Friday, November 20, 2009

Dio è cattolico?

Per gentile concessione della Libreria Coletti di Roma, riporto un estratto dell’ultimo libro di Rino Cammilleri, “Dio è cattolico?”, edito dalle edizioni Lindau.

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Capitolo 1

Se io fossi Dio

«Se io fossi Dio mi sarei comportato esattamente come il Dio degli ebrei e sarei apparso nel mondo al momento opportuno come Gesù Cristo.
Forse il paragone ti sembrerà irriverente, o Teofilo, ma mi conforta il fatto che il cercare di capire Dio non sia considerato peccaminoso dal cristianesimo.
Anzi. La cosiddetta mistica cristiana, a differenza di altre, tende proprio all’abbraccio con Dio. Dunque, cercare di mettersi, con rispetto, nei suoi panni, cercare di vedere le cose come deve vederle Lui, penso sia addirittura consigliato. Cristo nel Vangelo apertamente esorta a imitarLo. A un certo punto, anzi, quasi ordina di essere «come il Padre vostro, che è nei cieli», il quale «è benigno verso gli ingrati» (Lc 6,35) ecc.
Ciò che viene chiamato «mistica ebraica», tanto per un esempio, si occupa invece di scoprire il significato nascosto delle Scritture. Dell’Altissimo non può nemmeno pronunciare il nome e un tentativo come quello sopra descritto sarebbe praticamente blasfemo. Il carpentiere galileo finì consegnato ai pur detestati goyim romani per aver osato identificarsi con Dio.
A questo proposito, vorrei attirare la tua attenzione sul fatto che il cristianesimo è l’unica religione con una teologia. Si tratta di una disciplina che osa trattare Dio come soggetto di studio e speculazione. Pare che non ci sia niente di male in questo. Anzi, sembra proprio che Dio stesso sia contento che lo si studi. D’altra parte, la cosa deve essere possibile perché, se siamo fatti a Sua immagine e somiglianza, anch’Egli non deve essere troppo dissimile da noi. Altrimenti, Cristo avrebbe preso una colossale cantonata nel chiederci di imitare qualcosa talmente al di là della nostra capacità di comprensione da risultare assolutamente inimitabile. D’altra parte, non penso che Dio abbia creato gli uomini e poi giochi con essi a nascondino senza aver loro dato i talenti per trovarlo. Dal fatto stesso della creazione (che altrimenti risulterebbe incomprensibile) e dall’insistenza con cui ne parla nelle Scritture pare proprio che Egli abbia un solo desiderio: essere amato, così come i genitori vorrebbero essere ricambiati dai figli che hanno generato.
Ora, poiché non si può amare niente per forza, è ovvio che chi vuol essere amato preferisca che l’altro (o l’altra) lo ami volentieri e senza costrizione.
Sappiamo che esistono certe persone disturbate, le quali, non riuscendo a farsi amare dalla persona desiderata, la rapiscono e la minacciano di violenza.
La poveretta talvolta cede per paura, ma alla prima occasione li denuncia alla polizia. La gente normale invece propone il suo amore, ma di fronte a un preciso e reiterato rifiuto, pur restandoci malissimo, desiste. Se io fossi Dio e – come Giove di fronte a Semele – mi mostrassi in tutta la mia onnipotenza, delle due l’una: o l’oggetto del mio amore sarebbe costretto ad amarmi, o (horresco referens) mi rifiuterebbe. C’è qualcuno così pazzo da rifiutare le profferte dell’Amore, del Bello, del Vero e del Buono in persona? A quanto pare, sì. Se io fossi Dio, a quel punto, cosa dovrei fare di chi mi rifiuta? Dovrei mandarlo al diavolo, perché la sua offesa è il massimo dei massimi. Ma poiché, essendo Dio, sono buono e misericordioso, preferisco propormi con delicatezza, senza mostrare tutto il mio fulgore, operando in modo che la persona amata si accorga di me, mi prenda in considerazione, mi si rivolga e decida spontaneamente di amarmi. E se malgrado tutto ciò alla fine non mi ama lo stesso? Avrà quel che vuole (e non avrà quel che non vuole). Ma, dal momento che Dio è tutto, avrà quel che Dio non è: niente.

Già, – direte voi – ma Dio è in ogni luogo. Dove andrebbe chi lo rifiuta fino all’ultimo? Sì, fino all’ultimo, perché ci deve essere un «ultimo»: non si può pensare che costui abbia a disposizione un’eternità per decidersi. Infatti gli viene assegnato un tempo calibrato sulle sue possibilità (Dio ci ha creati, e ci conosce benissimo), tempo che a un certo punto scade. Ora, certi teologi adombrano la possibilità che Dio si ritiri da un posto, lasciandolo vuoto di Sé, per permettere a chi non Lo vuole di non averLo. Ma, giacché Dio è il Bene assoluto, dove Lui non è c’è l’assenza del Bene, cioè il Male. Assoluto.
E qui ci troviamo di fronte all’obiezione classica, quella che tiene molti lontani dalla religione: Dio non può essere così malvagio da aver creato l’inferno. Ma non può nemmeno costringere la gente ad amarLo per forza. Allora come la mettiamo? Mettiamola così: immaginate di aver fatto innamorare a vostra insaputa una persona che ha tutte le qualità. Ma, non avendo approfondito la sua conoscenza perché a prima vista vi è sembrata scialbetta, abbiate preferito scartarla per darvi ad amorazzi apparentemente più gustosi (ma che si sono via via rivelati amari, tant’è che avete finito per dover rinunciare alla qualità per la quantità, sostituendoli di volta in volta). Quella, a un certo punto, si stufa di farvi la corte e si rivolge più utilmente ad altri. Un bel giorno aprite finalmente gli occhi su quel che avete perso, ma è troppo tardi e vi tocca passare il resto del tempo a guardare lei (o lui) felicemente sposata con qualcuno più furbo di voi, mentre a voi rimane il cocente rimorso.
Moltiplicate il tutto per il massimo possibile (di qualità di lei e di rimorso per voi) e per l’eternità. Vi basta come inferno? Ebbene, l’inferno cristiano è proprio così: un luogo dove non c’è la Luce (dunque, c’è la tenebra), non c’è la Gioia (ma il dolore), né l’Amore (c’è l’odio: per sé, per essere stati così stupidi; per Dio, così come l’invidioso vorrebbe veder distrutto ciò che adesso agogna ma gli è interdetto per sempre; per gli altri, perché nella superbia non c’è spazio per la benevolenza). Un luogo di paura (abbiamo rinunciato a ogni protezione contro i demoni) e soprattutto di rimorso, perché se siamo finiti lì non possiamo prendercela con altri che con noi stessi.

Dicevamo della teologia. È uno dei tanti mezzi che offre Dio per conoscerLo e innamorarsene. Facci caso: come abbiamo accennato, solo il cristianesimo osa tanto. Sembra che soltanto il Dio cristiano si rivolga a creature così intelligenti da poter capirLo e magari conoscerLo.
Personalmente, dovessi scegliere (e devo scegliere), preferirei un Dio che mi stima, un Dio che, per questo, mi abbia dato gli strumenti per comprendere come vanno realmente le cose. Un altro Dio non lo capirei. E non mi si può chiedere di amare alla cieca quel che non capisco. Insomma, se io fossi Dio e volessi essere amato dalle mie creature, per prima cosa li avrei forniti di un’intelligenza sufficiente. E poi li avrei incoraggiati a usarla. Mi viene in mente il genitore che, un bel giorno, prende il figlioletto, lo piazza in piedi appoggiato alla parete, si allontana quanto basta, gli tende le braccia e gli dice: «Adesso vieni da papà!», aspettandosi che il piccolo sia dapprima riluttante, poi si avvii barcollando. Ma sempre pronto a intervenire perché non si faccia male davvero. Ovviamente, fallito un tentativo, si ricomincia. Eh, sì: deve imparare a camminare con le sue gambe. Deve diventare quel che il papà sogna che diventi: un uomo, e con gli attributi. Ovviamente, cela va sans dire, anche frequentando la teologia si può partire per la tangente e prendere cantonate. Ricòrdati dei Magi, caro Teofilo. Senza la stella si sarebbero persi. E senza l’avvertimento soprannaturale sarebbero cascati nella trappola di Erode. Anche i teologi hanno una stella, la Chiesa. Le cantonate le prendono quando pretendono di saperla più lunga di essa. Ecco un altro motivo che ci conduce a propendere per la «cattolicità» di Dio.
Infatti, il cattolicesimo parte dal presupposto del Peccato Originale, grande mistero senza il quale non si capisce niente (come diceva Pascal). Video meliora proboque, deteriora sequor, diceva il poeta (pur pagano) latino. So che cosa è giusto e bene ma spesso non riesco ad adeguarmi e faccio il contrario. Tutti sperimentiamo questa massima, fin da quando usciamo la mattina da casa e chiudiamo la porta a chiave (non si sa mai). Dunque, l’intelligenza umana sarebbe sufficiente a cogliere Dio ma… Ma c’è di mezzo il Peccato Originale. Dio lo sa e per questo non ha scritto libri (quelli che ci sono li ha solo ispirati) ma ha fondato una Chiesa, garantendole assistenza per sempre. Ci ha lasciato una stella, nel caso ci smarrissimo. Infatti, chi non la segue vaga, erra (nel doppio significato del termine).

Tornando a noi, pare proprio che sia possibile arrivare a Dio col ragionamento logico. Un filosofo geniale come san Tommaso d’Aquino e un genio matematico come Pascal ne fanno fede. Certo, ci sono persone convinte che esistano altri tipi di logica oltre a quella del due-e-due-fa-quattro. Ma non ti nascondo che la cosa mi puzza di fantascienza, tipo universi paralleli e viaggi nel tempo, tutta roba che collide con l’osservazione e l’esperienza. Se due più due potesse fare anche cinque, e soprattutto potesse farlo anche per Dio, beh, un Dio del genere ritornerebbe al di là della comprensibilità da parte dei più. E, detto fra noi, non m’interesserebbe più di tanto. Un Dio per pochi riguarderebbe quei pochi. Di più: anche se per avventura mi trovassi tra quei pochi, non credo che tale Dio mi risulterebbe amabile. Che senso avrebbe aver creato tutti per poi rivolgersi solo ad alcuni? No, un Dio così, chi lo vuole se lo tenga.
Mi sembra senz’altro più ragionevole pensare a un Dio come quello cristiano, padre di tutti e alla portata di tutti. La ragione classica (e non credo che ce ne siano altre) può dunque giungere a cogliere l’esistenza di un Dio, un Dio molto simile a quello cristiano. Può arrivare anche a dedurre che Dio debba essere cattolico. Ma al fatto che questo Dio sia anche Trino, beh, se non me lo dicesse Lui stesso, proprio non ci potrei arrivare. Infatti l’ha detto. Poteva risparmiarselo, perché questa rivelazione complica, per molti, il quadro.
Paradossalmente, è proprio questo a convincermi. Fosse tutto un trucco, un’invenzione umana, che bisogno ci sarebbe stato di tirare fuori questa storia della Trinità? Allora deve essere vero. L’ha detto proprio perché non ne poteva fare a meno. E mi pare un’ulteriore dimostrazione di fiducia nei confronti delle creature.»
[…]

Friday, November 06, 2009

Quei muri appesi ai Crocefissi

Gesù è stato giudicato – duemila anni fa – dalle varie magistrature del suo tempo. E sappiamo cosa decise la “giustizia” di allora.

Oggi la Corte europea di Strasburgo ha emesso una sentenza secondo cui lasciare esposta nelle scuole la raffigurazione di quell’Innocente massacrato dalla “giustizia umana” viola la libertà religiosa.

E’ stato notato che semmai il crocifisso ricorda a tutti che cosa è la giustizia umana e cosa è il potere ed è quindi un grande simbolo di laicità (sì, proprio laicità) e di libertà (viene da chiedersi se gli antichi giudici di Gesù sarebbero contenti o scontenti che una sentenza di oggi cancelli l’immagine di quel loro “errore giudiziario” o meglio di quella loro orrenda ingiustizia).

Ma discutiamo pacatamente le ragioni della sentenza di oggi: il crocifisso nelle aule, dicono i giudici, costituisce “una violazione del diritto dei genitori a educare i figli secondo le loro convinzioni” e una violazione alla “libertà di religione degli alunni”.

Per quanto riguarda la prima ragione obietto che quel diritto dei genitori è piuttosto leso da legislazioni stataliste che non riconoscono la libertà di educazione e che magari usano la scuola pubblica per indottrinamenti ideologici.

La seconda ragione è ancor più assurda. Il crocifisso sul muro non impone niente a nessuno, ma è il simbolo della nostra storia. Una sentenza simile va bocciata anzitutto per mancanza di senso storico, cioè di consapevolezza culturale, questione dirimente visto che si parla di scuole. Pare ignara di cosa sia la storia e la cultura del nostro popolo.

Per coerenza i giudici dovrebbero far cancellare anche le feste scolastiche di Natale (due settimane) e di Pasqua (una settimana), perché violerebbero la libertà religiosa.

Stando a questa sentenza, l’esistenza stessa della nostra tradizione bimillenaria e la fede del nostro popolo (che al 90 per cento sceglie volontariamente l’ora di religione cattolica) sono di per sé un “attentato” alla libertà altrui.

I giudici di Strasburgo dovrebbero esigere la cancellazione dai programmi scolastici di gran parte della storia dell’arte e dell’architettura, di fondamenti della letteratura come Dante (su cui peraltro si basa la lingua italiana: cancellata anche questa?) o Manzoni, di gran parte del programma di storia, di interi repertori di musica classica e di tanta parte del programma di filosofia.

Infatti tutta la nostra cultura è così intrisa di cristianesimo che doverla studiare a scuola dovrebbe essere considerato – stando a quei giudici – un attentato alla libertà religiosa. In lingua ebraica le lettere della parola “italia” significano “isola della rugiada divina”: vogliamo cancellare anche il nome della nostra patria per non offendere gli atei? E l’Inno nazionale che richiama a Dio?

Perfino lo stradario delle nostre città (Piazza del Duomo, via San Giacomo, piazza San Francesco) va stravolto? Addirittura l’aspetto (che tanto amiamo) delle vigne e delle colline umbre e toscane – come spiegava Franco Rodano – è dovuto alla storia cristiana e ad un certo senso cattolico del lavoro della terra: vogliamo cancellare anche quelle?

Ma non solo. Come suggerisce Alfredo Mantovano, “se un crocifisso in un’aula di scuola è causa di turbamento e di discriminazione, ancora di più il Duomo che ‘incombe’ su Milano o la Santa Casa di Loreto, che tutti vedono dall’autostrada Bologna-Taranto: la Corte europea dei diritti dell’uomo disporrà l’abbattimento di entrambi?”

Signori giudici, si deve disporre un vasto piano di demolizioni, di cui peraltro dovrebbero far parte pure gli ospedali e le università (a cominciare da quella di Oxford) perlopiù nati proprio dal seno della Chiesa?

Infine (spazzata via la Magna Charta, san Tommaso e la grande Scuola di Salamanca) si dovrebbero demolire pure la democrazia e gli stessi diritti dell’uomo (a cominciare dalla Corte di Strasburgo) letteralmente partoriti e legittimati (con il diritto internazionale) dal pensiero teologico cattolico e dalla storia cristiana?

La stessa Costituzione italiana – fondata sulle nozioni di “persona umana” e di “corpi intermedi” (le comunità che stanno fra individui e Stato) – è intrisa di pensiero cattolico. Cancelliamo anche quella come un attentato alla libertà di chi non è cattolico?

E l’Europa? L’esistenza stessa dell’Europa si deve alla storia cristiana, se non altro perché senza il Papa e i re cristiani prima sui Pirenei, poi a Lepanto e a Vienna, l’Europa sarebbe stata spazzata via diventando un califfato islamico.

Direte che esagero a legare al crocifisso tutto questo. Ma c’è una controprova storica. Infatti sono stati i due mostri del Novecento – nazismo e comunismo – a tentare anzitutto di spazzare via i crocifissi dalle aule scolastiche e dalla storia europea.

Odiavano l’innocente Figlio di Dio massacrato sulla croce, furono sanguinari persecutori della Chiesa e del popolo ebraico (i due popoli di Gesù) che martirizzarono in ogni modo e furono nemici assoluti (e devastatori) della democrazia e dei diritti dell’uomo (oltreché della cultura cristiana dell’Europa e della civiltà).

Il nazismo appena salito al potere scatenò la cosiddetta “guerra dei crocefissi” con la quale tentò di far togliere dalle mura delle scuole germaniche l’immagine di Gesù crocifisso.

Non sopportavano quell’ebreo, il figlio di Maria, e volevano soppiantare la croce del Figlio di Dio, con quella uncinata, il simbolo esoterico dei loro dèi del sangue e della forza. Lo stesso fece il comunismo che tentò di sradicare Cristo dalla storia stessa.

Se le moderne istituzioni democratiche europee si fondano sulla sconfitta dei totalitarismi del Novecento, non spetterebbe anche alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo considerare che la tragedia del Novecento è stata provocata da ideologie che odiavano il crocifisso (e tentarono di sradicarlo) e che i loro milioni di vittime si ritrovano significate proprio dal Crocifisso?

Non a caso è stata una scrittrice ebrea, Natalia Ginzburg, a prendere le difese del crocifisso quando – negli anni Ottanta – vi fu un altro tentativo di cancellarlo dalle aule: “Non togliete quel crocifisso” fu il titolo del suo articolo.

Scriveva:

“il crocifisso non genera nessuna discriminazione. Tace. E’ l’immagine della rivoluzione cristiana, che ha sparso per il mondo l’idea dell’uguaglianza fra gli uomini fino allora assente. La rivoluzione cristiana ha cambiato il mondo. Vogliamo forse negare che ha cambiato il mondo? (…) Dicono che da un crocifisso appeso al muro, in classe, possono sentirsi offesi gli scolari ebrei. Perché mai dovrebbero sentirsene offesi gli ebrei? Cristo non era forse un ebreo e un perseguitato, e non è forse morto nel martirio, come è accaduto a milioni di ebrei nei lager? Il crocifisso è il segno del dolore umano”.

La Ginzburg proseguiva:

“Non conosco altri segni che diano con tanta forza il senso del nostro umano destino. Il crocifisso fa parte della storia del mondo… prima di Cristo nessuno aveva mai detto che gli uomini sono uguali e fratelli tutti, ricchi e poveri, credenti e non credenti, ebrei e non ebrei e neri e bianchi, e nessuno prima di lui aveva detto che nel centro della nostra esistenza dobbiamo situare la solidarietà fra gli uomini… A me sembra un bene che i ragazzi, i bambini, lo sappiano fin dai banchi della scuola”.

Con tutto il rispetto auspichiamo che pure i giudici lo apprendano. “Il crocifisso fa parte della storia del mondo”, scrive la Ginzburg.

Infine il crocifisso è il più grande esorcismo contro il Male. Infatti non è il crocifisso ad aver bisogno di stare sui nostri muri, ma il contrario. Come dice un verso di una canzone di Gianna Nannini: “Questi muri appesi ai crocifissi…”. Letteralmente crolla tutto senza di lui, tutti noi siamo in pericolo.

Per questo potranno cancellarlo dai muri e alla fine – come accade in Arabia Saudita – potranno proibirci anche di portarne il simbolo al collo, ma nessuno può impedirci di portarlo nel cuore. E questa è la scelta intima di ognuno. La più importante.

Antonio Socci

Da Libero, 4 novembre 2009