Tuesday, February 26, 2008

Tocqueville banna l'intervista a Claudio Risé

Il 20 febbraio scorso, Il Foglio ha pubblicato un’intervista a Claudio Risé in cui il professore ha spiegato le ragioni della sua candidatura nella lista “Aborto? No, grazie. Con Giuliano Ferrara”. L’intervista è stata ovviamente riproposta nel blog dello stesso Risé, ma era sfuggita all’aggregazione di Tocqueville a motivo della sua recente chiusura per lavori di manutenzione. Questa mattina ho pensato di segnalare l’intervista. Che cosa è accaduto?
È accaduto che il mio post, contenente il semplice link al blog di Risé, ha ricevuto il pallino rosso da Tocqueville. Ciò significa che il post è ritenuto in contrasto con i principi e i valori a cui si ispira il sito-aggregatore.
Ora, non mi sfugge che sono tanti e con opinioni differenti i volontari che si prestano al lavoro di aggregazione di Tocqueville; è chiaro poi che Tocqueville lascia ai volontari ampi margini di discrezionalità nella decisione di conservare o rigettare i post da aggregare; sono infine convinto che questa mattina il “mio” post è stato bloccato solo perché filtrato dalla persona “sbagliata” - un altro volontario avrebbe probabilmente acceso la luce verde. Tutto questo premesso, mi pongo una domanda ovvia, banale: che cosa il nostro buon volontario ha trovato di talmente disdicevole nell’intervista di Risé da trovarsi costretto a cestinarla? Chi leggesse l’intervista scoprirebbe che non c’è in essa assolutamente nulla di offensivo e pericoloso, o comunque nulla di contrario ai principi di Tocqueville! Leggere per credere.
Secondo alcuni volontari di Tocqueville, c’è però un aspetto che non va in quell’intervista: l’intervistato.
Ho infatti la netta sensazione che, per certi signori o certe signore di Tocqueville, Claudio Risé sia detestabile e, quindi, da ostracizzare per altre opinioni e per altre iniziative. Mi riferisco al suo impegno a difesa del ruolo dei padri, al suo denunciare cause ed effetti della femminilizzazione della società occidentale, al suo sostegno alla terapia riparativa dell’omosessualità. Cosa ancor più inaccettabile per certi signori o certe signore è il ‘peccato originale’ di Risé, cioè il fatto che egli si muova in ambito cattolico. Val la pena ricordare che il professore dirige una collana di psicologia della San Paolo, quella che, per intendersi, ha come suo primo titolo Oltre l’omosessualità, dello psicoterapeuta americano Joseph Nicolosi.
Molte cose si possono dedurre dall’accaduto. Le lascio agli eventuali lettori di questo post (se poi si tratterà di lettori di Tocqueville, non so, per ovvi motivi). A me basta dire che sono contento di fare la mia piccolissima parte per diffondere le idee e partecipare alle iniziative di gente in gamba come, in questo caso, Claudio Risé e Giuliano Ferrara.

C. Risé e la lista "Aborto. No, grazie"

Segnalo l’intervista su Il Foglio al prof. Claudio Risé, che si candida nella lista di Giuliano Ferrara.

Monday, February 25, 2008

“Aborto? No, grazie”. Il programma

I nostri candidati si impegnano a:

1. Promuovere legislativamente il dovere di seppellire tutti i bambini abortiti nel territorio nazionale, in qualunque fase della gestazione e per qualunque motivo. Le spese sono a carico del pubblico erario.
2. Vietare per decreto legge l’introduzione in Italia della pillola abortiva Ru486 e simili veleni capaci di reintrodurre la convenzione dell’aborto solitario e clandestino contro lo spirito e la lettera della legge 194 di tutela sociale della maternità.
3. Stabilire per via di legge che accoglienza, rianimazione e cura dei neonati sono un compito deontologico dei medici a prescindere da qualunque autorizzazione di terzi.
4. Emendare l’articolo 3 della Costituzione, comma 1, dove è scritto “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge”, aggiungere una virgola e la frase “dal concepimento fino alla morte naturale”.
5. Impegnare il governo della Repubblica a costruire un’alleanza capace di emendare la Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo delle Nazioni Unite all’articolo 3, dove è scritto “ogni individuo ha diritto alla vita”, aggiungere una virgola e la frase “dal concepimento fino alla morte naturale”.
6. Difendere la legge 40 sulla fecondazione medicalmente assistita, escludendo per via di legge e linee guida interpretative ogni possibilità, adombrata in recenti sentenze giudiziarie, di introdurre la pratica eugenetica della selezione per annientamento dell’embrione umano al posto della cura e della relativa diagnostica terapeutica. Introdurre nei primi cento giorni una moratoria per la ricerca sulle cellule staminali embrionali, sulla falsariga di quella europea abbandonata dal governo Prodi, e rafforzare la ricerca sulle staminali adulte o etiche.
7. Fondare in ogni regione italiana una Agenzia per le adozioni il cui compito specifico sia quello di favorire l’adozione, con procedura riservata e urgente, di quei bambini che possono essere sottratti a una decisione abortiva di qualunque tipo.
8. Adottare le modalità del “Progetto Gemma” sul sostegno materiale alle gestanti in difficoltà e alle giovani madri di ogni nazionalità e status giuridico per la prima accoglienza e educazione dei bambini, con l’erogazione di consistenti somme per i primi trentasei mesi di vita dei figli.
9. Applicare la parte preventiva e di tutela della maternità della legge 194. Potenziare in termini di risorse disponibili e di formazione del personale pubblico, valorizzando il volontariato pro vita, la rete insufficiente dei consultori e dei Centri di aiuto alla vita in ogni regione e provincia italiana.
10. Triplicare i fondi per la ricerca sulle disabilità e istituire una Agenzia di tutela e integrazione del disabile in ogni regione italiana.
11. Sostenere con sovvenzioni pubbliche adeguate l’attività dell’associazione di promozione sociale denominata Movimento per la vita.
12. Le risorse per il programma elettorale sono da fissare nella misura di mezzo punto calcolato sul prodotto interno lordo e verranno rese disponibili attraverso lo stanziamento di 7 miliardi di euro attualmente giacenti presso i conti correnti dormienti in via di smobilitazione e altri cespiti di entrata.

Qui l’intervista "barbarica" a Giuliano Ferrara.

Saturday, February 23, 2008

Warhawk, che bellezza!

Nella mia breve ma intensa vita da modellista, il P40E Warhawk fu il primo kit che assemblai e verniciai con relativa padronanza dei ferri del mestiere.
L’interesse per il britannico Spitfire MKVB e il tedesco Messerschmitt Bf109G era ancora di là da venire.
All’aereo americano dedicai un paio di mesi, credo, e alla fine il risultato non fu assolutamente malvagio. Si trattò, in particolare, di un modello in scala 1:48 della Arii, casa produttrice che ha chiuso i battenti da un pezzo.
Oggi, in preda ad una crisi di astinenza da modellismo, ho dato un’occhiata al sito dell’illustre Hasegawa. Che ti trovo? Fra le novità di gennaio 2008, al momento solo per il mercato giapponese e americano, c’è proprio il P40E Warhawk, nella stessa mimetizzazione (olive drab) e con le stesse insegne (la tigre ruggente). Quasi quasi, quando il modello sarà disponibile in Italia, riprendo in mano colla, carta abrasiva, stucco, pennello, smalti...

Monday, February 18, 2008

I cattolici e le elezioni del 13 aprile

"I cattolici non vogliono mettere il voto in frigo", di Michele Brambilla su il Giornale di oggi.

Molti si chiedono se la Chiesa italiana darà più o meno esplicite indicazioni di voto. Se lo chiedono soprattutto dopo la nascita dell’imprevisto (fino a poco tempo fa) polo di centro guidato da Casini; e dopo che la Chiesa stessa, perlomeno tramite il direttore di Avvenire, ha mostrato di gradire la sopravvivenza di un marchio dichiaratamente di ispirazione cristiana.
Dubitiamo che la Cei si pronuncerà in modo diretto, cioè facendo il nome di un partito da votare. È molto più probabile che, com’è avvenuto negli anni scorsi, i vescovi si limiteranno a richiamare l’attenzione sui temi considerati fondamentali. E cioè: la difesa della famiglia tradizionale, la tutela della vita dal concepimento al suo epilogo naturale, l’opposizione a ogni forma di fecondazione artificiale. Non è un caso se perfino il Papa abbia detto più volte che questi sono «valori non negoziabili». Sono temi, tra l’altro, molto presenti nel dibattito politico di questi ultimi tempi.
La Chiesa non dovrebbe dunque dare indicazioni esplicite su questo o quel partito: anche perché ai fedeli è richiesta l’obbedienza al Magistero solo in materia di fede e di morale, non sulle scelte politiche.
Ma anche nella improbabile ipotesi che un tale pronunciamento arrivi, avrà sulle urne un impatto minore di quanto si possa pensare.
Intanto, perché la cattolicità italiana, in materia di politica, è tutt’altro che un blocco monolitico. È noto che molti movimenti preferiscono il centrosinistra, e molti altri il centrodestra. Perfino il clero non è omogeneo. Anche se il vertice della Cei negli anni scorsi ha insistito su temi più tutelati dal centrodestra, molte ricerche sono giunte alla conclusione che la maggioranza dei parroci simpatizza per il centrosinistra.
Ma non è tutto. Se spesso i parroci non seguono il vertice della Cei, spesso i fedeli non seguono i parroci. Anzi. Le stesse ricerche ci dicono che, infatti, la maggioranza dei cattolici praticanti ha comunque votato per il centrodestra. Il motivo è semplice: a torto o ragione, il cattolico praticante si sente più garantito dal centrodestra proprio su quei temi «non negoziabili». Pensa che su famiglia e su aborto, su coppie di fatto ed eutanasia, su fecondazione assistita e adozioni alle coppie gay (ma anche su altri temi, come la scuola privata) la destra sia più affidabile che la sinistra. È così in Italia, è così in Spagna, è così ovunque.
La sinistra punta di più su altri temi cari al mondo cattolico: la solidarietà, l’accoglienza agli immigrati, l’aiuto ai più poveri, la stabilità del lavoro. Ma sono temi sui quali non v’è alcuna certezza che le «ricette» proposte dalla sinistra siano più efficaci di quelle della destra. Anzi, molti cattolici sono convinti che anche le fasce più deboli siano maggiormente garantite da una politica liberale - che si ispira tra l’altro a quel principio di sussidiarietà che è proprio del cattolicesimo - che non da una visione statalista e interventista della politica. Ecco perché alla fine i cattolici - e parliamo dei semplici fedeli, non del clero - voteranno in maggioranza per chi li rassicura sui temi pro-life e pro-family di cui parlavamo.
È vero che ora, su questi temi, il centrosinistra è considerato meno «ostile» di prima perché Veltroni ha messo alla porta comunisti e radicali. Tuttavia, non è azzardato pensare che la maggioranza dei fedeli continuerà a scegliere il centrodestra, ritenuto più sicuro. E qui sta la domanda di fondo: per il centro di Casini o per il Popolo della Libertà? È tutto da vedere. Berlusconi corre (e lo sa) il rischio di vedersi sottrarre dall’Udc una parte dei consensi. Ma l’Udc corre un altro rischio: quello di far la fine che negli anni Settanta fece il Msi. Ricordate? Molti missini preferivano la Dc piuttosto che mettere il proprio voto, come si diceva allora, «in frigorifero». Ecco che cosa rischia Casini: che molti cattolici ritengano il voto all’Udc solo un voto di bandiera, e quindi inutile.

Aborto, il silenzio delle donne

Dall’ottimo Piergiobbe, riporto il post Sento una mancanza: la vera voce delle donne.

Sono sempre stato contro l’aborto. In un tempo lontano, accettai la scusa della libertà di scelta. Frasi tipo: “Anche se io non lo farò mai, devo lasciare a chi vuole la possibilità di farlo” accompagnarono gli anni della mia giovinezza e per un po’ impedirono la radicalizzazione del mio rifiuto. Tolto finalmente il velo dell’ipocrisia, mi accorsi che esisteva un muro: poteva schierarsi apertamente contro l’aborto solo chi si fosse dichiarato in anticipo bigotto, integralista e papalino (e di conseguenza cretino, come sostiene Odifreddi…). Il tabù oggi è stato spezzato e, come accade in questi casi, l’emozione provata è stata profondamente liberatoria.
Nel dibattito che si sta sviluppando in questi giorni, però, tra tutte le prese di posizione a favore di un presunto “diritto d’aborto”, quella che mi addolora di più è la trasformazione della proposta di moratoria in un offensiva maschile, in una battaglia fra sessi in cui la posta in palio non è la salvaguardia della vita nascente, ma il controllo sul corpo della donna. E’ chiaro a chiunque abbia un po’ di buon senso che le cose non stanno così. Tuttavia, ho l’impressione che, attraverso questa argomentazione, un manipolo di donne arrabbiate stia tenendo in scacco tutte le altre, schierate in maggioranza a favore della vita, ma paralizzate all’idea di potere in qualche modo favorire un ritorno ad un patriarcato ottuso e violento. Sento la mancanza della voce pubblica di queste donne, che conosco, che stimo e che con la forza delle loro argomentazioni farebbero riflettere anche le più ostiche tra le loro sorelle.
Forse c’è anche qualcos’altro, però, ed è un cammino che molte donne non riescono a intraprendere. Se come uomo, infatti, sono pronto a condannare la violenza maschile, l’irrazionale istinto a dominare e a considerare i membri della propria famiglia come oggetti che si posseggono, allo stesso modo, le donne dovrebbero iniziare un processo che le porti a considerare come violenta, sbagliata e irrazionale l’idea che i figli siano una parte del loro corpo, durante, ma spesso anche dopo la gravidanza. Parte a cui si può rinunciare nel caso non risultasse conforme ai propri desideri, perché tanto poi può riformarsi. Parte che si può usare per vendicarsi del partner. Parte che non si vuol cedere ad altri perché viva di vita autonoma, ma che si preferisce eliminare se non ci si sente in grado di gestirla. Quante coppie infatti sarebbero state disposte ad accogliere il bimbo abortito a Napoli, anche se malato, e ad amarlo come figlio proprio. Ma l’unica che abbia il diritto di amare un figlio è la madre naturale, e se lei non può o non vuole è meglio l’eliminazione piuttosto che sopportare il pensiero di aver concesso ad altri ciò che si ritiene erroneamente qualcosa di proprio.
Quello che mi chiedo è se qualche gruppo di donne avrà il coraggio di gridare in favore della vita. Le sto aspettando e nel frattempo banalmente non riesco a non pensare a quel famoso adagio di Gibran:"I vostri figli non sono vostri figli..."

Friday, February 15, 2008

Lourdes

Riporto l'intervista di Vincenzo Sansonetti a Vittorio Messori comparsa su Oggi del 14 febbraio 2008, dal titolo “A Lourdes la fede arde da 150 anni”.

Alle origini di Lourdes c’è esclusivamente la testimonianza di una ragazzina di 14 anni ignorante, malata, povera. Non è possibile che si sia trattato solo di allucinazioni?

«Bernadette Soubirous, la pastorella di Lourdes, è stata sottoposta a numerose visite di specialisti e commissioni di medici, molti dei quali non credenti o non cattolici. Non è mai sorto un solo dubbio sulle sue condizioni psichiche. Per tutta la vita ebbe il carattere schivo, solido, pragmatico, delle sue origini contadine. Prima e dopo le apparizioni del 1858 non ebbe altre manifestazioni mistiche. Anzi, si schermiva, talvolta con durezza, se la trattavano come una carismatica, una veggente, dicendo: “La Signora mi ha già detto tutto quel che c’era da dire. Da allora sono di nuovo come tutte le altre, non ho più visto né sentito niente”».

Può esserci stato allora un interesse economico, o magari il bisogno di protagonismo di una adolescente emarginata?

«Bernadette disse che la Signora le aveva affidato tre segreti, cioè tre indicazioni che riguardavano soltanto lei e che dunque doveva tenere per sé. In effetti, non ne volle mai parlare ma, da molti indizi, sembra che uno di quei segreti a uso personale riguardasse la proibizione di accettare denaro. In effetti, ogni volta che qualcuno cercò di metterle in mano o nella tasca del grembiule qualche moneta, o anche solo un dono modesto, pur essendo di solito mite e timida ebbe reazioni dure di rifiuto immediato, radicale. Non soltanto: dovette scongiurare i suoi parenti, anche qui con severità insolita in lei, perché essi pure non approfittassero in alcun modo della imprevista notorietà. «A proposito di notorietà, Bernadette la cercò così poco che, per sfuggirle, prima si ritirò come addetta alla cucina e alle pulizie in un convento di suore di Lourdes, implorando che non la mostrassero ad alcuno, nemmeno ai vescovi e ai cardinali che volevano vederla. Poi, resasi conto che, mentre nasceva il grande pellegrinaggio, era impossibile restare nella sua città senza essere coinvolta, chiese di essere accolta in un monastero di clausura a Nevers, a centinaia di chilometri di distanza».

È vero che suor Bernadette non parlò più con nessuno delle apparizioni?

«Sì. Varcando la porta del monastero disse: “Sono venuta qui per nascondermi”. E, in effetti, per tutti gli anni che le restarono, rimase celata, subendo spesso umiliazioni dalle stesse consorelle e rifiutando sempre di parlare della apparizioni, avendo già detto tutto quanto c’era da dire. Non dimentichiamo che Bernadette è stata proclamata beata e successivamente santa attraverso lunghi e severi processi canonici: ogni aspetto della sua vita è stato scrutato e vagliato. Il risultato fu che, in lei, non fu trovata traccia né di spirito visionario, né di interesse materiale, né di tentazioni esibizionistiche».

Le apparizioni mariane riconosciute dalla Chiesa sono state numerose. Come mai proprio Lourdes è divenuto il maggior santuario mondiale, con sei milioni di pellegrini in media all’anno?

«Stando, ovviamente, solo sul piano umano, si potrebbe osservare che questo fu il primo santuario collegato alla ferrovia che permise pellegrinaggi di massa, per giunta con malati al seguito. Non si deve dimenticare, poi, che la Francia era allora (e lo restò per molti decenni) il Paese più ricco e più sviluppato d’Europa, con un cattolicesimo molto intraprendente, che di quel luogo fece il punto di incontro e di preghiera prediletto. Proprio in Francia, poi, era più viva la polemica contro la Chiesa, con governi massonici che la perseguitavano e con un ambiente intellettuale che affermava che, nella nuova luminosa età della Scienza, non c’era più posto per le superstizioni religiose. Le apparizioni, dunque, furono colte dai credenti come un prezioso appoggio del Cielo alla loro resistenza contro l’incredulità e furono valorizzate come meritavano. Inoltre, fu decisivo il fatto che, da subito, la fede della gente comprese che questo era anche un luogo di guarigione, un luogo dove una Madre consolava i suoi figli infermi non soltanto nello spirito, ma anche nel corpo».

Ma la fama di Lourdes non è un po’ abusiva? In fondo, in 150 anni sono passati centinaia di milioni di pellegrini, molti ammalati. Eppure i miracoli, le guarigioni «scientificamente inspiegabili», come vengono definite, sono solo 67...

«Bisogna intendersi: i dossier di guarigioni conservati negli archivi del Santuario sono molte migliaia. Tra questi casi, ne sono stati scelti soltanto 67, che valgono come “esempi” assolutamente sicuri. In effetti, Lourdes è il solo santuario del pianeta (non solo nel mondo cristiano, ma di tutte le religioni), che abbia una struttura specializzata, il celebre Ufficio di constatazione medica, che prende in esame i casi denunciati di guarigione prodigiosa».

Come si arriva a riconoscere il «miracolo»?

«Per arrivare sino alla dichiarazione di “scientificamente inspiegabile“ da parte dei medici, e poi alla proclamazione del miracolo da parte della Chiesa, occorrono anni di studi, di interrogatori, di esami, di visite, di consulti, da parte di una Commissione i cui membri non vengono scelti per la loro religione, ma per la loro competenza. Basta un minimo dubbio perché casi anche clamorosi siano scartati».

Qual è a Lourdes il significato della guarigione fisica?

«È importante ricordare che la guarigione fisica, nella prospettiva cristiana, è solo un segno della guarigione vera, che è quella dell’anima, liberata dal male del peccato. In questo senso si può dire che non c’è pellegrino di Lourdes che non torni “sanato”, anche se i suoi guai fisici continuano: essi, però, acquistano un nuovo significato alla luce della fede. Alla Grotta si trova la serenità, si comprende che il cristiano è chiamato a partecipare alla croce di Gesù e che Egli può consolarci. Non a caso, tra i tanti primati Lourdes ha anche quello di luogo dove c’è il maggiore numero di confessioni e dove di più ci si accosta all’eucaristia».

Qual è l’atteggiamento della Chiesa verso questo santuario?


«È certamente quello cui la Santa Sede ha dedicato negli ultimi due secoli più attenzione e incoraggiamento. Intendiamoci: per la Chiesa tutto ciò che il cristiano può e deve sapere sta nella Sacra Scrittura e nella Tradizione. La Rivelazione è chiusa una volta per tutte con la morte dell’ultimo Apostolo e non sono ammesse aggiunte. Dunque, credere nelle apparizioni mariane e nei loro messaggi (che, peraltro, se comunicassero cose “nuove“ sarebbero certamente da respingere) non è un obbligo per un cattolico. Quando il vescovo del luogo, dopo una seria indagine, proclama che un simile evento misterioso è davvero avvenuto, nessuno è tuttavia obbligato ad andarvi in pellegrinaggio. Anzi, si rimarrebbe un buon cattolico anche se, dopo avere ben studiato il caso, si arrivasse in coscienza alla conclusione che il fatto non è autentico. Difficile giungere a questo, viste tutte le precauzioni e le inchieste della Chiesa prima di esporsi. Ma, almeno in teoria, sarebbe possibile questo “rifiuto”».

Qual è stata la posizione dei Papi verso le apparizioni?

«I Papi hanno sempre molto amato Lourdes. Anche Benedetto XVI vi si recherà di certo quest’anno, nella seconda metà di settembre. Nei Giardini Vaticani vi è addirittura una riproduzione perfetta, in grandezza naturale, della Grotta, ed è tradizione dei Pontefici recitarvi ogni giorno il rosario».

Per gli uomini d’oggi, il pellegrinaggio è ancora attuale?


«Più che mai. Non a caso, negli ultimi decenni hanno subito un calo le vocazioni, il numero dei praticanti e molte devozioni religiose. Una sola cosa non ha subito flessioni. Anzi, è sempre aumentata: l’afflusso dei pellegrini ai santuari. Soprattutto mariani. E, direi, soprattutto a Lourdes».

Monday, February 11, 2008

E se Carlo Maria Martini fosse diventato Papa?

In un post di qualche mese fa, buttai giù frettolosamente alcune considerazioni sulle bizzarre opinioni del teologo Vito Mancuso. Le mie perplessità di cattolico comune trovano adesso conferma nientepopodimeno che sull’Osservatore Romano e su Civiltà Cattolica, il quindicinale dei Gesuiti.
Va chiarito che a sorprendere non sono le tesi espresse da Vito Mancuso in L’anima e il suo destino. Teologi (sedicenti) cattolici che sfornano libri eterodossi ci sono sempre stati e non mancheranno anche in futuro.
No, sorprende e dispiace, semmai, il fatto che questo libro abbia ricevuto l’apprezzamento del cardinale Carlo Maria Martini. Ora, che un porporato associ il suo nome al lavoro di un dissidente costituisce di per sé una circostanza anomala. Ma c’è ben più di questo. C’è che, nell’ultimo conclave per l’elezione del Pontefice, insieme al cardinale Joseph Ratzinger, l’altro grande candidato alla guida della barca di Pietro fosse proprio … Carlo Maria Martini!!! Se non sapessimo che lo Spirito Santo guida l’elezione del Papa, dovremmo tirare un sospiro di sollievo per lo scampato pericolo.
Detto questo, vorrei aggiungere, anche a rischio di apparire incoerente, che la vicenda Mancuso non dovrebbe indurre i cattolici a trascurare gli scritti di Carlo Maria Martini. Per quanto mi riguarda, ho appena finito Le virtù (ediz. In dialogo, 2002), libricino in cui sono raccolte delle utili riflessioni dell’allora Arcivescovo di Milano sulle virtù cardinali e teologali. Su una delle virtù umane già esaltate dalla sapienza pagana, prima ancora che dal cristianesimo, troviamo dei passaggi particolarmente significativi. Guarda caso, riguardano proprio la “prudenza”.
Lascio adesso la parola a Sandro Magister e al suo Un teologo rifà da capo la fede cattolica. Ma la Chiesa dice no.

Segue la puntata di Otto e mezzo del 10 ottobre scorso con Vito Mancuso ospite in studio.

Monday, February 04, 2008

Magdalene, una bufala! Parte seconda

Un paio di giorni fa, ho riportato un Antidoto di Rino Cammilleri dedicato al film Magdalene. Un visitatore del mio blog ha commentato che sarebbe in corso una sorta di “mistificazione alla rovescia”: a suo dire, il fatto che il libro di Kathy O’Beirne racconti eventi autobiografici mai verificatisi nella casa di correzione irlandese gestita da suore cattoliche non toglie nulla al film del regista Peter Mullan. Quest’ultimo non ha mai dichiarato di aver usato il libro della O’Bierne come fonte per realizzare Magdalene, ma si sarebbe ispirato ad un documentario intitolato “Sex in a Cold Climate”. Ergo, chi parla di Magdalene come di una bufala sta semplicemente intorbidando le acque.
L’obiezione mi sembra meritevole di attenzione e, se avessi tempo da dedicarle, andrebbe verificata. Se poi emergesse che non c’è effettivamente legame tra il libro e il film, non avrei difficoltà ad ammetterlo. Ho tuttavia fortissimi dubbi che la questione si possa risolvere in modo così semplice.
Per quanto mi riguarda, il cuore della faccenda è un altro. Ho chiamato in causa il film Magdalene perché esso costituisce un ennesimo caso di disinformazione anticattolica, per non dire di linciaggio mediatico del cattolicesimo. Ormai non si contano più le calunnie volte a suscitare ostilità e pregiudizi verso la Chiesa di Roma. Esempi recenti e tra i più eclatanti sono Il Codice da Vinci - thriller infarcito di castronerie su Gesù Cristo, l’Opus Dei e il Vaticano; i processi americani contro preti accusati di pedofilia, la maggior parte dei quali si sono poi dimostrati privi di qualunque riscontro reale; il video della BBC Sex, Crimes and the Vatican, una manipolazione di fatti e documenti attraverso cui si è cercato di gettare fango anche su Benedetto XVI. Con l’anticattolicesimo risuona nelle orecchie il vecchio slogan: “Calunnia, calunnia, qualcosa resterà”.
Torniamo allora alle Magdalene Laundries, di cui si parla nel film di Mullen. Al riguardo, credo sia utile riproporre delle informazioni che possano aiutare a comprendere meglio di che cosa si è trattato. Realisticamente, non spero affatto di attenuare l’animosità di qualche anticlericale di passaggio. Diffondo invece queste informazioni soprattutto a beneficio di eventuali lettori cattolici. Chissà che uno, due o tre di essi non riesca(no) a vederci più chiaro in questa brutta storia e a ridurre i motivi per cui vergognarsi della Chiesa! Se così fosse, mi riterrei più che soddisfatto.

Magdalene. Io, cattolico indignato, di Vittorio Messori, Corriere della Sera del 14 settembre 2002.

Sono pazzi questi Onusiani!

Lo scorso 29 gennaio, il Jerusalem Post ha riportato con preoccupazione le affermazioni di Louise Arbour, Alto Commissario ONU per i Diritti Umani, secondo cui la ratifica della Carta Araba dei Diritti costituisce “Un importante passo avanti per l’affermazione dei diritti umani nel mondo arabo”, e ancora, “L’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani è impegnato verso gli stati sottoscrittori della Carta ed è pronto a sostenerli nel garantire che i fondamentali valori dei diritti umani vengano rispettati”.
UN Watch – l’ente che monitora il rispetto dei principi della Carta dell’ONU da parte della stessa istituzione – ha invece sollecitato l’Alto Commissario ONU per i Diritti Umani a chiarire la summenzionata presa di posizione, dato che la Carta Araba dei Diritti Umani contiene “diverse clausole che promuovono temi classicamente antisemiti”!!!

Il Foglio di sabato 2 febbraio propone due perle estrapolate dal manifesto dei diritti arabi: “Tutte la forme di razzismo, sionismo, occupazione e dominazione straniera costituiscono una lesione della dignità umana”. Per non farsi mancare niente, il testo aggiunge che “tutte queste pratiche devono essere condannate e si deve fare ogni sforzo per la loro eliminazione”.
UN Watch rileva che “Il sionismo è il movimento di auto-determinazione nazionale del popolo ebraico e asserisce il diritto, intrinseco ed internazionalmente riconosciuto, di Israele ad esistere. Un testo che equipara il sionismo al razzismo, che lo descrive come una minaccia alla pace mondiale e come un nemico dei diritti umani e della dignità umana, e che invita ad adoperarsi per la sua eliminazione è un testo manifestamente antisemita. Quand’anche la Carta Araba contenesse disposizioni positive – conclude la lettera – nulla può giustificare il sostegno dato a un testo che contiene parole così cariche di odio”.
Insomma, c’è qualcosa che non quadra. Due organismi della stessa istituzione, due opposte interpretazioni dello stesso documento, una sola Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo … Mah!

Friday, February 01, 2008

Magdalene, una bufala!

Ricordate Magdalene, il film di Peter Mullan che nel 2002 vinse il Leone d’Oro al festival di Venezia?

Era stato tratto da un libro di tal Kathy O’Beirne, Kathy’s story, che raccontava i quattordici anni di inferno passati dall’autrice in un riformatorio gestito dalle suore irlandesi appartenenti alla congregazione di Our Lady of Charity.

Apprendiamo dal notiziario «Sos ragazzi» diretto da Guido Vignelli (dicembre 2007, tel. 068072024) che tra il 2003 e il 2006 i fatti raccontati dalla O’Beirne sono stati smentiti da tre sue compagne di riformatorio e perfino dalla sua stessa famiglia.

Nel settembre del 2007 un giornalista del «Mail on Sunday», Hermann Kelly, ha pubblicato un libro-inchiesta, Kathy’s real story, nel quale si dimostra che i fatti raccontati dalla O’Beirne sono veri, sì, ma accaduti altrove e non nella casa di rieducazione delle suore.

L’autrice ha semplicemente, diciamo così, rimescolato un po’ le carte nella speranza di ottenere maggiore risonanza per il suo scritto. Naturalmente, la risonanza l’ha avuta, perché la lobby anticattolica non dorme mai.

Altrettanto naturalmente, nessun Leone d’Oro è andato alla smentita, né risulta, anzi, che qualcuno, oltre a «Sos ragazzi» e il sottoscritto, se ne sia mai occupato.

Da Antidoti, di Rino Cammilleri

Aggiornamento in Magdalene, una bufala! Parte seconda.