Occidente e in primo luogo l’America sono sempre sul banco degli imputati. Gran parte degli intellettuali, allora, non riconosce i crimini comunisti perché li ritiene null’altro che un eccesso di legittima difesa dal male in terra, vale a dire dal capitalismo.
Il problema è quello dei due pesi e delle due misure. A chi fu fascista si spalancarono (giustamente) due sole alternative: ammettere i propri errori, o essere ghettizzati nel dibattito intellettuale. Di contro, chi è stato comunista ha ora davanti due strade parimenti rispettabili: rivendicare tutto, oppure chiedere e ottenere l’oblio e l’assoluzione tacita sulle passate farneticazioni. Insomma, perché i fascisti han dovuto fare i conti col fascismo e i comunisti più che i conti si sono fatti gli sconti?
Le ragioni sono molteplici e assai dibattute, giacché il problema si ripresenta in forme diverse in tutto l’Occidente. In Italia si parla sempre di “egemonia culturale”, tattiche gramsciane, corteggiamento degli intellettuali da parte del PCI. Tutto vero, ma non basta. Il fatto è che il prodotto culturale “marxismo” era ed è un manufatto altamente sofisticato, imparagonabilmente più sottile dei rozzi regimi e degli uomini che lo hanno messo in pratica. Per smontarlo e liberare le prossime generazioni dai suoi cascami ideologici ci vuole ben più che il crollo di un muro e qualche vaga parola d’ordine. Ci vorrebbe un movimento sia politico che culturale disposto a puntare tutto sulla battaglia delle idee. Occorrerebbe estrarre dal cilindro la merce più scarsa del mondo: intellettuali preparati a diffondere l’idea della legittimità morale, prima ancora che politica, del mercato. Proprio quello che manca in Italia.»

Uniformandomi al principio banfiano [l'attore pugliese] in base al quale “una parola è poco e due sono troppe”, mi limito a dire: come mai, leggendo queste parole, il pensiero corre a Berlusconi, nella sua veste di presidente del Consiglio, prima e di affermato imprenditore, poi? come mai il pensiero corre al molto altro che Berlusconi potrebbe fare per la rigenerazione politico-culturale del nostro Paese? Suvvia, Cavaliere, lo dicono anche gli amici americani: “There is always room for improvement”.

Wednesday, November 23, 2005

Trackback in, comments out: I apologise

Mi diverte fare esperimenti con il mio blog. Questa mattina ho inserito la funzione di trackback di Haloscan (deciderò se conservarla o meno nei prossimi giorni). L'operazione è riuscita, ma Haloscan ha cancellato tutti i commenti giunti fino ad oggi ai post. Mi scuso con i miei pochi lettori per l'inconveniente.

Il coraggio di Bush e i dubbi di Hoka Hey sulla Cina

Nella sua visita a Pechino, il presidente George W. Bush ha invitato i cinesi ad aprirsi alla democrazia e alla libertà. Signori, questo significa essere statisti dotati di grande coraggio. Purtroppo, è materia di cui fanno difetto i politici italiani ed europei (fatta eccezione per Blair che, in quanto inglese, non è comunque europeo).
Ho solo un dubbio sulla causa perorata dal presidente americano: è veramente opportuna la libertà per un paese abitato da più di un miliardo di anime? e se la popolazione cinese decidesse di diversificare la dieta abituale? e se cominciasse a pretendere un benessere giustamente diffuso a tutti? e se utilizzassero veramente la loro libertà di opinione e di parola? Mamma mia, che impressione!

Monday, November 21, 2005

I lager cinesi raccontati da un fuggitivo

In occasione della visita di George W. Bush in Cina, Il Giornale ha pubblicato un lungo articolo basato su di un’intervista a Harry Wu, presidente della Laogai Research Foundation. Si tratta di una tremenda testimonianza su quanto accade, in materia di diritti umani, in questo sciagurato paese. Trascrivo per intero l’articolo, intitolato "Vi racconto gli orrori dei laogai, i lager cinesi", di Filippo Facci.

Mani curate, cravatta rossa e una certezza: l’economia cinese è basata sullo schiavismo. D’accordo, ne parleremo, ma anzitutto chiediamo a Harry Wu se vuole parlarci dei suoi diciannove anni rinchiuso in un laogai. Ci guarda mestamente: «Devi prima capire che cos’è davvero un laogai». E noi credevamo di saperlo: sono dei campi di rieducazione voluti da Mao Zedong che hanno accolto non meno di cinquanta milioni di persone dalla loro costituzione, praticamente l’Italia intera; si è calcolato che non esista un cinese che non conosca almeno una persona che vi è stata soggiogata.
È una detenzione che non prevede processo, non prevede imputazione, tantomeno esame o riesame giudiziario o possibilità di confrontarsi con un’autorità. La decisione di rinchiuderti è a totale discrezione del Partito. «Ma loro» dice «per definirti usano la parola prodotto, e il primo prodotto sei tu, quello che devi diventare: un nuovo socialista. Il secondo è un prodotto vero e proprio, tipo scarpe, vestiti, spezie, tessuti, qualsiasi cosa. Ogni laogai ha due nomi: quello del centro di detenzione e quello della fabbrica.
Tu devi affrontare una quota di lavoro quotidiano, sino a 18 ore, sennò non ti danno da mangiare. Spesso devi lavorare in condizioni pericolose, come nelle miniere, con prodotti chimici tossici». Una pausa, scuote la testa: «Ma neppure questo, in realtà, è il laogai». È come se Harry Wu, cinese fuggito negli Usa, non volesse parlare di sé. Eppure è presidente della Laogai Research Foundation, è una prova vivente, fu arrestato a ventidue anni dopo che all’università, leggendo un giornale assieme ad altri studenti, aveva semplicemente criticato l’appoggio cinese all'invasione sovietica di Budapest. Delazione. Manette. Nessun tribunale, nessuna prova o indizio, nessuna accusa precisa se non quella d’essere un cattolico e un rivoluzionario di destra. «Il primo giorno, a Chejang, mi dissero che per potermi rieducare sarebbe occorso molto tempo. Poi mi spiegarono che non avrei neppure potuto pregare né sostenere di essere una persona: perché mi avrebbero punito o ucciso. Mi obbligarono a confessare delle presunte colpe dopo aver costretto alla confessione anche mio padre, mio fratello, la mia fidanzata. Solo mia madre rifiutò di farlo. Sono stato molto orgoglioso di lei». Un'altra pausa. L'impercettibile imbarazzo di Toni Brandi, il coordinatore della Fondazione che ci sta facendo da interprete: «Non ha confessato perché si è suicidata». E tutto, attorno, comincia a farsi stretto, troppo in distonia col racconto, e troppo rossa quella cravatta rossa, troppo pulita la moquette di quell’hotel nel centro di Milano. «I primi due o tre anni», racconta Harry Wu, «pensi alla tua ragazza, alla tua famiglia, alla libertà, alla dignità: poi non pensi più a niente. Perdi ogni dimensione, entri in un tunnel scuro. Preghi di nascosto. In un laogai non ci sono eroi che possano sopravvivere: a meno di suicidarti o farti torturare a morte. Scariche elettriche. Pestaggi manuali o con i manganelli. L'utilizzo doloroso di manette ai polsi e alle caviglie. La sospensione per le braccia. La privazione del cibo e del sonno. Questo ho visto, e così è stato per preti, vescovi cattolici, monaci tibetani».
Ci mostra la foto di un vescovo di 33 anni, e ancora altre foto in sequenza che nessun quotidiano o rotocalco potrà mai riportare: uomini e ragazzi inginocchiati, una ragazzina immobilizzata da due soldati mentre un terzo le punta il fucile alla nuca, una foto successiva in cui è spalmata a terra con il cranio orribilmente esploso. Poi un filmato. È un dvd curato dall'associazione, e dovrebbero vietarlo ai minori e agli occidentali in affari con la Cina: esecuzioni seriali, di massa, i condannati inginocchiati, prima la fucilata e poi lo stivale premuto forte sullo stomaco per controllare che morte sia stata, un ufficiale di partito che per sincerarsene usa una sbarra d'acciaio, e anche di questo qualcosa sapevamo, ma come dire: il video, un video. Sapevamo pure delle fucilazioni e delle camere mobili di esecuzione: furgoni modificati che raggiungono direttamente il luogo dell'esecuzione con il condannato legato con cinghie a un lettino di metallo, il tutto controllato da un monitor accanto al posto di guida.
Poi via, si riparte verso altre esecuzioni da effettuarsi pochi minuti dopo l’emissione della condanna a morte. Noi sapevamo che la maggior parte delle condanne è pronunciata in stadi e piazze davanti a folle gigantesche, e che le cose, in Cina, sono tornate a peggiorare dal 2003, laddove ogni anno vengono giustiziati più individui che in tutti i Paesi del mondo messi insieme. «Nel 1984, dopo un articolo di Newsweek, smisero di portare i morti in giro per le strade come pubblico esempio», ci dice, «ma dal 1989 hanno ricominciato, e i familiari devono pagare le spese per le pallottole e per la cremazione». E la faccenda degli organi? «Le autorità prelevano gli organi dei condannati a morte in quanto appartengono ufficialmente allo Stato. I trapianti sono effettuati sotto supervisione governativa: il costo è inferiore del 30 per cento rispetto alla media, e ne beneficiano cinesi privilegiati e cittadini occidentali e israeliani». E la faccenda dei cosmetici fatti con la pelle dei morti? «Dai giustiziati prendono il collagene e altre sostanze che servono per la produzione di prodotti di bellezza, tutti destinati al mercato europeo». Nel settembre scorso, della pelle di condannati o di feti, parlò anche un'inchiesta del Guardian: citò la testimonianza, in particolare, di un ex medico militare cinese che sosteneva d’aver aiutato un chirurgo a espiantare gli organi di oltre cento giustiziati, cornee comprese: senza ovviamente aver prima chiesto il consenso a chicchessia. Il chirurgo parcheggiava il suo furgoncino vicino al luogo delle esecuzioni e, stando alla testimonianza, nel 1995 tolsero la pelle anche a un uomo poi rivelatosi vivo. «Devi prima capire», ripete, «che cos'è un laogai». Forse sì, forse dobbiamo capire: dobbiamo poterci raccontare, un giorno, tra vent’anni, che sapevamo. «I laogai sono parte integrante dell'economia cinese. Le autorità li considerano delle fonti inesauribili di mano d'opera gratuita: milioni di persone, rinchiuse, che costituiscono la popolazione di lavoratori forzati più vasta del mondo. È un modo supplementare, ma basilare, che ha fatto volare l'economia: un’economia di schiavitù». Il numero dei laogai è imprecisato: è segreto di Stato.
Secondo l'Associazione, dovrebbero essere circa un migliaio. I prigionieri, se la rieducazione fosse giudicata non completata, possono essere trattenuti anche dopo la fine della pena: «Io avrei dovuto rimanerci per trentaquattro anni, se non fossi fuggito. Perché avevo delle opinioni. Perché ero cattolico. Perché ero un uomo. Il 20 novembre compio vent’anni da uomo libero».
Ieri. «E continuerò a lavorare perché la parola laogai entri in tutti i dizionari, in tutte le lingue. Appena giunto negli Usa non ne volli parlare per cinque anni, non ci riuscivo, poi cominciai a vedere che in America la gente parlava dell'Olocausto, parlava dei gulag, e però a proposito della Cina parlava solo della Muraglia e del cibo e naturalmente dell'economia. Ma i laogai, in Cina, esistono da cinquantacinque anni». Ben più, quindi, dei ventisette anni che ci separano dalla nascita della cosiddetta politica del figlio unico instaurata nel 1979 da Deng Xiaoping, prassi che ha spinto milioni di contadini a sbarazzarsi della progenie femminile: almeno 550mila bambine l’anno secondo l'organizzazione Human Rights Watch. Più dei due anni che ci separano dal giro di vite giudiziario introdotto nel 2003 nel timore che l’arricchimento potesse portare troppa libertà: laddove le madri e i familiari delle vittime di Tienanmen sono ancor oggi perseguitate, e i sindacati proibiti, i minori deceduti sul lavoro impressionanti per numero, per non dire dei cosiddetti morti accidentali: prigionieri che precipitano dai piani alti degli edifici detentivi e che solo il racconto di pochi scampati ha potuto testimoniare. A Reporter senza frontiere e ad Amnesty International è invece toccato il compito di raccontare della rinnovata abitudine di rinchiudere i dissidenti negli ospedali psichiatrici, spesso imbottiti di psicofarmaci senza che le ragioni degli internamenti fossero state neppure ufficialmente stabilite: accade nel Paese che per un anno e mezzo riuscì e celare l’epidemia Sars, giacché i dirigenti cinesi temevano che potesse scoraggiare gli investimenti occidentali. Cose delicate. La Cina cresce sino al 10 per cento annuo e si metterà in vetrina ai giochi olimpici del 2008: e ci sono da quattro a sei milioni di persone, rinchiusi nei laogai cinesi, che stanno lavorando per noi. Harry Wu domenica mattina è ripartito per Washington. Doveva incontrare Bush e festeggiare i suoi vent’anni da uomo libero. O forse bastava da uomo.

Thursday, November 17, 2005

Rudyard Kipling e l'insegnamento di un padre

Sarei già contento se riuscissi ad insegnare ai miei figli un grammo di quanto dice Kipling nella sua poesia.

Se

Se riesci a conservare il controllo quando tutti
Intorno a te lo perdono e te ne fanno una colpa;
Se riesci ad aver fiducia in te quando tutti
Ne dubitano, ma anche a tener conto del dubbio;
Se riesci ad aspettare e non stancarti di aspettare,
O se mentono a tuo riguardo, a non ricambiare in menzogne,
O se ti odiano, a non lasciarti prendere dall'odio,
E tuttavia a non sembrare troppo buono e a non parlare troppo saggio;
Se riesci a sognare e a non fare del sogno il tuo padrone;
Se riesci a pensare e a non fare del pensiero il tuo scopo;
Se riesci a far fronte al Trionfo e alla Rovina
E trattare allo stesso modo quei due impostori;
Se riesci a sopportare di udire la verità che hai detto
Distorta da furfanti per ingannare gli sciocchi
O a contemplare le cose cui hai dedicato la vita, infrante,
E piegarti a ricostruirle con strumenti logori;
Se riesci a fare un mucchio di tutte le tue vincite
E rischiarle in un colpo solo a testa e croce,
E perdere e ricominciare di nuovo dal principio
E non dire una parola sulla perdita;
Se riesci a costringere cuore, tendini e nervi
A servire al tuo scopo quando sono da tempo sfiniti,
E a tener duro quando in te non resta altro
Tranne la Volontà che dice loro: "Tieni duro!".
Se riesci a parlare con la folla e a conservare la tua virtù,
E a camminare con i Re senza perdere il contatto con la gente,
Se non riesce a ferirti il nemico né l'amico più caro,
Se tutti contano per te, ma nessuno troppo;
Se riesci a occupare il minuto inesorabile
Dando valore a ogni minuto che passa,
Tua è la Terra e tutto ciò che è in essa,
E - quel che è di più - sei un Uomo, figlio mio!

Pillole 4

Il pericolo che corriamo è che la nostra memoria del male sia più forte della memoria del bene. (Benedetto XVI)

Tuesday, November 15, 2005

Sempre più donne oggi picchiano e violentano gli uomini

Ricordate il recente caso della direttrice del popolare tabloid inglese “The Sun”, condannata dai giudici per percosse al marito? Relegato tra le curiosità, tipo “Un uomo morde un cane”, l’episodio ha destato l’attenzione dei giornali italiani soprattutto per la posizione ricoperta dalla protagonista. La verità è che la violenza sui maschi non è un evento sporadico, come dimostra l'articolo dal titolo “Canada, metà delle donne violenta il partner”, pubblicato oggi su Libero.
La notizia costituisce un’ennesima conferma di quanto sostengo in altri miei post: in senso lato, il maschio occidentale non è oggetto di un continuo lavoro di demolizione, ... è già bello e finito. Ciò che non è entrato nel patrimonio condiviso degli esperti è che il gioco al massacro inizia sin dall’infanzia, all’interno delle famiglie di origine, per poi continuare nella società.

E adesso, lascio lo spazio all’articolo di Libero.

«In Italia di ciò si sa poco o nulla. Mentre il resto del mondo già da tempo cerca di far fronte al problema.
Il riferimento è a un dato che lascia sconcertati: quello cioè relativo al fatto che sempre più spesso nelle liti familiari a prenderle, o addirittura a finire stuprati, sono gli uomini. E’ ciò che si evince da uno dei pochi siti internet attivati per offrire aiuto all’uomo che subisce abusi di ogni genere: http://www.aest.org.uk/survivors/male.
Secondo i coordinatori del sito le violenze sull’uomo negli ultimi anni sono drasticamente aumentate. L’FBI dice che in America un uomo su cinque prima dei 18 anni viene sessualmente molestato da una donna.
Mentre si stima che, sempre in Usa, il 20% delle vittime di violenza carnale negli adulti riguardi esponenti del sesso forte: in America del Nord in un anno vengono in particolare malmenati dalle compagne più o meno 835 mila individui di sesso maschile.
Gli studiosi sostengono che le violenze sessuali a danno degli uomini avvengono soprattutto nelle famiglie, e quindi non solo in quei contesti tipicamente legati a simili fatti di cronaca come carceri, esercito e istituti per minori.
Mancano ancora dati relativi all’Italia. In compenso ci sono quelli che si riferiscono al resto del Vecchio continente. La situazione in Francia è tutt’altro che rosea, come testimoniano i dati raccolti dalla sociologa Sophie Torrent, autrice del libro (recentemente pubblicato) “L’homme battu: un tabou au cour du tabou”, e della psichiatra Marie-France Hirigoyen autrice del libro “Femmes sous”.
Le due ricercatrici francesi sostengono che il fenomeno è sottostimato perché «una donna picchiata trova ascolto nella società e nei centri di accoglienza. Invece l’uomo si sente ridicolo». Un dato che emerge su tutti è quello relativo al fatto che su 100 casi complessivi di violenza coniugale, 15 sono a danno degli uomini.
Sono circa il 10% le telefonate ricevute da Sos Violenze familiari, ente d’oltralpe che si occupa di risolvere i conflitti coniugali, riguardanti episodi di violenza nei confronti del sesso forte.
Il fenomeno è identico in Gran Bretagna. Anche in questo caso sempre più spesso gli uomini sono la parte debole: relativamente alla popolazione adulta che subisce abusi di natura fisica e psicologica, la percentuale di maschi è ufficialmente dell’8%, ma si stima che il dato sia in difetto e che il 20% sia più realistico.
Il Paese dove il fenomeno infine sembra essere più drammatico è il Canada. In questo caso risulta che il 54% della violenza domestica sia subita dagli uomini».

Sunday, November 13, 2005

Oriana e il grido di dolore nella terra senza padri

Copio e incollo l'immagine dal blog Il Giulivo. Leggendo la citazione di Oriana Fallaci viene da pensare a 'Nemo propheta in patria'. Ma mi è venuto da pensare anche all'etimologia della parola Patria, ovvero, terra dei padri. Cara signora Fallaci, lei si arrabbia e prova (giustamente) pena per questa Europa che non ha schiena diritta, che non vuole affrontare a viso aperto i suoi nemici, che non ha rispetto di sé. Ma dove può l'Europa trovare la forza interiore, se oggi essa è la terra della madre - mater, materia. Può la materia dare il coraggio, la direzione, l'amore per le proprie radici, il culto degli antenati, in ultimo, la fede?

Pensieri vagabondi sul silenzio

Delle commedie di Eduardo De Filippo, mi è rimasta scolpita nella mente quella in cui l’attore impersona un vecchio che, ad un certo punto della sua vita, decide di non parlare più. “Ha capito che le parole sono inutili”, dice uno dei comprimari, spiegando ad un altro il motivo di quel comportamento. Poi ricordo il detto: “Se avesse voluto che parlassimo di più e ascoltassimo di meno, Dio ci avrebbe creati con due bocche ed un orecchio”.

Friday, November 11, 2005

Una 'semplice' riflessione sulla verità

“La verità rende liberi”, ha detto Gesù. Un proverbio arabo recita: “Quando decidi di dire la verità, ricordati di sellare prima un cavallo. Subito dopo dovrai andar via”. In queste due frasi è riassunta la grande sfida che la vita pone ad ogni essere umano: essere nella verità e servirla con intelligenza. La verità ferisce, ma, cosa ben più importante, libera l’anima di chi la riceve. Il fatto è che la verità è un dono che non tutti vogliono. Ecco il senso del proverbio arabo e dell'ammonimento di Gesù: “Non date le perle ai porci”.
Allo stesso modo di chi non vuol sentire la verità, vi sono coloro, e sono tantissimi, che non vogliono dirla. E la motivazione che più spesso si adduce per tacerla è: a che serve far soffrire l’altro? Non si comprende - e io non l’ho capito per tanto tempo - che quella sofferenza è necessaria all'anima dell'altro, così come alla propria.
Sappiamo tutto, ma, porca miseria, occorre tempo per comprendere anche ciò che è così chiaro e semplice.

Thursday, November 10, 2005

Giustizia e legalità: opinione retta e diretta di un cattolico

Riporto il post, intitolato ‘Giustizia e legalità’, di Piergiobbe. Eventuali commenti possono essere inseriti direttamente nel post dell'autore.

«(...) la Giustizia ha poco a che fare con la legalità. Però, noi cattolici, tutti i cristiani, tutti coloro che hanno una fede religiosa (...) sappiamo da dove provenga l'unica vera Giustizia. Gli altri come fanno a distinguere le due cose?
Se il punto di partenza è mutevole, incerto, in balia del caso e del tempo, come diavolo si può distinguere il giusto dal legale? Cofferati perciò è coerente: da ateo sostiene che l'unico bene è rappresentato dalla e nella legge. Se la legge non risolve i problemi, si cambi la legge, ma, per cortesia, non si osi parlare di Giustizia! (...)
Io comunque non riesco ancora a capire da dove partano (gli atei)... Va bene la legge naturale, ma se valesse per tutti, come sarebbe possibile l'aborto, il controllo delle nascite, la pena di morte, ecc. ecc.?
Tutti, naturalmente, hanno, diciamo così, una personale idea di cosa sia giusto o ingiusto (spesso acquisita in oratorio...), ma per i laici questi concetti non sono assoluti e immutabili. Infatti possono variare a seconda dell'epoca storica, delle circostanze, dell'utilità. Se sono quindi concetti individuali e variabili, in pratica non valgono niente. Di qui il famoso relativismo che a questo punto è molto più onesto dell'invocare una fantomatica giustizia, basata sul nulla...
Visto che anche il più idiota degli uomini capisce che, relativizzando tutto, non solo è impossibile la convivenza civile, ma si è destinati ad un inevitabile rovina della società, si è affidato alla sola legge il compito di guidare l'umanità.
Purtroppo però, nascondendosi dietro la pericolosa illusione di essere "uguale per tutti", la legge, da strumento per regolare i rapporti umani, è stata trasformata in un idolo in grado di salvaguardare i diritti di ogni persona.
E di quanto ciò sia dannoso ne è prova, ad esempio, la pretesa di usare la legge per far punire anche il più piccolo torto, o presunto torto ricevuto, preferendo spendere in avvocati che tentare pacifiche conciliazioni con parenti o vicini di casa (mi dicono che il mestiere di "avvocato dei condomini" è quotatissimo!). Ne è prova anche l'ostinazione legalista del sindaco che paradossalmente fa passare il concetto che "per cambiare la legge bisogna applicarla!".
Sì perché a differenza della vera Giustizia, la legge naturalmente è mutabile, per cui è relativa. E quindi in sostanza non contiene nessun valore. Ma questo non si può dire perché chi ha fatto della legge un dio minore sostiene che per fare le leggi ci si debba comportare con un etica (derivante da dove, nessuno lo sa, visto che un'etica laica è di fatto relativa e perciò non si basa su verità assolute...). Così dopo aver fatto uscire i valori dalla porta, cercando di rendere neutra la legge, li si fa rientrare dalla finestra. E improvvisamente si ricomincia a parlare di giustizia: perciò è legale, ma ingiusto che Berlusconi faccia leggi ad personam, è legale, ma ingiusto che Cofferati usi le ruspe, è legale ma ingiusto che si vendano le armi, ecc. Salvo poi inorridire quando si prova a dire che sono legali, ma ingiusti il divorzio, l'aborto, la fecondazione assistita, considerati "sacre" conquiste della moderna società.
Ma cosa ce ne facciamo di questa giustizia, ancora una volta relativa, mutabile, individuale, basata sul nulla, uguale alla legge di cui dovrebbe essere il contraltare? Davvero nulla, io credo.»

Sottoscrivo.

Friday, November 04, 2005

Nude a Reggio Emilia per protesta contro i nostri soldati in Irak

Lo diceva pure Catalano di Quelli della Notte: è meglio con le chiappe al vento a Reggio Emilia che a Bagdad. Ci provassero lì, fra i musulmani, a protestare nude contro la guerra. Sai le risate! Anzi, risate e frustate, risate e frustate, ...

La Spagna di Zapatero promuove i piaceri di Saffo nelle scuole

Libero oggi in edicola pubblica un articolo intitolato ‘Sesso omo e autoerotismo. La scuola di Zapatero’. Si fa menzione ad una guida per ragazze dagli 11 ai 18 anni, distribuita nelle scuole dal governo regionale Castilla-La Mancha in 14mila esemplari, poi ritirata per le proteste dei genitori.
Questa ‘Guìa para chicas’, in 4 volumetti, è stata redatta dalla professoressa Maria José Urruzola Zabalza che, precisa l’articolista, è stata “pluripremiata al ‘Concorso per il materiale didattico non sessista Emilio Pardo Bazàn’, organizzato dal Ministero dell’Educazione”.
L’articolo riporta i seguenti brani tratti dal primo volumetto del manuale.
«L’inizio dell’autostima è avere una relazione positiva con il proprio corpo. Per questo ti può aiutare guardarti nuda nello specchio, accarezzarti con tenerezza, masturbarti, abituarti a percepire le tue sensazioni. (...) Se farai così sarai più a tuo agio con te stessa, ti sentirai meglio, sarai più soddisfatta e sicura di te, ti aiuterà a non avere complessi».
Fin qui, almeno a mio avviso, le parole della professoressa fanno giusto inarcare un sopracciglio. Il pezzo forte, però, viene subito dopo, quando si passa ad un altro genere di suggerimenti. «Cercati un’amica per massaggiarti, rilassarti, lasciarti andare, ... sicuramente ti sentirai come trasportata su un’altra galassia». Proseguiamo (il grassetto è mio). «E se ti piace una ragazza? Certamente ti sarai sentita dire che ti dovrebbero piacere i ragazzi, ma se ti informi bene e ci pensi un po’ su scoprirai che la normalità è scambiare amore e relazioni sessuali con qualunque persona, dell’altro sesso e del proprio». Il tutto, informa l’articolista, è supportato nel manuale da disegni che ritraggono due ragazze nude che si accarezzano.
L’articolo continua facendo notare che: “Di fatto però il libro sconsiglia le faticose e impegnative relazioni etero; nel secondo opuscolo della serie, col pretesto di insegnare come si evitano le aggressioni, si rappresentano gli uomini come esseri sbavanti e molesti, potenzialmente pericolosi”. L’ultima precisazione dell’articolo (sempre mio il grassetto) è: “Dietro a tutto questo c’è un progetto culturale ben preciso. L’Istituto della donna e la Giunta dei Comuni di Castiglia-La Mancha vuole (sono parole della direttrice) «modificare il pensiero, fino a creare un nuovo modello di donna».” Ecco fatto, il cerchio è chiuso.
Per quanto mi riguarda, penso solo questo: siamo appena all’inizio.

Thursday, November 03, 2005

Montanelli, Washington e il nucleare ai paesi islamici

Ad un lettore che candidamente gli chiedeva perché gli Stati Uniti si oppongono al possesso di armi nucleari da parte dei Paesi arabi, ma lo accettano nel caso di Israele, Montanelli rispose: «Per il semplice motivo che i paesi arabi minaccerebbero di usarle».
La linea di Washington e le parole di Montanelli trovano conferma nelle recenti dichiarazioni di Ahmadinejad contro Israele e nella ripresa della corsa al nucleare da parte dell’Iran - paese islamico non arabo, ma, inevitabilmente, anti-occidentale.

La marcia per Israele e la frase di mio padre

La marcia pro-Israele organizzata oggi davanti all’ambasciata iraniana mi fa venire in mente una frase di mio padre: «Tutto è iniziato con Israele, tutto finirà con Israele».

Tuesday, November 01, 2005

Una breve pausa

Temo che i prossimi giorni saranno di fuoco per me, per cui un arrivederci a presto ai pochi lettori di questo blog.

Thursday, October 27, 2005

Cofferati, ovvero la realtà che supera l’ideologia

Quando sono all’opposizione, i politici di sinistra, sia quelli seri e intelligenti che le mezze cartucce, propinano idee che si possono applicare solo nel mondo dei fratelli Grimm. Quando invece hanno da assolvere responsabilità dirette di governo, i politici di sinistra - ma solo quelli in gamba - sono capaci di agire tenendo conto delle esigenze del mondo reale. In questa tipologia, un esempio del secondo caso è stato D’Alema. Il lanciatore di bombe molotov nel ’68 si trasformò, trent'anni dopo, nel Presidente del Consiglio che acconsentiva ad aprire le nostre basi militari alle operazioni aeree della NATO contro la Serbia. La decisione passò in Parlamento grazie all’appoggio dell’opposizione di centrodestra, poiché una buona fetta della maggioranza ulivista e la sinistra radicale preferirono voltare le spalle, scandalizzati, a Baffino.
Nella recente metamorfosi di Cofferati, che ha voluto lo sgombero dell’insediamento di rom a Bologna, il copione è lo stesso: da una parte, c’è un ex-capopopolo idealista e pieno di retorica che, una volta divenuto sindaco, affronta la situazione contingente con fare deciso e pratico; dall’altra, c’è la sinistra estrema che lo dipinge come una personaccia di destra, visto che l’idolo di un tempo mostra di preferire la legalità all’ideologia.
Sulla decisione di Cofferati mi è venuta in mente una riflessione di Montanelli: occorrono politici e governi di destra per fare cose di sinistra, così come occorrono politici e governi di sinistra per fare cose di destra. Dice bene pure Feltri: la legalità non è di destra né di sinistra; è solo civiltà. Ad ogni modo, mi fa sorridere l'idea che se un sindaco di centrodestra prendesse le stesse iniziative di Cofferati, anche la sinistra moderata si straccerebbe le vesti e alzerebbe un polverone su TV e giornali.

Wednesday, October 26, 2005

Il livore della sinistra fa il gioco del Cavaliere

Un lettore di Libero ha scritto:

«Da quando è al governo il centrodestra è insultato, accusato e satirato 24 ore al giorno in TV, radio, quotidiani, settimanali. Quando era all’opposizione veniva insultato, accusato, indagato e satirato 24 ore al giorno su TV, radio quotidiani, settimanali. Questa è par condicio.»

La sinistra continua fortunatamente a commettere gli stessi errori. Se tanto mi dà tanto, gli attacchi selvaggi contro Berlusconi riusciranno ancora una volta ad esasperare gli elettori moderati ed indecisi. Allo stesso modo, aiutano Berlusconi i vari incappucciati che fanno cagnara in TV, così come la violenza dei manifestanti contro la riforma Moratti. Non ultimo, lo aiuta Bertinotti, che ha chiarito come intende sfasciare il Paese se l’Unione gli darà campo libero. Che continuino pure così, ad aprile colerà sulle ginocchia del Cavaliere tanto grasso... di maiale, con buona pace di Mortadella.

Monday, October 24, 2005

Storia di un castello e del suo re

Un re vive con la regina e il loro bambino in un castello. Il re parte spesso per la guerra alla testa dei suoi soldati e torna al castello dopo lunghi mesi, a volte anni, di assenza. In questo tempo, il re lascia il figlio alle cure della regina.
Un giorno, quando il figlio è ormai diventato un giovane sano e forte, il re torna al suo castello. Dopo aver abbracciato i suoi cari, egli si rivolge alla regina e le dice: “Per tutti questi anni hai provveduto amorevolmente alla crescita di nostro figlio. Non ti sei risparmiata e non hai mai mancato di parlargli di me, di quello che sono e di quello che faccio per la nostra famiglia e per il regno. Anche se mi sono assentato da casa, il mio spirito è sempre stato qui e tu lo hai alimentato ogni giorno agli occhi di nostro figlio. Adesso però è arrivato il momento che io prenda con me mio figlio per insegnargli ad essere un guerriero.” Poi aggiunge: “Ricordati, se ad un albero tagli i rami che si protendono verso il cielo, quei rami non cresceranno più. Per continuare a vivere, l’albero affonderà profondamente le sue radici nella terra, dove non c’è luce”.
Alle parole del re, la regina si impurisce. Il figlio infatti correrà il rischio di essere ucciso in battaglia una volta uscito dal castello. La regina chiama il figlio e osserva il suo sguardo. Ne riconosce la somiglianza a quello del padre, ma vede che è proprio lo sguardo di un ragazzo. Sospirando, bacia il figlio e gli dice di partire col re.

Friday, October 21, 2005

Con Sarah Jones la Chiesa anglicana perde la bussola

La Chiesa anglicana ha ordinato sacerdote una donna. Che c’è di strano? Si dà il caso che la donna sia un transessuale. All’età di 29 anni, Colin Jones decide di sottoporsi all’operazione per cambiare sesso. Oggi si chiama Sarah Jones, ha 44 anni e ha deciso di indossare il clergy(wo)man.
Non ho nulla da rimproverare a costui/costei, a parte le idee confuse sul significato di una scelta di vita che è in contrasto con la missione pastorale di un ecclesiastico. La mia perplessità riguarda semmai la Chiesa anglicana che ne ha permesso l’ordinazione. Questo comportamento rivela altrettanta confusione, ma soprattutto grave irresponsabilità e forte miopia.
Rimando ad un articolo della BBC per conoscere la posizione della Chiesa anglicana e alcune critiche espresse dallo stesso mondo protestante anglosassone. Da parte mia, voglio dire solo questo: sfido il sacerdote Sarah Jones a ritenersi credibile quando inviterà i suoi ‘parrocchiani’ - sposi, genitori, figli – ad accettare la volontà di Dio, a rispettare la propria vita, ad amare il prossimo così come si ama se stessi, a benedire la bellezza del creato, ad onorare il padre e la madre, ad educare i figli alla fede (fiducia, abbandono) in Dio …
Ultima annotazione. Nella rubrica della posta del quotidiano Libero, un lettore ha scritto: «Sarah Jones è la prima transessuale nominata pastore anglicano. Dio non è Ratzinger: guarda al volto, non al sesso.» Ognuno ha il diritto di pensare le idiozie che più gli fanno comodo. Ciò che invece salta all'occhio è il titolo che precede il nome del lettore: ‘Sac.’, cioè sacerdote. Non cattolico, spero.

Wednesday, October 19, 2005

Le elezioni sono fissate: Pisanu alzi la guardia

Il precedente dell’attentato di Atocha, alla vigilia delle elezioni spagnole del 2004, è nella mente di tutti. Stando ai giornali, le prossime elezioni politiche in Italia si terranno il 9 aprile. Al Ministro Pisanu, alle forze dell’ordine e agli apparati di intelligence: occhi ben aperti e buon lavoro.

Giuliano Ferrara e 'la ragione dell'incoerenza'

Continuo nelle mie citazioni di brevi pensieri altrui, e anche oggi tocca a Giuliano Ferrara. In un intervista televisiva dell'anno scorso, alla domanda se non temesse di apparire incoerente per aver cambiato ideologia e area politica in più occasioni, rispose: "Preferisco aver ragione, che essere coerente". E certo che il suo percorso non è da poco: da comunista a socialista a liberale, da ateo ad agnostico a papista. L'Elefantino è veramente un grande.

Aggiornamento. Un mese dopo la stesura di questo post ho scoperto che la frase "Preferisco aver ragione, che essere coerente" non è stata coniata da Ferrara, ma da Winston Churchill.

Monday, October 17, 2005

Pillole (3)

Il pessimista è un ottimista che si è informato (Giuliano Ferrara)

Buttiglione: sì, sono liberale, ma non perfetto

Sottolineo un brano dell'articolo ‘Sì, sono liberale, ma non perfetto’ di Rocco Buttiglione che Libero ha pubblicato sabato 15 ottobre. Si tratta di un contributo del Ministro dei Beni Culturali alla presentazione degli otto volumi della collana ‘I classici del pensiero liberale’, pubblicati dal quotidiano con cadenza settimanale fino al 19 novembre.

«Quello che unisce i cattolici (ma è più esatto dire i cristiani) con i liberali è una originaria visione antropologica antiperfettista. [...] Il liberalismo antiperfettistico non è cieco al fatto che il mercato è il meno imperfetto di tutti i sistemi esistenti ma è lungi dall’evitare ogni ingiustizia e dal garantire la piena e assoluta felicità umana. Mentre è utopico dire che esiste un altro sistema (comunista) migliore di quello di mercato, è realista dire che esistono domande umane che il mercato non soddisfa e che è compito dell’etica e della politica fare in modo che la persona umana non sia travolta quando entra in contrasto con i meccanismi del mercato.»

Thursday, October 13, 2005

Pillole (2)

Leggo ogni giorno che la religione è l’oppio dei popoli; ma preferite che sia l’oppio la religione dei popoli? (Marcello Veneziani)

Wednesday, October 12, 2005

In Occidente i maschi si dipingono così

Ho affrontato il tema del rapporto ‘pubblicità-identità maschile sotto attacco’ in altri due post intitolati “Oliviero Toscani fotografa l’Occidente” parte 1 e 2. Ritorno adesso sull’argomento perché un conoscente mi ha suggerito di spulciare il sito della Sisley. Guardate un po’ che roba! Che ne direste se intitolassimo questa selezione di foto: ‘Ecco come ti riduco il maschio!’?


















Le foto facevano parte della campagna pubblicitaria della nota casa di moda giovanile nel 2001, 2002 e 2004.
Due domandine facili facili. La prima: cosa accadrebbe se il ridicolo e l’umiliazione di una campagna pubblicitaria riguardassero le donne, invece che gli uomini, come sta accadendo così di frequente? Io mi aspetterei una sfilza di querele, anzi, una rivoluzione da parte delle care femministe. Adesso ditemi, e lo chiedo ovviamente ai ragazzi, agli uomini e ai padri: non vi pare che ci sia del marcio in ... Occidente?
A scanso di equivoci, chiarisco che non sto mettendo in evidenza questi messaggi provenienti dal mondo della pubblicità allo scopo di fomentare una crociata contro le donne; mi opporrei a foto del genere anche in quel caso. Ciò che conta è saper guardare e leggere tra le righe.

Se potessi parlare a Berlusconi gli direi ...

Smettila di giocare al ribasso e datti da fare, porca miseria!

Tuesday, October 11, 2005

Il gran salto di ‘Emily Rose’

Sabato scorso sono andato a vedere ‘L’esorcismo di Emily Rose’. Ero curioso di constatare in che modo la cinematografia riproponesse il tema della ‘possessione diabolica’, a 30 anni dall’uscita de ‘L’esorcista’.
Ricordo che ‘L’esorcista’ non mi comunicò granché. A mio avviso, il film del 1974 non voleva fare altro che impressionare e inquietare lo spettatore mostrandogli, in tutta la sua crudezza, l’abbruttimento in cui può essere trascinata una vittima della possessione. Troppe domande dello spettatore restavano però senza risposta e poco o nulla veniva concesso alla riflessione. La vittima, l’esorcista e gli altri personaggi del film venivano descritti come semplici pedine all’interno di un gioco terrificante inscenato dal diavolo. Per dirla in altri termini, tutto era asservito all’idea di mettere in risalto la potenza del diavolo, di fronte al quale Dio sembra inerte.
Con ‘L’esorcismo di Emily Rose’ la faccenda è completamente diversa, anche grazie al fatto che la trama si ispira a una storia realmente accaduta. In soldoni, il film ripercorre le tappe del processo al sacerdote-esorcista, accusato di aver ‘contribuito’ con le sue pratiche religiose alla morte della ragazza posseduta. Vorrei segnalare due soli aspetti che denotano, tra le altre cose, la serietà con cui è stato trattato l’argomento.
Innanzitutto, mi sembra un piccolo gioiello l’episodio in cui, colto da paura e confusione, l’avvocato che difende l’esorcista al processo vaga per strada e trova un pendaglio. Al sacerdote poi chiederà: “Quante probabilità c’erano di passare proprio su quel tratto di strada e proprio in quel momento per trovare un pendaglio con su incise le mie iniziali? Che significa?”. Il sacerdote le risponde: “E’ un segno. Vuol dire che di tutte le strade che puoi prendere questa che stai percorrendo è quella giusta”.
Metto inoltre in evidenza che, mostrando l’orrore della possessione, il regista fa parlare tutti i protagonisti della vicenda. Infatti, si dà voce alla vittima con il ricorso ai flash-back, nonché si dà voce, prima e durante il processo, all’esorcista, al suo agnostico avvocato difensore e agli scettici. Ma più importante di tutto, il film, e qui sta la sua grandezza, ‘dà voce’ a ... Dio, attraverso Maria, la madre di Gesù. Emily Rose pone la domanda chiave ed è lì che si fa il grande salto rispetto a ‘L’esorcista’: “Perché Dio permette tutto questo?”. Mi astengo dal riportare la risposta; non vorrei rovinare la sorpresa ad un improbabile lettore di questo post che intenda andare a vedere il film. Cito solo il commento di mia moglie all’uscita dal cinema: “I conti, questa volta, tornano”.

Monday, October 10, 2005

La vera democrazia secondo un mio collega (di sinistra)

Oggi la mia giornata lavorativa è iniziata scambiando due chiacchiere con un collega. Costui è partito, lancia in resta, col denunciare la faziosità della questura di Roma, che avrebbe ‘deliberatamente’ diffuso cifre errate sulla partecipazione di ieri al comizio di Prodi. “Da quando c’è Berlusconi c’è solo confusione. La prefettura afferma che hanno partecipato 30.000 persone, ma in realtà erano più di 100.000”. Ribatto: “E che importa se i presenti al comizio sono stati 30.000 o 100.000? Ciò che conta è il discorso di Prodi. Solo catastrofismo e accuse al governo Berlusconi. Nessuna proposta concreta”. Il collega scuote la testa e mi guarda con un fare rassegnato. “Ah già, tu sei di centrodestra. Io non ti capisco proprio. Le cose sono così chiare e tu non le vedi. I fatti sono sotto gli occhi di tutti. Berlusconi sta sfasciando il Paese, ci sta rendendo ridicoli all’estero, sta sovvertendo le regole della democrazia in Italia! Ma che giornali leggi?”. Già, i giornali. Lui legge la Repubblica. Poi, aggiunge: “Sai che cosa direi ai leader della sinistra? La colpa di quello che sta accadendo in Italia è vostra!” Ehilà! Messa giù così, rimango un po’ perplesso. Riprende: “Direi loro: avreste dovuto impedire a Berlusconi di arrivare al potere. Non l’avete fatto. Gravissimo. Poi, una volta visto di che cosa era capace, avreste dovuto mobilitare le piazze, indire scioperi selvaggi, ostacolare i lavori del Parlamento per far cadere il governo e riportare l’elettorato alle urne. Ancora una volta non l’avete fatto. E’ colpa vostra se ci siamo ridotti in questo modo”. Mi sono tranquillizzato. Era il mio collega di sempre, quello a cui sta tanto a cuore la democrazia. L’ho guardato e gli ho risposto “Bé, scusami, ho delle faccende da sbrigare, ci vediamo dopo”. E’ triste mettersi al lavoro sapendo di non possedere la verità.

Friday, October 07, 2005

Pillole

Ho compiuto 70 anni, cinque giorni fa. Forse invecchiando, se uno cerca di vivere senza trucchi, c'è questo premio: la nebbia che si alza. In realtà preferivo essere coglione ma giovane, questo però non c'entra. (Giampaolo Pansa)

Wednesday, October 05, 2005

Luca Ricolfi e il razzismo etico della sinistra

Segnalo il post Finalmente un libro sul razzismo (etico) della sinistra, dal blog ‘A Conservative Mind’ di Fausto Carioti. Si tratta della recensione di un libro scritto da un sociologo di sinistra, Luca Ricolfi, che, con "onestà intellettuale", riconosce ed esamina i più fastidiosi atteggiamenti della sua parte politica.

Monday, October 03, 2005

Alain Delon, il suicidio e i kamikaze

Riporto un breve intervento di Sebastiano Vassalli intitolato “Il vecchio divo, il suicidio e i kamikaze” pubblicato sul Corriere della Sera di oggi.

"In una recente intervista, l’attore francese Alain Delon ha espresso il proprio sconforto nella vita, ha detto: «Non lascerò che sia Dio a decidere quando devo andarmene». Nella religione cristiana, che pure conosce il dubbio e la disperazione di Gesù in croce («Dio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?»), il suicidio è un atto di ribellione nei confronti di Dio e una forma estrema di bestemmia. Anche al tempo delle Crociate, quando Bernardo di Chiaravalle raccomandava ai cavalieri francesi di «salutare le loro vedove» prima di imbarcarsi per la Terra Santa, il suicidio in nome di Dio sarebbe stato impensabile e nessuno mai lo ha praticato. Il Dio degli uomini-bomba, che si fanno esplodere perché sono sicuri che così andranno in paradiso, almeno da questo punto di vista è l’esatto contrario del Dio cristiano. E’ un Dio che usa gli uomini come armi, in nome delle sue certezze che poi sono le loro. E’ un Dio disumano e privo di dubbi (al contrario, la colla che tiene insieme Socrate, Gesù, Cartesio e Alain Delon, da duemilacinquecento anni è il dubbio)."

Turchi implora la 'mamma' di farlo tornare a casa

Non seguo 'L'Isola dei Famosi', ma ho letto sul giornale che Enzo Paolo Turchi ha implorato la moglie in studio, Carmen Russo, di farlo tornare a casa e che quest'ultima lo ha redarguito seccata. Che bell'esempio di rapporto matrimoniale 'figlio-madre'! Non credo che questo sia un caso isolato, anzi. Il mammismo costituisce una caratteristica dell'identità del maschio medio italiano, caratteristica che poi viene proiettata anche sulle compagne o sulle mogli.
Marina d'Amelia, in un libro pubblicato recentemente dal Mulino, ha tracciato l'evoluzione del mammismo dall'Ottocento ai primi anni '50 del Novecento. A mio avviso, non si tratta però di una realtà tipicamente italiana. In modo più o meno visibile, riguarda tutta l'Europa.
La responsabilità di questa condizione maschile non è chiaramente solo delle madri. Lo è anche di moltissimi padri che, mammoni a loro volta, non hanno avuto e non hanno la forza,la volontà e le necessarie consapevolezze per guidare i figli maschi nel mondo degli adulti. Vi contribuiscono poi le stesse mogli che, di fronte a mariti deboli, trovano campo libero per esercitare un potere incontrastato nell'ambito della famiglia e quindi sui figli. Il circolo vizioso non viene così mai spezzato.
Sono sempre più convinto che i mussulmani avranno gioco facile ad imporre le loro regole in Europa quando, fra trenta o quarant'anni, costituiranno la maggioranza etnico-religiosa. Chi potrà fermare infatti una moltitudine di individui e di famiglie che hanno conservato, a differenza di noi occidentali, modelli sociali e familiari in cui la figura del padre non è annullata e in cui le madri non cercano di separare i figli dai padri?

Alle 00,30 Mike scippa i post altrui

Ho trovato questo post del Lupo di Gubbio. Niente male.

Per diventare islamici basta pronunciare una frase del tipo: "Esiste un solo Dio, Allah, e Maometto è il suo prefeta".
La frase va pronunciata davanti a due "probi testimoni musulmani".
Maometto è stato il primo musulmano, per definizione.
Quindi dopo di lui ce ne sarà stato un secondo.
Ma questo secondo NON AVEVA due musulmani davanti a cui giurare, perchè ce n'era solo un altro disponibile.
Quindi il suo giuramento non ha validità.
E nemmeno quello del terzo in classifica, di conseguenza, perchè uno dei suoi due testimoni non era un vero musulmano.
E così via, quindi noi oggi abbiamo un miliardo e 200 milioni persone che credono di essere musulmane.
E in realtà non lo sono.
Pensa che roba se lo scoprisse il Codacons, 1 miliardo e passa di truffati.....

Friday, September 30, 2005

Ingoiare la pillola?

Sul Foglio di oggi compare un articolo, scritto da due femministe, sulla questione della pillola abortiva. Riporto solo la parte finale, relativa alle responsabilità degli uomini, grandi assenti nella solitudine e nel dolore delle donne che abortiscono.

Ingoiare la pillola?
di Alessandra Di Pietro e Paola Tavella

(…) vogliamo però ricordare che gli aborti vanno messi in conto agli uomini come alle donne – che tra l’altro vengono ferite sul loro corpo – perché in questa vicenda altro non sono che convitati di pietra. Ne conosciamo infatti proprio pochi che hanno scongiurato aborti. Che hanno detto a donne messe incinte per caso, che non amavano, di cui non volevano farsi carico: porta avanti questa gravidanza, cara, sono al tuo fianco, farò da padre. Conosciamo invece molte che hanno abortito per non dispiacere gli uomini, per non disturbarli, perché erano sposati con un’altra, erano troppo giovani, studiavano ancora, non avevano una lira. Conosciamo madri che non hanno abortito nonostante l’abbandono dei loro compagni, e tirano su da sé magnifici bambini. Nelle sale d’attesa dei consultori – dove di solito gli uomini non mettono piede – abbiamo conosciuto donne che venivano da altri paesi e non avevano gli strumenti per fare questa scelta o questa riflessione, abortivano e basta. I mariti nemmeno lo sapevano, era un affare di donne, e dicendolo, magari, si sarebbero prese anche un ceffone.
Si facciano dibattiti e trasmissioni televisive sull’aborto fra uomini, ma uomini che vanno a letto con le donne, non preti. Nel parlare non si basino, questi uomini, solo su convincimenti morali o ideologici, ma anche sui loro sentimenti verso i figli rifiutati, perduti e non avuti. Siamo sicure che quasi tutti
hanno questa esperienza. E’ vero infatti che una politica pubblica non si fa solo sulla base dell’esperienza, ma ugualmente ci sembrano insinceri e non credibili coloro che parlano, e pretendono la nostra attenzione, dal pulpito delle loro rimozioni.

Wednesday, September 28, 2005

Legge salva-Prodi, ossia siamo tutti Italiani


Nell’ambito della polemica tra Fabrizio Cicchitto, vice coordinatore di Forza Italia, e Romano Prodi, Libero ha pubblicato oggi i passaggi-chiave sulla vicenda Iri-Cirio del libro “Corruzione ad alta velocità”, edito da Koiné nel 1999 e scritto da Ferdinando Imposimato, Sandro Provvisionato e Giuseppe Pisauro. Detto per inciso, Giuseppe Imposimato è stato “giudice antiterrorismo e poi parlamentare della sinistra indipendente”.
In estrema sintesi, i fatti sono questi. Romano Prodi venne accusato nel 1996 di abuso d’ufficio nella vendita di Cirio – Bertolli – De Rica alla Fisvi. All’epoca dei fatti contestatigli, Prodi era presidente dell’Iri, mentre nel ’96 era divenuto Presidente del Consiglio. Il nostro riuscì ad evitare il processo grazie ad una legge ad personam del 16 luglio 1997, voluta dalla maggioranza dell’Ulivo e dall'opposizione. Rimando al blog di Fausto Carioti e al suo post per la lettura dei brani del libro in questione.
Faccio due considerazioni. La prima da elettore di destra. Ecco chi sono Prodi e i signori della sinistra, spalleggiati dai soliti giornali e pronti ad attaccare Berlusconi dopo l’assoluzione per la vicenda All Iberian!
La seconda. Da comune cittadino. La legge salva-Prodi mi ha ricordato quello che disse alcuni anni fa un mio professore di storia parlando della politica nel nostro paese: “Ricordatevelo e non fatevi ingannare, siamo tutti Italiani!”. Non mi piace il cinismo, soprattutto quando riguarda il mio Paese, ma la realtà della nostra politica, di destra o di sinistra che sia, va accettata per quello che è.

Tuesday, September 27, 2005

Ciampi e Oriana Fallaci: un'occasione perduta

Che messaggio sarebbe stato lanciato all’opinione pubblica se il presidente Ciampi avesse deciso di nominare senatrice a vita la signora Oriana Fallaci, la scrittrice-giornalista italiana più nota nel mondo! Oltre che un dovuto riconoscimento per i servizi da lei resi al Paese, questa decisione avrebbe significato che la difesa della nostra identità culturale è superiore a qualunque divisione ideologica e di partito. Agire in questo modo richiedeva però una buona dose di coraggio da parte di Ciampi, dote di cui fa difetto tanto il mondo istituzionale che quello politico italiano. Alla luce di quest’ennesima opportunità mancata, l’incontro di poche settimane fa tra Benedetto XVI e Oriana Fallaci assume un significato morale anche maggiore.

Monday, September 26, 2005

Ruini, Pacs e i doveri che non vogliamo

Si sa, dal matrimonio derivano diritti e doveri giuridici in capo ad entrambi i coniugi. Ma cos’è che induce molti a respingere l’idea del matrimonio? Non occorre grande acume per capire che a creare disagio è la parola “doveri”, la quale si coniuga solidalmente – questa volta sì – con la parola “responsabilità”. Doveri e responsabilità sono cose che oggi puzzano di vecchio. Non sorprendono quindi le pressioni per il riconoscimento giuridico delle unioni di fatto. Di che si tratta? Non è altro che un modo per sancire giuridicamente l’ennesima fuga da ... ogni responsabilità verso se stessi, il convivente e i figli.
Riporto il commento di un lettore, pubblicato sul Corriere della Sera di oggi a pag. 27, relativamente all’intervento di Ruini sui Pacs.

«Sul Corriere del 23 settembre un lettore paragona l’intervento del cardinale Ruini sui Pacs alle ingerenze degli imam nei Paesi musulmani. Io credo che in un Paese democratico e laico (non laicista) tutti abbiano il diritto di parola tanto più il presidente dei vescovi italiani che rappresenta la religione maggioritaria del nostro Paese. A me sembra che a certi imam assomiglino molto di più alcuni integralisti laici convinti di possedere l’unica verità.
Per quanto riguarda i Pacs non è necessario l’intervento di Ruini per capire che se a una coppia di conviventi vengono concessi tutti i diritti (o quasi) delle coppie sposate e con pochi doveri, non vale più la pena di sposarsi. Ma in questo modo si incoraggiano unioni molto più fragili (senza l’impegno alla fedeltà) e a rimetterci saranno ancora una volta i figli e di riflesso la società intera.»

Quanti oggi vogliono far parte del mondo degli adulti? Quante sono oggi le coppie che non vogliono assolutamente saperne di avere dei figli? Il solo pensiero fa venire i brividi a molti. Non basta vedersi limitare nella propria libertà dalle esigenze del convivente? Si deve pure prendere cura di una creatura che dipenderà totalmente da noi? Un figlio non lo si può scaricare, come si fa con un convivente di cui ci siamo stancati!
Diciamocela tutta. Lasciamo agli extracomunitari il compito di far figli. Loro sono brutti, sporchi e cattivi; noi invece siamo belli e meritiamo la felicità di una vita senza impegni. Poveri noi!

Friday, September 23, 2005

Libero e il fegato marcio dei 'sinistrati'

L’unico quotidiano italiano che aumenta progressivamente le vendite è Libero, diretto da Vittorio Feltri. Infatti, nei suoi primi cinque anni di vita, il quotidiano è passato dalle iniziali 20 mila copie giornaliere vendute alle attuali 70-80mila, con una punta massima di 100mila - raggiunta lo scorso agosto in occasione della pubblicazione dell’ultima intervista a Oriana Fallaci da parte della televisione polacca. Va detto che si sentiva la mancanza in Italia di una voce che, nei limiti di un'informazione seria e corretta, contrastasse in modo deciso la faziosità e l'appiattimento a sinistra dei maggiori quotidiani di informazione (vedi la Repubblica, il Corriere della sera e La Stampa, questi ultimi due con le nuove direzioni, rispettivamente, di Paolo Mieli e Giulio Anselmi).
Come è noto, Libero si schiera nell’area della destra liberale. Non è mia intenzione soffermarmi in questo post sui problemi che incontra oggi la destra liberale nel nostro paese. Intendo invece sottolineare un aspetto molto banale del 'caso Libero', ma comunque divertente per i suoi lettori.
Dei pochissimi quotidiani non omologati del nostro panorama giornalistico - Libero, Il Giornale e Il Foglio - è sempre più evidente che solo il primo suscita critiche accanite e risentite da parte di numerosi sostenitori della sinistra. Il livore è talmente esasperato da portare molti, anche nei blog, a pronunciare una valanga di insulti di vario genere al giornale, ma soprattutto al suo direttore.
Riporto di seguito l'esperienza di una lettrice. Costituisce un campione dell'ostilità che il giornale è capace di attirare su di sé e della pochezza dei suoi detrattori.

«Sono una studentessa di Scienze della Comunicazione di Bologna, dove non solo Libero è stato definito dal mio professore di giornalismo come "un non giornale" e quindi da non leggere, ma anche in città, nelle edicole, è difficile da trovare e, se ciò accade, spesso, comprandolo devi subire il sarcasmo dei venditori. Gli altri studenti leggono "il Manifesto" o "L'Unità". Se qualcuno facesse la stessa cosa col vostro giornale, probabilmente rischierebbe il linciaggio, sicuramente risulterebbe inviso ai professori. La cosa più grave è che si tratta dei giornalisti di domani, che insieme a quelli di oggi, denunziano la dittatura berlusconiana. Dove si trova la tanto decantata anima progressista e democratica della sinistra? Chi sono i veri conservatori, razzisti, dittatori?»

Ovviamente, gli attacchi al giornale non derivano solo dal fatto che, pur senza lesinare critiche, Libero sostiene Berlusconi e la coalizione governativa di centrodestra. Il motivo risiede nello stile fortemente provocatorio, schietto e pungente degli editoriali di Feltri, nonché il fatto che lui e gli altri giornalisti di Libero hanno l’'antipatica abitudine' di rispondere colpo su colpo e con grande ironia alle baggianate che comunisti, no-global, filo-castristi, anti-americani, filo-palestinesi, amici dei terroristi islamici e finti-pacifisti vanno propinando nelle più varie sedi. Proprio in quanto Libero - quasi allo stesso livello di Berlusconi - ha la prerogativa dell'ostilità di questa fauna variegata, è evidente che la formula, le analisi, le inchieste e le denuncie del giornale (vedi Campo Imperialista e fondi per il terrorismo iracheno) colgano pienamente nel segno. Detto in modo più chiaro, Libero produce nei sinistrati un trasavo di bile perché raramente è stato riservato loro un trattamento così 'personalizzato'.
La soddisfazione per il direttore, la redazione e i lettori, così come l'odio dei sinistrati, non può che aumentare di fronte ai dati sulla diffusione del giornale che, ripeto, sono in crescita costante e progressiva.

Wednesday, September 21, 2005

I genitori musulmani temono il relativismo


Un lettore de Il Foglio commenta così la protesta dei genitori musulmani alla chiusura della scuola araba di Via Quaranta, decisa dal Comune di Milano per ragioni igienico-sanitarie: «Pazzesco! Questi musulmani di via Quaranta non vogliono proprio mollare su Dio, famiglia e madrelingua. Ma dove credono di essere, nel Padrino parte II?» Il lettore ha ragione, è proprio uno schifo! E' possibile mai che qualcuno, di questi tempi, stia ancora a preoccuparsi di Dio, della famiglia e della lingua madre?
Leggo poi su Libero queste parole del responsabile della sezione milanese dei giovani musulmani: «i genitori hanno paura di perdere i propri figli, […] temono la concorrenza con lo stile di vita italiano, e che con troppa libertà i figli non riconoscano più la propria famiglia. (La loro paura sta) nel relativismo che i ragazzi imparerebbero nelle scuole italiane.»
Ehilà, anche i musulmani si sono accorti del relativismo imperante in Europa e hanno paura che i loro figli ne vengano contagiati! Se non ricordo male, il Pontefice e Marcello Pera hanno denunciato, per la nostra civiltà, proprio il pericolo del relativismo che, in pratica, si traduce nell’assenza di valori e nella perdita dell’identità. Insomma, i musulmani danno ragione al Papa e i sapientoni di casa nostra gli danno torto. ... E l'Europa continuò a farsi del male.

Solo la Chiesa può salvare la politica

Sul rapporto fra Chiesa e Politica, Libero ha pubblicato oggi un articolo di Marcello Veneziani che ritengo meriti una riflessione. Lo riporto di seguito per intero.

Solo la Chiesa può salvare la politica
di Marcello Veneziani

Caro Vittorio, sulla presenza ingombrante della Chiesa, del Vaticano e dei Vescovi in Italia e sull’ingerenza costante nella vita politica e sociale del nostro paese, lasciami dire quattro cose.
La prima. La Chiesa fa il suo mestiere ad intromettersi nella vita di ogni giorno. Non si può pretendere che vi sia riconoscimento pubblico delle coppie gay e privatizzazione della fede religiosa. In questa strana società è possibile mostrare in pubblico il sesso in pubblico ma si deve tenere nascosta la Croce. Non si può dire ad una religione: occupati solo dell’anima e dell’aldilà perché il mondo, la vita, la famiglia, il corpo, non sono fatti tuoi. Non è vero. Sappiamo che la religione è una visione della vita, del mondo e la fede passa attraverso le opere, la pratica quotidiana, i comportamenti. Si incarna. E’ suo dovere pastorale, è sua missione occuparsi della politica, della nascita e della morte; altrimenti farebbe solo mistica e folclore, sarebbe una setta e non una comunità. E, d’altra parte, la vita del nostro paese, dell’occidente intero, è improntato a scelte, esperienze, visioni che traggono la loro radice dal cristianesimo. Noi viviamo in una civiltà cristiana; non possiamo accorgercene solo quando vogliamo combattere l’Islam. Se c’è conflitto di civiltà, la nostra civiltà discende da là.
La seconda. Non è la Chiesa che si allarga troppo nella sfera politica e temporale, è la sfera politica e temporale che è piccola e fragile, malaticcia, incapace di sorvegliare gli argini tra le due sponde del Tevere. Non prendiamocela con Ruini se entra nelle cose del Parlamento; prendiamocela con il Parlamento, con la politica, se non riesce a dar vita ad un forte senso dello Stato, ad una coscienza pubblica e civica vigorosa e condivisa, in grado di onorare e distinguere quel che è di Cesare e quel che è di Dio. Un tempo c’era la Dc a canalizzare, stemperare e mediare le istanze dei cattolici: oggi lo spirito cristiano non ha mediatori, la Chiesa deve farsi valere da sé, scendere direttamente in campo e deve farsi virale, in modo da contagiare i poli, mettendo all’incanto l’appoggio ai governi sulla base del miglior offerente. E’ triste ma è così, è la Chiesa al tempo del maggioritario.
La terza osservazione discende intimamente dalla seconda. Se oggi assume un ruolo importante la Chiesa, la Conferenza Episcopale, il riferimento cattolico, ciò non avviene per un rinato senso religioso e per una ripresa dello spirito confessionale, ma per un’assenza paurosa di agenzie di senso e di orientamento. Non abbiamo più valori guida, tutto si va sfasciando, la politica non esprime valori, le ideologie sono moribonde da un pezzo, le morali laiche e individualiste arrancano e sono flebili. Lo spazio pubblico è deserto. Di conseguenza, la Chiesa diventa anche per non-credenti, semi-credenti e creduloni uno dei pochissimi riferimenti alti, in grado di richiamare una prospettiva superiore, un punto di vista più alto. Insomma una guida, un orientamento, per una società spaesata e sradicata, che non ha santi a cui votarsi. Al fenomeno curioso degli atei devoti corrisponde a livello popolare il livello diffuso dei non praticanti ma simpatizzanti, dei poco credenti ma molto esigenti, nel richiedere tour operator nei valori morali.
Infine, viviamo in un paese molto strano, disposto a tollerare le intolleranze delle minoranze religiose, a far sparire i simboli innocui della civiltà cristiana e della fede per non suscitare la loro permalosità, disposta perfino ad assecondare le fedi altrui, riconoscendo costumi, fedi e culture. Ma non siamo disposti a dar spazio alla religione che ci ha cresciuti, nel bene nel male, che ci ha impregnato nell’anima, nel linguaggio, nei gesti, nel corpo. E resta largamente maggioritaria. Arriviamo a tollerare le peggiori bestemmie contro Dio e la Madonna, ma non verso Allah o i gay, gli ebrei o i palestinesi. Se uno si azzarda a dichiarare guerra al fanatismo islamico finisce sotto processo, ma se uno offende pubblicamente la fede millenaria del nostro paese passa indenne e riverito. Puoi dire le peggiori cose sul crocifisso e resti al posto tuo, ma se ti azzardi a difendere la morale cristiana finisci male, come capitò a Buttiglione in sede europea. Per questo dico ai credenti, semi-credenti e laici: abbiate rispetto per la civiltà cristiana, e per gli appelli alla nostra coscienza pubblica e privata, di cittadini e di uomini.
Aggiungo un’altra notazione: è in atto, a livello nazionale ed europeo, politico ed economico, una guerra vera e truce tra poteri diversamente ispirati, uno scontro: un asse laico-socialista, venato di massoneria, di circoli affaristici e di sette neo-illuministiche ed un asse cattolico-sociale, con i loro circoli d’affari, le loro opus dei e via dicendo. Vogliono il controllo della società: ho l’impressione che l’Europa sia già in odore della prima, che opera prevalentemente ma non esclusivamente nel centro-sinistra. Se capiamo la rilevanza dello scontro, senza dietrologie complottiste, ci rendiamo conto della partita e dei suoi termini. Tra Montezemolo e Ruini io preferisco Ruini; o meglio, tra Soros e Ratzinger, io ghibellino, preferisco il Papa. Preferisco chi parla in nome della Tradizione religiosa, rispetto a chi parla nel nome del proprio Fatturato.

Saturday, September 17, 2005

Oliviero Toscani fotografa l’Occidente. Terza ed ultima parte

Il post “Oliviero Toscani fotografa l’Occidente. Parte seconda” ha suscitato l’interesse della redazione di LiberoBlog, l’aggregatore blog di libero.it, che lo ha pubblicato nella sua home page. Ne è stato tratto il seguente argomento di discussione: “"Spizzicare" il pisello altrui è divertente o è segno di omosessualità latente?” Credo che il mio post, separato dalla sua prima parte, non chiarisce il problema che intendo sottolineare, che è quello dell’identità maschile in pericolo e non quello dell’omosessualità in senso lato. E’ chiaro che la redazione ha semplicemente fatto il suo lavoro, che è quello di semplificare e favorire l’intervento dei bloggers su di un tema di più facile presa. Penso ad ogni modo che sia necessaria una precisazione, dopodiché metto fine ai miei post su Toscani.
Il riferimento all’omosessualità latente che traspare, a mio avviso, da quanto dice Toscani nel brano dell'intervista citato non voleva essere dispregiativo nei suoi confronti o in quelli degli omosessuali. Mi ricollegavo semplicemente al fatto che la pubblicità lancia un messaggio al collettivo circa l’identità del maschio occidentale oggi. Tante pubblicità, soprattutto nel settore della moda, dipingono il maschio come femminilizzato, persino sottomesso (si veda anche l’ultima campagna della Diesel). L’identità del maschile è sotto attacco ed è sempre più debole nella cultura occidentale. Le cause dell’indebolimento del maschile, prima ancora che nella società, sono da ricercarsi nella famiglia, ma tralascio di entrare nel merito perché la cosa si farebbe troppo lunga. Qui mi limito solo a suggerire la lettura del libro di Claudio Risé ‘Il Padre. L’assente inaccettabile’. Chiusa la questione.

Thursday, September 15, 2005

Oliviero Toscani fotografa l'Occidente. Parte seconda

Torno brevemente sulla nuova campagna pubblicitaria affidata agli scatti fotografici di Oliviero Toscani (le immagini del nostro si possono visionare nel sito www.ra-re.it della casa di moda).
Ho trovato queste informazioni online. Non so quanto siano corrispondenti al vero, ma è comunque interessante darci un'occhiata.

"Oliviero Toscani intervistato su Vanity Fair di questa settimana spiega che il palpeggiamento del pisello, non è una cosa da gay. “E’ una cosa piacevole e divertente che voi donne – dice alla giornalista – non potrete mai arrivare a comprendere”. “E’ una cosa divertente e irriverente toccare l’arnese di un altro uomo. E chi ha studiato dai preti, come me, sa bene di cosa sta parlando...lo spizzicamento al pene altrui è una cosa divertente che fanno anche gli etero per scherzo, quindi non è una campagna prettamente gay”.

Sapete come si chiama tutto questo? Omosessualità latente! Ditemi se un eterosessuale possa mai divertirsi nello 'spizzicare' il pisello altrui! Fotografo o pubblicitario, sposato con prole o meno, Toscani, se ha detto veramente così, conferma quanto dicevo nel mio precedente post "Oliviero Toscani fotografa l'Occidente". Preciso una cosa: non mi interessa dimostrare che Toscani sia o meno un omosessuale, figuriamoci. Voglio solo sottolineare la questione dei messaggi inviati al collettivo dalla pubblicità, questione collegata a quella della perdita di identità maschile in Occidente. Uomo maschio eterosessuale: Kaputt!

Scontro di civiltà, ma qual è la civiltà più forte?


Ho la netta sensazione che le forze politiche e gli intellettuali di destra e di sinistra continuino a non vedere il problema centrale nello scontro in corso tra Occidente e Islam.
Semplificando al massimo e prescindendo da sfumature più o meno accentuate, possiamo riscontrare due posizioni prevalenti. La prima, che definiamo di destra, proclama la superiorità della civiltà cristiana su quella mussulmana ed è favorevole ad una tenace reazione all’aggressione islamica; la seconda, che definiamo di sinistra, considera di pari valore le due civiltà, invita al dialogo e alla tolleranza, ma giustifica le rivendicazioni anti-occidentali e anti-cristiane degli islamici.
Da più parti e per motivi differenti, si accetta l'idea che la società occidentale sia in crisi. Su questo vorrei offrire uno spunto di riflessione.
Facciamo l’elenco dei valori su cui è nata la società occidentale: "figura del padre che ha l'autorità di trasmettere ai figli la direzione e la forza; culto degli antenati; appartenenza alla terra; sacralità del femminile che è custode della discendenza, attraverso cui la fiducia e il sogno si tramandano alle generazioni future"; accettazione e rispetto della morte. In Occidente, la perdita di questi valori ha prodotto gravi danni, i più gravi dei quali sono la lacerazione dell’identità maschile e femminile, nonché la disgregazione della famiglia.
E’ da sottolineare che la società araba e mussulmana ha elaborato i medesimi valori ma, al contrario dell’Occidente, li conserva tuttora. La saldezza delle radici e la forza dell'identità, accompagnate dal sentimento della fratellanza comune nella fede, rende la società mussulmana più forte e più solida della nostra.
La conseguenza di tutto ciò è che noi occidentali possiamo e dobbiamo combattere le degenerazioni dell’Islam che sono sotto gli occhi di tutti, in primis il terrorismo suicida. Allo stesso tempo, però, possiamo e dobbiamo riparare il tessuto morale e spirituale dell’Occidente, pena l’assoggettamento, meglio, l’assorbimento da parte di una cultura più forte. Non c’è via di scampo. Le nostre armi sono spuntate di fronte alla forza dell’identità. Se noi Occidentali non prendiamo coscienza della nostra debolezza e non corriamo ai ripari, è inevitabile che il vuoto di valori e di identità saranno prima o poi colmati. E, ci piaccia o meno, saranno proprio i mussulmani a farci recuperare i valori che abbiamo dimenticato.

Monday, September 05, 2005

La Madonna e il ruolo 'arcaico' delle donne

Riporto la mia risposta, con alcuni piccoli adattamenti, all’osservazione di Harry su quanto da me sostenuto nel blog di Fausto Carioti. Harry contestava l’arcaicità della mia interpretazione del ruolo della donna, visione, a suo dire, niente affatto cristiana e contraria all’esempio di Maria, la Madre di Gesù.

«L’esempio di Maria, madre di Gesù e sposa di Giuseppe, è l’esempio più chiaro per dimostrare quanto sostengo a proposito del ruolo della donna all’interno della famiglia. Ripeto, il ruolo di una donna all’interno della famiglia è duplice. In primo luogo, la donna è moglie devota al marito (ciò corrisponde ad un marito altrettanto devoto alla moglie, naturalmente); in secondo luogo, la donna è madre che unisce i figli al padre. Maria, in quanto moglie, si è affidata a Giuseppe in tutto e per tutto. In quanto madre, ha fatto da collegamento tra il Padre e il Figlio. Senza di lei, Padre e Figlio non potevano essere uniti. Maria si è fatta poi da tramite anche tra Giuseppe, padre putativo, e Gesù figlio. La perdita di questa concezione ‘arcaica’ della famiglia è all’origine della decadenza dell’Occidente. Concludo dicendo che arcaico non fa necessariamente il paio con superato e con errato!»

Claudio Risé e l'identità maschile


Per un primo approccio al tema della crisi dell'identità maschile in Occidente suggerisco la lettura del libro di Claudio Risé 'Il padre, l'assente inaccettabile'.

Sunday, September 04, 2005

Oliviero Toscani fotografa l'Occidente

Nel suo ottimo blog, Fausto Carioti segnala e commenta con arguzia l’ultima campagna pubblicitaria di Oliviero Toscani per una casa di moda. La foto riprende due uomini che si baciano stesi su di un divano. Riporto qui il mio commento al suo post.

«Il marketing, come è noto, comprende l’esplorazione dei gusti e della sensibilità dei consumatori prima del lancio di un prodotto. Che cosa sanno da tempo i pubblicitari? Che l’identità del maschile sta scomparendo, che le nuove generazioni sono formate, in larga parte, da figli senza padri, che le madri oramai hanno campo libero nell’educazione e nella vita dei figli! Espressione essi stessi di una società femminilizzata, i pubblicitari svelano questa tendenza e lanciano il messaggio al collettivo: “Coraggio, siamo tutti sulla stessa barca. E’ questo il modello che c’è rimasto. Non volete ancora riconoscerlo, ma come maschi non esistiamo più!” Con questa pubblicità, Oliviero Toscani non scandalizza nessuno in Occidente e sfonda infatti una porta aperta. Ripeto, Toscani, a mio avviso, vuole rinnovare, rendendolo ancor più esplicito, un messaggio con cui da anni si bombarda il collettivo del mondo occidentale. Detto tra parentesi, un conoscente che lavora nell’alta moda mi ha riferito che non solo gli stilisti, ma anche gli addetti alla pubblicità sono in gran parte omosessuali, uomini o donne. Non so se questo sia il caso di Oliviero Toscani, ma ha poca importanza, il punto essenziale rimane.
Come dici tu, la foto di due ayatollah che si baciano sarebbe di maggior effetto, se questa fosse pubblicizzata in un paese mussulmano. E’ vero, creerebbe scandalo, ma, al di là del fatto che non la farebbero mai circolare, va sottolineato che il messaggio non attecchirebbe e non avrebbe senso. Al contrario di quanto avviene in Occidente, lì gli uomini sono uomini e i figli ce l’hanno ancora un padre, eccome! Con tutte le esagerazioni e degenerazioni che conosciamo, la loro è una società patriarcale. I riferimenti maschili del guerriero, del padre che si fa da tramite al Padre celeste, dell’uomo che sa assumersi le sue responsabilità e che protegge e guida la famiglia sono solidi. Le donne musulmane sono per prima cosa mogli; poi sono madri, che non si appropriano dei figli e non li separano dai padri. Esse rimangono quindi nel loro ruolo, che è quello di collegare i figli ai padri. E’ anche per questo che i musulmani ci odiano e che respingono i modelli sociali dell’Occidente. Certo, gli omosessuali non mancano anche da quelle parti, ma il ruolo del maschile rimane saldo. Nel vuoto di identità dell’Occidente, soprattutto di identità maschile, non è poi così difficile che i mussulmani, nel giro di qualche decennio, riescano a vincere la guerra contro l’Occidente. Già oggi tanti occidentali si convertono all’islamismo. Ai rimanenti ‘infedeli’ ci penseranno Osama & Co. »

Saturday, September 03, 2005

L'incontro Oriana Fallaci-Benedetto XVI e la cultura di destra

Mi sembra inammissibile che in un paese governato dal centrodestra ci si affidi ad una grande giornalista come Oriana Fallaci per svegliare le coscienze sulla questione dell’identità dell’Europa e della decadenza morale dell’Occidente. L’idea per cui dobbiamo svendere la nostra identità in nome del laicismo e del multiculturalismo, così come i sentimenti di ostilità verso gli USA e Israele hanno trovato molti sostenitori grazie alla sinistra, la quale, da decenni, esercita indisturbata la sua egemonia culturale. Prendendo spunto dal significato politico dell’incontro Fallaci-Ratzinger, pongo una domanda: cosa è stato fatto finora per diffondere una solida cultura di centrodestra in Italia? Libero, il Giornale e il Foglio stanno facendo la loro parte, ma cosa fanno i politici del centrodestra? Quando la smetteranno di trascurare la cultura?