Saturday, October 31, 2009

Il solo rifugio è fra le braccia della Chiesa

Con qualche perfidia ieri La Repubblica ha titolato “la giornata da incubo di Piero Marrazzo” con queste parole: “vorrei scappare”. La moglie: “Serve un taglio netto”. Poi, anche su questo giornale, c’è la notizia del giorno: “La corsa all’eremo”.
Tutti i quotidiani hanno strologato su questa “fuga” dell’ex governatore del Lazio all’abbazia benedettina di Montecassino (e sulla ricerca, nel Pd, di un candidato alternativo per la Regione che, guarda caso, vanno a cercare fra le file cattoliche). Nessuno si sorprende che nello smarrimento e nell’angoscia si cerchi rifugio in un monastero.
Nessuno però sembra riflettere su quello che significa la Chiesa per tutti noi, anche per chi si professa laico e magari tuona contro i preti. I giornali sembrano aver paura di guardare in faccia la bellezza e la misericordia della Chiesa.
Temono forse di restarne incantati, affascinati. Questo spiega il loro immotivato anticlericalismo. Sparano a zero sulla Chiesa perché non riescono ad esserne indifferenti, mentre magari tentano di tirarla dalla propria parte. La odiano spesso perché sanno che – se si lasciassero andare – rischierebbero di amarla.
La Repubblica, sempre ieri, infatti, lanciava in prima pagina un logorroico sfogo antipapale di Hans Kung, il quale confonde papa Leone XIII con Leone XII (c’è mezzo secolo di distanza fra i due) e se la prende con papa Benedetto XVI perché perdona e accoglie nella Chiesa come il padre misericordioso del “figliol prodigo”.
Attaccano la Chiesa, ma poi tutti sanno che è il solo luogo del mondo dove loro stessi sempre saranno attesi a braccia aperte, anche nell’ultimo istante della vita, da qualunque parte vengano, chiunque siano, qualunque cosa abbiano fatto (pur continuando sempre – la Chiesa – a chiamare Bene il Bene e Male il Male, pur non rinunciando mai alla verità).
La Chiesa spalanca le sue braccia perfino ai suoi persecutori (si pensi a Napoleone). E’ davvero, letteralmente, una cosa dell’altro mondo in questo mondo. Perché agisce come Gesù ed è la presenza nella storia di Gesù stesso.
Infatti ogni uomo che sia provato dal dolore o dal bisogno, anche se cresciuto lontano dalla tradizione cristiana – penso a quegli immigrati di altre religioni che arrivano in Italia in condizioni penose – sa che qui c’è sempre un luogo dove tutti possono ricevere una minestra calda e un abbraccio fraterno, senza nulla chiedere, senza nessuna condizione: è la Chiesa.
Tutti sanno che questo è il luogo della misericordia. Perché tutte le desolazioni del mondo, tutte le afflizioni e le solitudini, tutte le miserie del mondo e tutti i miseri (specialmente i peccatori che sono i più poveri), trovano riparo sotto i rami di questa grande quercia, dentro l’abbraccio di questa tenera madre.
Compresa – come vediamo oggi – la disperazione di un uomo politico che per suoi “errori personali” (come dice lui), errori e debolezze che appartengono a tanti, che purtroppo si respirano nell’aria, si trova in una condizione di “troppa sofferenza” e desidera sparire e così trova rifugio nel silenzio di un chiostro benedettino.
Sì. C’è un luogo del mondo dove sarai sempre accolto. Come scrive il grande Péguy, parlando di Notre Dame di Chartres, quindi parlando della Madonna, figura perfetta della Chiesa:
“il solo asilo nel cavo della vostra mano/
E il giardino dove l’anima si schiude”.
Quando – dentro la tormenta della vita – si prende la via della Chiesa e si entra nella sua pace e si accetta il suo perdono, ci si sente lavati, purificati e perfino rifatti: si rinasce nuove creature. E’ il solo luogo del mondo dove si è amati così come si è. E dove si è perdonati di tutto. E difesi sempre.
Noi cristiani siamo tutti dei perdonati. Come Jean Valjean, il galeotto protagonista dei “Miserabili”, viene difeso dal vescovo di Digne, monsignor Myrel, per il furto commesso ai suoi stessi danni.
La Chiesa, come la Madonna, difende sempre i peccatori (non il peccato, ma i peccatori) e così li purifica e dona loro il tesoro più grande: il perdono di Dio, la carezza del Nazareno.
Péguy scrive ancora:
“Noi ci siamo lavati da una così grande amarezza,/
Stella del mare e degli scogli,/
Noi ci siamo lavati da una così bassa schiuma,/
Stella della barca e delle reti./
Abbiamo lavato le nostre teste infelici/
da un tal mucchio di sporcizia e di ragionamenti…/
Ce ne han dette tante, o regina degli apostoli,/
Abbiamo perso il gusto per i discorsi./
Non abbiamo più altari se non i vostri,/
Non sappiamo nient’altro che una preghiera semplice”.
Quando un uomo arriva ad aver nausea dei discorsi del mondo e a non sapere “nient’altro che una preghiera semplice”, in ginocchio davanti alla “fanciulla di Nazaret”, significa che è già in salvo.

Antonio Socci

Da “Libero”, 29 ottobre 2009

Monday, October 26, 2009

L'uomo adulto e libero tace

Una prova del fatto che si è “adulti” è rimanere in silenzio quando gli altri parlano. Diciamolo meglio, è lasciare che gli altri abbiano non solo la prima ma anche l’ultima parola.
Quando si è giovani si sente forte l’impulso di dire la propria e di dirla con fermezza, sempre. Gli altri devono ascoltare le tue ragioni. Vuoi addirittura convincerli. Tutto questo si chiama auto-affermazione e … debolezza.
Poi passa il tempo, ci si legge dentro e si comprende che se si hanno le idee chiare, se sai chi sei, se sai ascoltare la voce che ti parla nel profondo, non hai più bisogno di dimostrare niente a nessuno, e finalmente taci. È una sensazione piacevole, giacché senti e saggi la tua forza. Ed è anche un bel passo avanti verso la vera libertà!

Monday, October 19, 2009

L’idea (disastrosa) dell’ora di Islam e il rischio della scuola coranica

Riporto le sensatissime riflessioni di Vittorio Messori, pubblicate sul Corriere della Sera di oggi.
L’immagine a corredo dell’articolo, recuperata dalla rete, è stata inserita per iniziativa autonoma del curatore del blog. Il cartello nella foto recita: "L’Europa è il cancro. L’Islam è la risposta".

Ancora una volta, riecco l’invocazione scaramantica: «Ci vorrebbe l’ora di…». Stavolta, quella nuova, da istituire subito nelle scuole pubbliche, sarebbe «l’ora di Islam». C’è qualcosa di drammati­co, ma anche di grotte­sco, nella parabola, vec­chia ormai di due secoli, delle funzioni che si so­gna di affidare alla «scuo­la di Stato». C’è, qui, un mito nato — come tanti — dagli schemi ideologi­ci di giacobini e girondi­ni. Non lo scettico Voltaire ma il fervoroso Rousseau fu il maestro di quei signori: si nasce buoni, il peccato originale è una favola disastrosa, date ai fanciulli dei maestri acconci ed avrete il regno della bontà, dell’altruismo, del civismo. Sorgono difficoltà sempre nuove? Ma dov’è il problema? Basterà inserire nella scuola pubblica delle apposite «ore di…» che educhino al bene e al buono i nuovi virgulti; e tutto sarà ripianato. Da noi, il Cuore deamicisiano è l’icona caricaturale di questi nuovi templi di un’umanità plasmata dalla Ragione e strappata alla superstizione. Succede, però, che proprio nell’Occidente laicamente formato, abbiano trovato folle entusiaste le ideologie mortifere che hanno devastato i due secoli seguiti al trionfo delle utopie roussoiane. Ma poiché gli ideologi hanno per motto «se la realtà non coincide con la teoria, tanto peggio per la realtà», il mito ha continuato ad agire. Il sesso fra gli adolescenti crea gravidanze incongrue e favorisce violenze? Si istituiscano nelle scuole «corsi di educazione sessuale». Alcol e droghe devastano i giovanissimi? Ecco gli esperti per gli appositi «corsi contro le dipendenze». C’è strage su moto e automobili? Subito «corsi di educazione stradale». La convivenza sociale è sempre più turbolenta? Ecco dei bei «corsi di educazione civica». Si potrebbe continuare, ma la realtà è chiara: a ogni problema, una risposta affidata alla scuola. Con il risultato, segnalato da pedagogisti ovviamente inascoltati, o di effetti irrilevanti o addirittura di aggravamento delle situazioni: il confuso istinto di ribellione dei giovani porta a sperimentare e a praticare ciò che è condannato nelle prediche degli adulti, soprattutto se insegnanti. Trasgredire al professore dà tanto gusto come, un tempo, trasgredire al parroco. E ora, tocca all’Islam, la cui presenza tra noi, ogni giorno in crescita, è tra gli eventi che meritano l’inflazionato aggettivo di «storico». Non siamo davanti a una immigrazione, ma a una di quelle migrazioni che si verificano una o due volte in un millennio. Per quanto importa, sono tra i convinti che, sulla lunga durata, l’Occidente si rivelerà per l’islamismo una trappola mortale. I nostri valori e, più ancora, i nostri vizi, corroderanno e, alla fine, faranno implodere una fede il cui Testo fondante non è per nulla in grado di affrontare la critica cui sono state sottoposte le Scritture ebraico-cristiane. Una fede che, in 1400 anni, non è mai riuscita ad uscire durevolmente dalle zone attorno ai tropici, essendo una Legge nata per remote organizzazioni tribali. Una fede che, priva di clero e di un’organizzazione unitaria, impossibilitata a interpretare il Corano — da applicare sempre e solo alla lettera — è incapace di affrontare le sfide della modernità e deve rinserrarsi dietro le sue mura, tentando di esorcizzare la paura con l’aggressività. Ma poi: panini al prosciutto, vini e liquori, minigonne e bikini, promiscuità sessuale, pornografia, aborti liberi e gratuiti, «orgogli» omosessuali, persino la convivenza con cani e gatti, esseri impuri, e tutto ciò di cui è fatto il nostro mondo — nel bene e nel male — farà sì che chi si credeva conquistatore si ritroverà conquistato. Ma questo, dicevo, in una prospettiva storica: per arrivarci passerà molto tempo e molti saranno i travagli, magari i drammi. Per adesso, che fare? Sorprende che, proprio da destra, si proponga lo pseudorimedio che è, da sempre, quello caro alle sinistre: nelle scuole «corsi di Islam», quello buono, quello politically correct . L’idea non ha né capo né coda. Brevemente: poiché, a parte casi particolari, gli allievi islamici sono ancora pochi in ogni classe, bisognerebbe riunirli tutti assieme in una classe sola, almeno per quelle ore. Ed ecco pronta la madrassa, la scuola coranica, che esige che i credenti in Allah stiano unicamente con altri credenti. Stretti in comunità, a cura della nostra Repubblica, chi farà loro lezione? E che gli si insegnerà? Gli ingenui, o insipienti, promotori della proposta si cullano forse nel mito di un «Islam moderato», pensano che esistano schiere di intellettuali musulmani «laici, pluralisti, democratici», pronti ad affrontare concorsi per cattedre di Islam «corretto»? Ignorano che incorrerebbe in una fatwa di morte il muslìm che presentasse la sua religione come una verità tra le altre? Non sanno che relativismo e neutralità religiosa sono frutti dell’illuminismo europeo, ma bestemmie per il credente coranico? Ignorano che l’anno islamico inizia da Maometto e che il tempo e il mondo sono solo del suo Allah? Non sanno che è impensabile il concetto stesso di «storia delle religioni» per chi è convinto che c’è una sola fede e le altre sono o incomplete o menzognere? I politici pensano, allora, di affidare le «ore di Islam» a non islamici, di far spiegare il Corano — in modo «laico e neutrale» — a chi non lo crede la Parola eterna e immutabile di Dio? Fossi un assicuratore, mai stipulerei una polizza sulla vita per simili, improbabili, introvabili docenti. Se l’insegnamento nelle istituende «madrasse della Repubblica italiana» differisse anche di poco da quello delle moschee, l’esplosione di violenza sarebbe inevitabile. E, come troppo spesso è successo con i fautori delle «ore di…», le buone intenzioni produrrebbero frutti disastrosi.

© Corriere della Sera

Wednesday, October 07, 2009

Il nostro cuore batte: la preghiera di Antonio Socci per Caterina

Riporto le commoventi parole che Antonio Socci ha scritto a Maurizio Belpietro, Direttore di Libero, il giornale a cui collabora.
Caro Direttore,
la mia Caterina ha occhi bellissimi. La sua giovinezza ora è distesa su un letto di luce e di dolore. E’ come una Bella addormentata. Ma crocifissa. Mi trovo involontariamente “inviato” nelle regioni del dolore estremo e in questo panorama dolente – se un angelo tiene a guinzaglio l’angoscia – ci sono diverse cose che mi pare di cominciare a capire.
La prima notizia è che il mio cuore batte. Il nostro cuore continua a battere. So bene che normalmente la cosa non fa notizia. Neanche la si considera. Finché non capita che a tua figlia, nei suoi 24 anni raggianti di vita, alla vigilia della laurea in architettura per cui ha studiato cinque anni, d’improvviso una sera il cuore si ferma e senza alcuna ragione. Si ferma di colpo (o, come dicono, va in fibrillazione).
Lì, quando ti si spalanca davanti quell’abisso improvviso che ti fa urlare uno sconfinato “nooooo!!!”, cominci a capire: è la cosa meno scontata del mondo che in questo preciso istante il cuore dei tuoi bimbi, il mio cuore o il tuo, amico lettore, batta.
Quante volte ho sentito don Giussani stupirci con questa evidenza: che nessuno fa battere volontariamente il proprio cuore. E’ come un dono che si riceve di continuo, senza accorgersi. Istante per istante dipendiamo da Qualcun Altro che ci dà vita…
C’illudiamo di possedere mille cose e di essere chissacchì, ma così clamorosamente non possediamo noi stessi. Un Altro ci fa. In ogni attimo. Vengono le vertigini a pensarci. Allora si può solo mendicare, come poveri che non hanno nulla, neanche se stessi, un altro battito e un altro respiro ancora dal Signore della vita (“Gesù nostro respiro”, diceva una grande santo).
Certo, si ricorre a tutti i mezzi umani e a tutte le cure mediche. Che oggi sono eccezionali e personalmente devo ringraziare degli ottimi medici, competenti e umani. Ma anch’essi sanno di avere poteri limitati, non possono arrivare all’impossibile, non potrebbero nulla se non fosse concesso dall’alto e poi se non fossero “illuminati” e guidati.
Rex tremendae majestatis… E’ Lui il padrone e la fonte della vita e di ogni cosa che è. E i nostri bambini e le nostre figlie sono suoi. E’ teneramente loro Padre. Allora – con tutte le nostre pretese annichilite e l’anima straziata – ci si scopre poveri di tutto a mendicare la vita da “Colui che esaudisce le preghiere…”.
Mendico di poter riavere un sorriso da mia figlia, uno sguardo, una parola… D’improvviso ciò che sembrava la cosa più ovvia e scontata del mondo, ti appare come la più preziosa e quasi un sogno impossibile… Son pronto a dare tutto, tutto quello che ho, tutto quello che so e che sono, darei la vita stessa per quel tesoro.
Ci affanniamo sempre per mille cause, obiettivi, ambizioni che ci sembrano così importanti da farci trascurare i figli. Ma oggi come appare tutto senza alcun valore al confronto dello sguardo di una figlia, alla sua giovinezza in piena fioritura…
Un gran dono ha fatto Dio agli uomini rendendoli padri e madri: così tutti possono sperimentare che significhi amare un’altra creatura più di se stessi. E così abbiamo una pallida idea del suo amore e della sua compassione per noi…
Caterina è una Sua prediletta, come tutti coloro che soffrono. Mi tornano in mente le parole di quella canzone spagnola cantata splendidamente dalla mia principessa e dedicata alla Madonna, “Ojos de cielo”, che dice: “Occhi di Cielo, occhi di Cielo/ non abbandonarmi in pieno volo”.
Riascolto il suo canto, con il nodo alla gola, come la sua preghiera: “Se guardo il fondo dei tuoi occhi teneri/ mi si cancella il mondo con tutto il suo inferno./ Mi si cancella il mondo e scopro il cielo/ quando mi tuffo nei tuoi occhi teneri./ Occhi di cielo, occhi di cielo,/ non abbandonarmi in pieno volo./ Occhi di cielo, occhi di cielo,/ tutta la mia vita per questo sogno…/ Se io mi dimenticassi di ciò che è vero/ se io mi allontanassi da ciò che è sincero/ i tuoi occhi di cielo me lo ricorderebbero,/ se io mi allontanassi dal vero./ Occhi di cielo..”.
E infine quell’ultima strofa che oggi suona come un presagio: “Se il sole che mi illumina un giorno si spegnesse/ e una notte buia vincesse sulla mia vita,/ i tuoi occhi di cielo mi illuminerebbero,/ i tuoi occhi sinceri, che sono per me cammino e guida./ Occhi di cielo…”.
E’ con questa speranza certa che subito ho affidato il mio tesoro e la sua guarigione nelle mani della sua tenera Madre del Cielo. Per le parole, chiare e intramontabili di Gesù che ci incitano “chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto”, che promettono “qualunque cosa chiederete al Padre nel mio nome, egli ve la darà” e che esortano a implorare senza stancarsi mai come la vedova importuna del Vangelo (che – se non altro per la sua insistenza – verrà esaudita).
Sappiamo che la Regina del Cielo è con noi: pronta ad aprirci le porte dei forzieri delle grazie. E’ lei infatti il rifugio degli afflitti e la nostra meravigliosa Avvocata che può ottenere tutto dal Figlio. Già il primo miracolo, a Cana, gli fu dolcemente “rubato” da lei che ebbe pietà di quella povera gente…
In questi giorni ho ricordato le pagine del Monfort e quelle di s. Alfonso Maria de’ Liguori, “Le glorie di Maria”. E’ stupefacente come duemila anni di santi e di sante ci invitano a essere certi del soccorso della Madonna perché “non si è mai sentito che qualcuno sia ricorso alla tua protezione, abbia implorato il tuo aiuto, abbia cercato il tuo soccorso e sia stato abbandonato” (S. Bernardo).
“Ogni bene, ogni aiuto, ogni grazia che gli uomini hanno ricevuto e riceveranno da Dio sino alla fine del mondo, tutto è venuto e verrà loro per intercessione e per mezzo di Maria” (s. Alfonso), perché così Dio ha voluto.
Infatti “nelle afflizioni tu consoli” chi in te confida, “nei pericoli tu soccorri” chi ti chiama: tu “speranza dei disperati e soccorso degli abbandonati”. Misero me se non la riconoscessi come Madre, convertendomi (questo significa: “sia fatta la tua volontà”) e lasciandomi guarire nell’anima. Per ottenere anche la guarigione del corpo.
Ma quanto è commovente accorgersi di avere una simile Madre quando si sente concretamente il suo mantello protettivo fatto dai tanti fratelli e sorelle nella fede, pronti ad aiutarti, dai giovani amici di Caterina, bei volti luminosi che condividono l’esperienza cristiana suscitata da don Giussani, dai tantissimi amici di parrocchie, comunità, dagli innumerevoli conventi di clausura e santuari – compresi radio e internet – dove in questi giorni si implora la Madonna per Caterina. Come non commuoversi?
Ho ricevuto decine di mail anche da persone lontane dalla fede che, per la commozione della vicenda di mia figlia, sono tornate a pregare, si sono riaccostate ai sacramenti dopo anni. E hanno compreso di avere una Madre buona che si può implorare e che non delude.
Ma è anzitutto della mia conversione che voglio parlare. Ci è chiesto un distacco totale da tutto ciò che non vale e non dura. Perché solo Dio non passa. Cioè resta l’amore.
Così quando ho saputo dei 4 mila bambini malati di un lebbrosario in India che, con i missionari (uomini di Dio stupendi e immensi), hanno pregato per la guarigione di Caterina, dopo l’emozione ho capito che quei bimbi da oggi fanno parte di me, della mia vita e della mia famiglia.
E così pure i poveri moribondi curati da padre Aldo Trento in Paraguay che hanno offerto le loro sofferenze per Caterina. Voglio aiutarli come posso.
Portando tutto il dolore del mondo sotto il mantello della Madre di Dio, affido a lei la guarigione di Caterina, perché torni a cantare “Ojos de cielo” per tutti i poveri della nostra Regina.
“Mia Signora, tu sola sei la consolazione che Dio mi ha donato, la guida del mio pellegrinaggio, la forza della mia debolezza, la ricchezza della mia miseria, la guarigione delle mie ferite, il sollievo dei miei dolori, la liberazione dalle mie catene, la speranza della mia salvezza: esaudisci le mie suppliche, abbi pietà dei miei sospiri, tu che se la mia regina, il rifugio, l’aiuto, la vita, la speranza e la mia forza” (S. Germano).
Antonio Socci
fonte: @ Libero, 6 ottobre 2009


Monday, October 05, 2009

Il Timone su Benedetto XVI: corso di apologetica

SCUOLA DI APOLOGETICA: 14-21-28 novembre e 12 dicembre

IL MAGISTERO DI BENEDETTO XVI

La terza enciclica di Benedetto XVI "Caritas in veritate" ha riproposto con forza la centralità del Magistero petrino nella vita della Chiesa e del mondo. In un'epoca segnata dall'assensa di "maestri" autorevoli e ascoltati, il mondo dei media, della politica e della finanza si è fermato a commentare le parole del Santo Padre, magari senza averle veramente lette.
Adesso si tratta di utilizzare questo Magistero per formare le persone.
Il presente Corso della Scuola di apologetica vuole attirare l'attenzione non soltanto sull'enciclica "Caritas in veritate" ma su alcuni punti qualificanti e centrali dell'insegnamento del Papa, affinché questi interventi possano successivamente essere ripresi in pubbliche conferenze.

Tutti i docenti sono collaboratori del Timone

PROGRAMMA

sabato 14 novembre 2009
ore: 16.00 - 18.00
LA RAGIONE CONTRO LA "DITTATURA DEL RELATIVISMO".
Il discorso di Ratisbona.
docente: Giacomo Samek Lodovici
(Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano)

sabato 21 novembre 2009
ore: 16.00 - 18.00
I "PRINCIPI NON NEGOZIABILI"
docente: Mario Palmaro
(Università Europea di Roma)

sabato 28 novembre 2009
ore: 16.00 - 18.00
ROTTURA O RIFORMA NELLA CONTINUITÀ?
La corretta interpretazione del Concilio Ecumenico Vaticano II
docente: Marco Invernizzi
(Università Europea di Roma)

sabato 12 dicembre 2009
ore: 16.00 - 18.00
LA SPERANZA CRISTIANA.
L'analisi dell'età moderna e del cristianesimo proposta nell'enciclica
Spe salvi di Benedetto XVI
docente: Laura Boccenti
(Liceo classico Monforte di Milano)

Costo del Corso: € 80,00 (pagamento da effettuare alla prima lezione)

Le lezioni si svolgeranno presso la Biblioteca Sant'Agostino, nella sede del Timone.
Via Benigno Crespi 30/2 - 20159 Milano

Per le prenotazioni rivolgersi entro il 30 ottobre 2009 alla segreteria del Timone:
tel: 02.668.252.06 o per e-mail: karin@iltimone.org specificando:
nome, cognome, codice fiscale, telefono, indirizzo, e-mail.