Friday, December 24, 2010

Thursday, December 23, 2010

Elogio cristiano del Natale consumistico

Natale è alle porte. E ci toccherà sorbirci le solite lagnose recriminazioni moralistiche contro il “Natale consumistico”.

È un uggioso refrain”in cui si sono specializzati molti ecclesiastici, ma anche tanti laici, non credenti, che – per esempio dalle pagine di Repubblica, del Corriere della sera o della Stampa – biasimano il presunto paganesimo della “corsa ai regali” (e lo fanno, ovviamente, mentre i loro stessi giornali vivono di pubblicità e i loro editori prosperano sui consumi).

Oltretutto i “consumi natalizi” sono pure un beneficio per la nostra economia che soffre di un Pil stentato, per cui è irritante vedere gli stessi che scagliano anatemi sul consumismo, strillare poi – il mese dopo – per le aziende che chiudono, per l’economia che ristagna e il deficit che cresce (come pure il debito essendo rapportati al pil).

Dunque mi appello ai parroci: per favore, quest’anno, evitateci queste geremiadi anticonsumistiche.

Perché non c’è cosa più insopportabile (e acristiana) del sentire sacerdoti alla Messa di Natale che – proprio mentre nasce Gesù, il nostro salvatore, la gioia della vita – invece di parlarci di lui, invece di invitarci a rallegrarci, invece di consolare le nostre sofferenze, si mettono a strapazzare i fedeli che si sono scambiati dei doni.

A volte si ha quasi la sgradevole sensazione che a Natale tuonino contro il consumismo perché non hanno nulla da dire su Gesù, perché non si stupiscono più del suo venire al mondo, perché non ne conoscono la meraviglia.

“Expertus potest credere quid sit Jesum diligere”.

Come si può – quando si è sperimentata l’amicizia del Salvatore e se n’è scorta la bellezza ineffabile – mettersi a tuonare contro le luminarie, i pranzi e i regali, invece di parlare di lui?

Non somigliamo a quei farisei che – davanti a ll’uomo misterioso che con un solo gesto guariva un paralitico – si mettevano a polemizzare perché lo aveva fatto di sabato?

Quasi che fosse ovvio e normale che uno potesse stendere la mano e guarire un uomo paralizzato. Si facevano a tal punto violenza da non restare stupiti neanche da un fatto del genere.

E voi sacerdoti di oggi avete da dare la notizia più grande di tutti i tempi, la più commovente, inimmaginabile, consolante, cioè che Dio si fa uomo e viene ad abitare fra noi, che viene a guarirci, a salvarci, avete la notizia che nulla sarà più triste e disperato come prima, e invece di gridarcela, di scoppiare voi stessi in lacrime di letizia e di commozione (perché davvero se non fossimo così tragicamente distratti dovremmo piangerne di gioia), invece di gridarla dai tetti, vi mettete a rompere le scatole sui regali? Quasi indispettiti dalla gioia della gente?

Questa sì che è un’empietà! Oltretutto, se proprio vogliamo essere evangelici, dobbiamo riconoscere che il primo Natale dei regali è stato precisamente quello di duemila anni fa: sono stati i pastori e i Magi a viverlo così.

E il Vangelo li esalta per questa spontanea gratuità. Del resto era un’umile risposta a un immenso dono.

Perché in realtà è Dio stesso che inaugura il “Natale dei regali”. Il “Grande Consumista” è Colui che ci ha regalato il cielo e la terra, l’universo intero, con tutto quello che contiene.

Nessuno ha dissipato e regalato così tanto i suoi beni come quel Dio che ha voluto letteralmente svenarsi per noi.

Natale non è altro che questo: la follia di Dio.

È la sua irraggiungibile umiltà, avendo voluto spogliarsi della sua maestà e della sua gloria per abbassarsi fino a farsi un piccolo bambino povero e potersi donare a noi senza umiliarci, ma anzi mendicando il nostro amore.

Si può immaginare una follia d’amore pari a questa?

Riflettiamoci. C’è un Re così grande, ricco e potente che possiede tutto. E dunque ti regala non solo pietre preziose e perle, ma il mondo intero con tutte le sue meraviglie. Però non gli basta, perché noi siamo insoddisfatti e infelici, e allora vuole donarti di più.

Potrebbe regalarti la felicità (per cos’altro tutti ci agitiamo se non per la felicità?) oppure potrebbe regalarti la bellezza, o la pace del cuore o l’amore o il calore dell’amicizia e potrebbe perfino regalarti tutto questo per l’eternità, senza più la tristezza della fine e della morte.

Ma ha deciso di farti un dono ancora più grande dove tutto questo è contenuto: se stesso, il suo unico e meraviglioso Figlio che letteralmente “è” tutto questo. Infatti Gesù è la vera felicità, la pace, l’amore, la gioia, la vita e lo è per sempre.

E allora come si fa – davanti a un tale Re che ti dona se stesso e tutto il suo regno, senza che tu lo meriti neanche lontanamente – come si fa a non essere strafelici e a non essere mossi spontaneamente, anche noi, a donare?

Ci sono passi bellissimi di Benedetto XVI sul “dono” nell’enciclica “Caritas in veritate”. Egli vede nella cultura del dono addirittura una immensa risorsa sociale.

Ma allora i sacerdoti dall’altare di Natale dovrebbero dire esattamente l’opposto della geremiade contro il consumismo: dovrebbero anzi esortare a donare ancora di più, a donare non solo ad amici, figli o parenti, ma a riempire di doni e di amore anche tutti coloro che sono stati più sfortunati, coloro che vivono in povertà, coloro che soffrono, perché anche loro possano rallegrarsi nel giorno della gioia.

Il papa san Leone Magno, nella sua celebre omelia natalizia, secoli fa, annunciava e quasi gridava: “Il nostro Salvatore, carissimi, oggi è nato: rallegriamoci! Non c’è spazio per la tristezza nel giorno in cui nasce la vita, una vita che distrugge la paura della morte e dona la gioia delle promesse eterne”.

Vorremmo sentire i parroci o i vescovi che ci ripetono queste parole, che incitano a non fermarsi a pochi regali, a Natale, ma a donare più possibile. A donare perfino se stessi.

E soprattutto a fare a se stessi il regalo più bello: l’amicizia di Cristo.

Mi sembra di sentire qualche amico prete che obietta: “va bene, dici belle cose, ma come si può tacere davanti a chi pensa solo ai regali, alla settimana bianca o alla vacanza alle Maldive o sul Mar Rosso e neanche va alla messa di Natale?”.

Amico sacerdote, perché tu, come loro, pensi che la settimana bianca o le Maldive o il Mar Rosso siano in competizione con il Figlio di Dio che si fa uomo?

Chi ha fatto le maestose montagne e il loro cielo di azzurro purissimo? E chi dà consistenza ai miliardi di cristalli di neve che accecano di luce? E i fondali o i coralli del Mar Rosso? E la luna e le stelle?

“Tutto è stato creato per mezzo di Lui e in vista di Lui e tutto in Lui consiste”. E allora come privarsi di lui? Dovresti dire a coloro che si contentano di così poco (una settimana alle Maldive), a coloro che si rassegnano alla settimana bianca, che possono avere molto di più.

Perché a Natale ci si dona colui in cui c’è la bellezza degli oceani e delle montagne innevate, il refrigerio della brezza d’estate, i colori dei boschi d’autunno, la dolcezza dell’amicizia, lo struggimento dell’amore dei figli, l’ardore dell’amore delle madri e perfino il gusto dei frutti succulenti della terra, la purezza dell’acqua e il sapore del vino. In lui c’è il gusto stesso della vita, il senso dell’esistenza.

Così nella Messa ci sono tutte le montagne innevate e i mari più azzurri, tutte le bellezze dell’universo. Non a caso la liturgia coinvolge tutti i cinque sensi nell’adorazione, perché Dio si è fatto carne ed è venuto a salvare tutto l’uomo, è venuto a portargli una felicità che passa anche attraverso i sensi umani, i sentimenti umani. E’ venuto a divinizzare tutto l’uomo.

“Infatti il Figlio di Dio si è fatto uomo per farci Dio” afferma sant’Atanasio di Alessandria (De Incarnatione, 54, 3: PG 25, 192).

E chi – ditemi – chi, sapendo tuttociò, può essere così masochista da rifiutare questo stupefacente regalo: essere trasformati in dèi, essere divinizzati, partecipare alla signoria di Dio sull’universo, partecipare alla gioia di Dio?

Antonio Socci, su Libero del 21 dicembre 2010

Wednesday, September 29, 2010

Una storia di "conversione"

Io ho 26 anni, e la mia è una storia fra tante. Scout da sempre nell'Agesci, cresciuto a pane e parrocchia; tutto bello, tutto colorato e gioioso, chitarre e batti-batti-le-manine.

Poi, arriva il liceo. Poi l'Università, anche all'estero. Ed è la fine. Filosofia, lettere, scienze, "grandi maestri" che pontificano sulla realtà "vera" che si agita e arde al di fuori di quella caverna platonica delle nostre menti ancora informi dove noi, costretti in vinculis in uno stato di minorità colpevole, ci affidiamo a certe bislacche e fatue figurazioni mitico-soprannaturali, buone giusto per lo studio e il diletto di antropologi e compagni. Sapere aude! è un richiamo ben più forte di certe altre pulsioni adolescenziali. La mia non era mai stata una fede"passiva".. e cominciai a leggere i miei avversari con una certa qual complicità.

Le vette del pensiero di tanti Locke, Petronio, Kant, Voltaire, Hegel, Leopardi, Spinoza, Lucrezio, Sartre, Montale, erano a poco a poco squadernate, disvelate come tante sorgenti d’acqua fresca in altrettanti giardini segreti, lì pronte a dissetare il brivido del proibito e l’arsura della mia giovanile ignoranza.. Le mie convinzioni andavano lentamente sgretolandosi e annacquandosi, da roccia che erano, diventavano sabbia bagnata. E no, a quell’età non avevo gli strumenti per non affondare nelle sabbie mobili che andavano via via formandosi. Guardavo "indietro", in famiglia e in parrocchia.. non serviva: non c'erano quelle figure dalla mente guizzante e audace che mi proponevano tra i banchi del Liceo o in ambito universitario.

Solo vecchine dal canto nenioso e vibrato, giovani "amiamoci e costruiamo un mondo nuovo di pace, giustizia e gioia" (un'utopia d'una bassezza talmente becera che farebbe venire l'ernia a Moro e le coliche a Huxley..) o adulti faccendieri, impastati di religione da sagrato tanto quanto d'interessi da bottega. Questo vedevano allora i miei occhi di diciottenne... Il Barone di Münchausen si tirava fuori dalle sabbie mobili tirandosi su per i capelli. Per quanto nella vita reale ci abbia provato, ho fallito. Il mio percorso "culturale" mi aveva portato ormai ad abbracciare posizioni diametralmente opposte a quelle proposte da quell'Istituzione che ora con grande emozione torno a riconoscere come la Santa Madre Chiesa.. Quando si comincia ad urlare il primo vigoroso "no!" a “..ciò che spesso han mascherato con la fede, a tutto ciò che è falsità, le fedi fatte di abitudine e paura..” (Guccini..) si è subito circondati da un coro di applausi, di giustificazioni, di argomentazioni stringenti, di evidenze che ammutoliscono.. trovi pure dei preti che “ti capiscono”, e “ti danno ragione”…

Pian piano, la tremula face della Verità soffoca sotto il "secchio" della Logica. Non essendo vero, questo fantasma infantile e antiliberale andava distrutto. In primis, dentro me. “Dovevo” liberarmi dalla “caverna platonica dell’oscurantismo religioso”. Dovevo farcela. Non potevo sopportare l’idea che la mia mente non ce la facesse. Se la cattiva notizia del “Dio non c’è” m’era arrivata, ora stava a me scoprire la notizia “buona”, ossia “che non mi serve”. Nel frattempo, l’università mi porta ad Amburgo, il “mio deserto”, il mio Egitto e Damasco insieme. Qualche invisibile traccia di un passato cristiano protestante, nell'assoluta indifferenza della vorticosa frenesia del quotidiano.. "Eppure, tutto funziona bene, anche meglio"! Quartieri a luci rosse diventati baluardo simbolo della città (St.Pauli - Reeperbahn), ragazzi che escono di casa a 16-17 anni, alcool a fiumi, cultura del divertimento.. Divertimento e libertà. Tutto low-cost: low cost, low happyness, low life. Parlare di etica è "antistorico". Il sesso é pressoché un'attività sportiva.

E la Chiesa tedesca? Rinfrancante era sentire una chiesa che "finalmente" parlava come Eugenio Scalfari ( si digiti “Jaschke Amburgo” su google, le posizioni del Vescovo sono note persino ai paracarri). “Ah, ma allora siamo solo noi che siamo così indietro" fu per me la conferma assoluta. Fu una suora, Schwester Wimala (almeno spero si scriva così), una Missionaria della Carità della Beata M. Teresa di Calcutta, aspettando il bus, a ribaltare tutto. Erano passati sì e no otto mesi dal mio arrivo. Lo fece con un sorriso. Io là in piedi, nel tardo pomeriggio, grigio, la solita pioggia.. Fumavo una sigaretta, i-pod nelle orecchie.. quando due suore, in abito lungo, velate di bianco e d’azzurro, si piazzano a pochi metri da me, sandali a piedi nudi nel freddo di ottobre. Comincio a pensare.. male. Continuo a pensare, ancora peggio. Poi una delle due suore, girandosi, mi sorride. Fui come pervaso da un senso di disprezzo. E lì, la mia razionalità, mi ha “fregato”. Mi stupii di me stesso, di quella reazione istintiva ad un semplice sorriso.. “va beh che è cattolica.. ma poverina..” E quasi a voler esorcizzare quello che avevo provato fino a qualche minuto prima, andai a parlare con le sorelle.

Giusto tre minuti.. Non capivo dai loro sguardi e dai loro sorrisi se fossero solo inebetite dalle “favole cristiane” in cui credevano, o cosa.. fatto sta che conoscerle e scambiare quattro chiacchiere mi fece un inaspettato piacere. Cercai su internet, e trovai dove abitavano. Cominciai a frequentare la Haus Betlehem: all’inizio sempre perché “dovevo” dimostrare che anche i laici, i “non credenti” si danno al volontariato, e quella era una buona occasione. Però le cose non sono andate così..parecchie cose cominciavano a non tornarmi..non mi quadrava come le sorelle potessero dedicare la loro intera vita, in modo così radicale e "duro", se il tutto era solo una festa tra amici un po’ pirla, che si rifugiavano in assurde speranze ultraterrene... In quei refettori.. tutti tedeschi, anche giovani, giovanissimi.. lì a elemosinare un piatto di zuppa. Tutti tedeschi. Tranne le Suore, indiane, polacche.. Donne trasfigurate da una Luce grandiosa, così stridente di fronte ai volti scuri e spenti di molti là dentro, che venivano da lontano per medicare le ferite di una società malata, che prima seduceva e illudeva..e poi scartava, buttava ai margini.

Fu quando cominciai a prendere sul serio l'impegno nella carità che arrivò la Grazia.. E nel mezzo "bella realtà" secolarizzata di Amburgo che descrivevo sopra, che tutte le mie ragioni son crollate.. son crollate di fronte all'animalità della "logica" umana slegata dal Senso primo dell'Uomo. Proprio nel quartiere dei divertimenti di Amburgo, tra prostitute, luci e giovani nei discopub, c'é quella piccola oasi di cinque suorine. E lì vedi, nel silenzio di quel refettorio, donne che vengono da lontano, chiamate da una Voce reale(!) e forte, in forza della quale dedicano la loro vita e i loro sforzi alla cura delle piaghe di questa società.. E allora ti commuovi. Capisci che c'é qualcosa che non va. "Dai una chance" a quella voce. Capisci che tutto quel che propone questo mondo, finisce quando questo mondo ti volta le spalle, spegne le luci.. A riaccenderle, ci son quelle cinque piccole suore.. gli esseri più magnifici d'Amburgo. Ti "arrendi"di fronte al Sepolcro spalancato del mondo e di chi l'ha vinto.

E decidi di entrare nel Mistero.. Il tutto mentre nelle parrocchie e tra i vescovi locali, si continuava a blaterale di sociale, di profilattici, di laici, celibato sacerdotale ecc.. tralasciando i nervi scoperti del male spirituale che ammorba le coscienze. Più egoisticamente: non parlavano del male spirituale che ammorbava (e ammorba) la MIA coscienza. Perché non era finita qui. Fides quaerit intellectum, e numerosi erano i nodi che rimanevano da “sciogliere”, quasi attendessero sogghignanti una capitolazione.. Oggi rido, se penso che volessi essere IO a fare i conti con Dio!.. Un bel giorno, dopo l'università e il lavoro.. andai a Messa. O almeno credevo.. Turisti dentro alla Cattedrale..Tutti a muoversi guidati da un cicerone che tutto fa tranne che curarsi dei quattro gatti in preghiera di fronte di fronte al cubo con sopra una piramide posta su un parallelepipedo ultra-futurista che serve da Tabernacolo. I turisti e il cicerone si mettono proprio là davanti, dando le spalle al Santissimo, parlando e ridendo.. Come se non bastasse, quella sera invece della Messa c'era una funzione ecumenica, rigorosamente senza sacerdote, per pregare per le donne in Papua Nuova Guinea!! Salutiamoci in papuano! fu il saluto della “ministressa”... ..et Lux in tenebris lucet..Così ho aperto gli occhi sull'abisso di certa anarchia progressista post-conciliare: non mi stavano offrendo Cristo, non mi stavano aiutando verso la Sua Croce.

Stavano “giocando” ad un varietà religioso terzomondista “volemose ‘bbene”. E progressivamente, mese dopo mese.. ho scoperto la Tradizione, porto sicuro e santo dove poter vivere la Fede in pienezza, senza sconti o diluizioni, sic et simpliciter come l'hanno vissuta i grandi Santi e i milioni e milioni di fratelli e sorelle che ci hanno preceduto nel tempo.. Perché “quella è La Chiesa”, la Ecclesia presenza salvifica nel mondo. Il mondo si salva per la Missione, per la Testimonianza di chi ha creduto nell’Amore. Una Chiesa orante, che non smette MAI di pregare e di offrirsi in sacrificio a Dio. Anche per “me”. Che prega per la mia conversione, che prega perché il Signore mi richiami a sé, che “mi mostri la Sua Misericordia e mi doni la Sua salvezza”. Non quella che vorrebbe esser come Vasco Rossi e benedire dal palcoscenico del mondo la nostra “vita spericolata”.

Con buona pace del Summorum Pontificum, l’unico posto dove poter assistere alla S. Messa di sempre era il Priorato della San Pio X. Non sono passato da un estremo all’altro: ho solo cercato chiarezza.. inter multiplices, io volevo sentire UNA sola VOX. Una sola. Quel Sacerdote, così pieno di Dio, sereno di fronte alle mie turbolenze, paziente di fronte alle mie insinuanti malignità, severo e a tratti burbero ai miei conati di sufficienza (come si sentono superiori i “nipotastri di Voltaire”!).. sempre all'altezza d'un testa a testa intellettuale che mi lasciasse non dico convinto, ma mi togliesse il gusto di "avergliene sapute dire quattro".

Poi la Santa Messa.. la prima volta, era un mattino, alle 10 emezza.. il Sacerdote, una signora, ed io. Silenzio. Muto per tutta la Messa. Io mi aspettavo un canto, una lettura.. niente. Rimasi confuso.. che roba è?..Silenzio. Fino al Sacrificio. Quella Messa, mi ha fatto male. Sì, MALE. Non le banalità, non la GGGioia da ebeti che svanisce appena usciti da Messa, non il "costruiamo un asilo in Botswana".. SILENZIO. Quel Sacerdote stava lasciando posto a Dio, là in fondo; lui, nascosto dentro e dietro i suoi paramenti, quasi come un chirurgo al tavolo operatorio. Cristo, con lui, sopra di lui, che "obbedisce" alle parole di quel sacerdote, e si strazia, si immola.. Il Sacro, fa male. E' come se ci muovessimo nelle profondità di un oceano, ermeticamente chiusi nelle nostre belle camere pressurizzate e ossigenate. Per uscire fuori, ci occorrerebbero ore e ore nelle camere di depressurizzazione.

Ecco, il Sacro è quella camera di depressurizzazione. E l'oceano, è Dio. Il “battesimo” nel Giordano tridentino porta inevitabilmente con sé qualche angosciosa domanda sullo spartiacque del Vaticano II.. Intendiamoci: io non ce l'ho col Concilio Vaticano II in sé.. non ho né i mezzi culturali né la Fede di Mons. Gherardini o di Amerio per poter leggere il “fenomeno Vaticano II”, né il dramma spirituale vissuto da S. Ecc. Mons. Lefebvre per poterlo “accusare”. Di certo però ce l'ho a morte con il risultato di anni e anni in cui "tutto" è stato scialacquato in una marea di banalità circensi, dove il MASSIMO, dico, IL MASSIMO che ci si possa sentir generalmente dire a Messa sono i consigli di Frate Indovino nei panni d'un sindacalista. Ma possibile, POSSIBILE dico io che in duemila anni di Storia della Chiesa, di elevazioni spirituali dei Padri, dei Santi, dei Mistici, dei Dottori, di monaci, eremiti, religiosi e religiose..tutto quello che esce in un'omelia siano quattro banalità da paninari?.. A volte non sono nemmeno più omelie: sono pubblicità progresso.

Sua Eminenza il Card. Biffi (Iddio ce lo conservi), in un libello squisito e illuminante, “Il quinto Vangelo”, immagina un “Buon Pastore” in chiave post-conciliare, il quale, dopo aver smarrite le 99 pecorelle, caccia fuori dall’ovile pure l’ultima rimasta, rimproverandola per la scarsa intraprendenza.. e poi se ne va a bere con gli amici all’osteria, discutendo di pastorizia. Dagli torto! "..nella celebrazione liturgica, è importante non prevaricare mai su ciò che la Chiesa ha tramandato nei secoli. Partecipare in questo modo alla liturgia ci insegna l'amore per la bellezza. Non possiamo vivere la liturgia dimenticando la sua infinitezza cosmica, che arriva fino agli estremi confini del creato e comprende gli angeli del cielo e i santi di tutti i tempi. La liturgia è l'eterno che entra nel tempo e nello spazio. E' il mondo come Dio lo ha pensato.." (Mons. Camisasca, "Padre", pag 84).

Beh, chi vede tutto questo nella stragrande maggioranza delle celebrazioni “novus ordo”?.. Io di certo no. Per non parlare di quando siamo tra scout "cattolici", io ormai la Comunione dopo certe “messe” dove il Vangelo viene mimato a scenette o ci si passa in cerchio la pisside con le Sacre Specie e ognuno prende e mangia, non mi sento nemmeno più di farla.. A questo punto io non me la prendo più coi "giovani" perchè perdono la Fede. Ma con gli adulti che non sanno trasmetterla nella Sua vorticosa, abissale profondità e bellezza. Non sanno trasmetter loro quel senso di vertigine che piega le ginocchia di fronte all'Assoluto. Ma come, la passione per il calcio, per la pesca, per la collezione di aeromodelli sì.. e la passione per la SS. Trinità no?! Vedo nella Messa "nuova" (che io sono tornato a frequentare, intendiamoci) una vittima e al contempo, una complice di tutto questo. Quante volte ho sentito: “dipende come viene celebrata”.

Ecco: there is no right without a remedy, dicono i giuristi britannici.. non ha senso affermare l’esistenza di un diritto, se questo non può esser fatto valere. Bene: fino a quando assisteremo alla dissacrazione e alla profanazione costante, sistematica, studiata e compiaciuta di ciò che abbiamo di più caro e più sacro senza che nessuno possa porvi rimedio, beh: QUELLA E' la Messa nuova, non la Messa "celebrata male". Chi può dire che le “messe scout” sono celebrate male (S. Em. il Card. Caffarra a parte)? Chi può dirlo delle messe carismatiche? Chi delle liturgie di certi cammini? Chi delle messe con danze etno-pop nei palazzetti dello sport, se a concelebrare c’è il fior fior dell’episcopato nazionale? Purtroppo non esiste più "una" messa NovusOrdo, ci sono infinite messe NovusOrdo.. e non si può sempre e solo dar colpa al singolo interprete del momento, MA a chi ha fatto finta di non sapere che poi, quel testo scritto in the books (sempre per citare la giurisprudenza anglosassone), sarebbe entrato in action, ossia nella vita di parrocchie, movimenti, gruppi, associazioni ecc.. sarebbe andato in mano a mille interpreti. La Sacrosantum Concilium è de facto carta straccia, descrive una liturgia che, nella pratica domenicale dell’Orbe cattolico, non esiste. Sempre che non intenda dire altro rispetto a quel che vi si trova scritto, ovvio. Mi chiedo CHI sentisse il bisogno di annacquare tutto, di buttare tutto alle ortiche per "rendere tutto più comprensibile".

Quel che c'è da capire, si capisce perfettamente. Quel che non si capisce, é perché non é umanamente dato capire... Ciò che si è reso comprensibile NON E' il mistero di Dio, ma sono le trovate dei tanti autoteologi che hanno imperversato e imperversano, talvolta anche da autorevoli pulpiti, nella Vigna del Signore. Per dirla con l'allora Card. Ratzinger: non mi stupisco che vi sia gente che non creda, mi stupisco di più che ve ne sia ancora che invece creda. Il Vaticano II e il suo spettro sono diventati per molti, MOLTISSIMI un alibi para-dogmatico per non prender più sul serio NULLA (tutto è “simbolo”, fin troppo) per sentirsi sempre sulla cresta dell'onda dell'aggiornamento: dobbiamo svecchiarci, esser più moderni, altrimenti i giovani non ci seguono, la gente non capisce.

Se un prete cinquantenne entrato in seminario a quindici anni e vissuto “tra preti” per i restanti trentacinque, per sentirsi moderno, giovane e dinamico deve ricorrere a espedienti da varietà ( messe calcistiche, messe “dei giovani” col trenino della pace (sic!), messe “rock” perché “Gesù è rock!”..Praystation, Holy Beach: Surf and Pray..) o benedire la promiscuità (l’importante è volersi bene), non è “moderno”: è un patetico BUFFONE ed è grazie a gente come lui che molti giovani non ci pensano due volte a guardare a questi acrobati dell'inutile, alzare le spalle con sufficienza e dire: “grazie, no: ho smesso”.

Peccato dicano “no” non solo a quel singolo pretonzolo.. ma lo dicano pure al Cristo, all’Immacolata.. e alla Chiesa dei Padri del deserto, dei Martiri, dei Santi, dei Dottori.. Ma come possono saperlo? Davanti a loro, c’è solo un don chichì qualunque.. IO sono moderno, qui e oggi, ma la mia Fede mi sovrasta, antica e meravigliosa come le stelle. Quelle vere, del firmamento, non quelle di cartoncino giallo, misurabili e afferrabili, belle da mettere in vetrina, buone per le feste, ritagliate da Voltaire e compagni... Dipende che stelle mi vuol mostrare la Chiesa. Di quelle da mettere in vetrina, anche se fatte dalle manine sante di uomini e donne "di chiesa", ci si stufa.. Non ci si stupisca poi, per dirla con l’Arcivescovo di Cagliari Mons. Mani, di non trovare più la Chiesa di Dio.. ma “una baracca”. Ci si giocherà alla Praystation. Andrea G.

www.messainlatino.it

Tuesday, September 28, 2010

Solo per oggi

1) Solo per oggi cercherò di vivere alla giornata senza voler risolvere i problemi della mia vita tutti in una volta.

2) Solo per oggi avrò la massima cura del mio aspetto: vestirò con sobrietà, non alzerò la voce, sarò cortese nei modi, non criticherò nessuno, non cercherò di migliorare o disciplinare nessuno tranne me stesso.

3) Solo per oggi sarò felice nella certezza che sono stato creato per essere felice non solo nell'altro mondo, ma anche in questo.

4) Solo per oggi mi adatterò alle circostanze, senza pretendere che le circostanze si adattino ai miei desideri.

5) Solo per oggi dedicherò dieci minuti del mio tempo a sedere in silenzio ascoltando Dio, ricordando che come il cibo è necessario alla vita del corpo, così il silenzio e l'ascolto sono necessari alla vita dell'anima.

6) Solo per oggi, compirò una buona azione e non lo dirò a nessuno.

7) Solo per oggi mi farò un programma: forse non lo seguirò perfettamente, ma lo farò. E mi guarderò dai due malanni: la fretta e l'indecisione.

8) Solo per oggi saprò dal profondo del cuore, nonostante le apparenze, che l'esistenza si prende cura di me come nessun altro al mondo.

9) Solo per oggi non avrò timori. In modo particolare non avrò paura di godere di ciò che è bello e di credere nell'Amore.

10) Posso ben fare per 12 ore ciò che mi sgomenterebbe se pensassi di doverlo fare tutta la vita.

Papa Giovanni XXIII

Thursday, September 16, 2010

Attivista gay britannico esprime il suo odio e le sue idee sul sesso

Copio e incollo da Libertà & Persona

Peter Tatchell è un attivista gay che ha chiesto l'arresto di Benedetto XVI appena costui toccherà il suolo britannico. Un pazzo? Come tanti altri anticristiani intolleranti in servizio permanente, che hanno cercato di presentare il papa, prima del suo arrivo in Inghiletrra, come un mostro.

Di seguito un articolo di Francesco Colafemmina su fidesetforma.it:

Lunedì prossimo la TV inglese Channel 4 trasmetterà un documentario realizzato da tal Peter Tatchell, attivista gay particolarmente impegnato ad attaccare il Santo Padre. Questo individuo, come già messo in evidenza da Damian Thompson sul suo blog, ha realizzato più un film alla Dan Brown che un documentario, visto che il suo livello di obiettività sfiora i fondali marini più profondi...

Racconta lo stesso Tatchell che nel suo programma propagandistico si è dato da fare per intervistare vittime di abusi sessuali da parte di preti cattolici, con l'intento di accusare in ogni caso Papa Benedetto di "coperture" e "occultamenti" dei gravissimi peccati e crimini di una parte minoritaria del clero cattolico. Allo stesso tempo questo signore si spaccia per un difensore dei diritti umani, sebbene emerga chiaramente che la maggior parte dei diritti da egli invocati riguardano più che altro il sesso in tutte le sue salse.

Ma credo debba far molto discutere quanto questo signore apertamente va propagandando sul proprio sito web (cercare alla voce sex education). Mi riferisco ad un suo lungo articolo in merito all'educazione sessuale nelle scuole pubblicato nel 2002.

In particolare c'è un punto delle deliranti argomentazioni di Tatchell che vale la pena riportare integralmente: "Diffondete tutti i fatti - dite tutta la verità. Se l'educazione cerca di cancellare l'ignoranza e di impartire la conoscenza, allora l'educazione sessuale ha l'obbligo di fornire tutti i fatti e dire tutta la verità su ogni tipo di sesso e di relazione. Ciò include anche pratiche che qualcuno potrà trovare disgustose, come la sodomia o il sadomasochismo, e comportamenti nocivi come il sesso non protetto e l'abuso di bambini. Nulla dev'essere fuori dai limiti. L'obiettivo di parlare francamente di questi argomenti scabrosi non è quello di incoraggiarli, ma serve ad aiutare gli alunni ad affrontarli se li incontreranno nella loro vita futura. (...) Alcune pratiche potranno sembrare strane ad alcuni. Ma la differenza è il sale della vita. L'incubo sessuale di qualcuno può essere il nirvana sessuale di qualcun altro. Premettendo che il comportamento dev'essere consensuale, che nessuno sia offeso e che il piacere sia reciproco, le scuole dovrebbero adottare una attitudine a non giudicare e del 'vivi e lascia vivere'."

In un altro suo articolo, sempre leggibile sul suo sito, Tatchell si dice contrario a limitare l'età del consenso ai 16 anni (lo dice anche in questo articolo) e afferma: "Fissare il consenso a 16 anni costituisce una curiosa contraddizione. Mentre si proteggono giovani minorenni, li si criminalizza allo stesso tempo. Ciò rinforza l'idea che non abbiano diritti sessuali. Considerato incapace di consentire al sesso, una attività sessuale che coinvolge un minore di 16 anni - anche se è consenziente ed entrambi i partner sono della stessa età - è categorizzato come un "abuso". Negare una scelta sessuale ai minori di 16 anni e parificare il sesso consensuale ad una violenza toglie potere ai teenagers. Gli toglie il diritto a prendere decisioni che riguardano i loro corpi. Ciò gioca a favore di adulti che vogliano abusare di loro".

Dunque avete capito bene: l'uomo che accusa il Papa di aver coperto i casi di abusi pedofili, in nome di presunti diritti umani di cui egli stesso si fa promotore, è lo stesso che propaganda una pseudo morale sessuale (nel suo articolo la definisce proprio così) in base alla quale qualsiasi comportamento sessuale purché basato sul mutuo consenso, è da ritenersi accettabile e addirittura dovrebbe essere insegnato ai giovanissimi nel corso di apposite lezioni scolastiche.

Francamente queste parole mi sembrano al minimo scandalose e meritevoli di pubblica condanna. Questo signore praticamente accetta qualsiasi forma di comportamento sessuale, includendo nel suo catalogo di bestialità anche la pedofilia. Ma non si ferma qui: giunge a mettere in questione anche la libertà sessuale dei minorenni, dei teenagers (13-16 anni), indipendentemente dal tipo di relazione e dal fatto che i loro partners siano adulti o coetanei.

Il pensiero di Tatchell è dunque ai limiti dell'incitamento alla pedofilia. Ed è non solo inaccettabile che un personaggio in grado di pensare e propagandare queste diaboliche riflessioni in merito all'educazione dei teen agers possa permettersi impunemente di fare la morale al Papa, rammentando vecchie questioni di abusi commessi da alcuni preti cattolici. Ma è oltremodo singolare che la realizzazione di un documentario sia pur polemico sulla figura di Papa Benedetto XVI venga affidata ad un soggetto privo di alcuna autorità morale e del benché minimo oggettivo senso critico, ma al contrario animato da pensieri che definire perversi e criminali sarebbe troppo generoso. Mi auguro che i media di mezzo mondo si occupino della vicenda, degna di suscitare le medesime reazioni indignate troppo spesso ingenerosamente e ingiustamente indirizzate contro il Pontefice. D'altro canto si tratta solo di un'ulteriore conferma della pochezza di questi nemici di Papa Benedetto e della desolante miseria del loro pensiero irrazionale e disumano".

Friday, September 10, 2010

Salvata Sakineh, ma lapidato il Medioevo

C’è un diritto all’ignoranza, ma per la povera gente che non ha potuto studiare, non per i premi Nobel, né per i “maestri del pensiero” che pontificano dalle prime pagine dei giornali prendendo topiche imbarazzanti.

Non si può far la guerra al pregiudizio usando i pregiudizi (più sciocchi), non si può combattere l’oscurantismo esibendo la più crassa ignoranza.

Tanto meno per una causa nobile come la salvezza definitiva della povera Sakineh, la ragazza iraniana dallo sguardo dolce e triste, di cui ieri è stata sospesa la lapidazione.

A cosa mi riferisco? Alla prima pagina della Repubblica di ieri. Che, sotto il titolo “L’appello dei Nobel ‘Salvate Sakineh’ ” riportava, in caratteri grandi, questo testuale virgolettato: “Fermiamo l’orrore sul corpo di quella donna. La lapidazione è medievale, una punizione che non esiste nel Corano”.

Assurdità

Mi sono stropicciato gli occhi e ho riletto: “la lapidazione è medievale”. Sotto questa colossale baggianata, riprodotta fra virgolette e in caratteri grandi, la Repubblica ha riportato i nomi dei Premi Nobel Shirin Ebadi, Luc Montagnier, Rita Levi Montalcini, Harald Zur Hausen, Claude Cohen-Tannoudji e Gerhard Ertl.

Ma dall’articolo si evince che la frase è dell’avvocatessa iraniana, premio Nobel per la Pace, Shirin Ebadi che ha testualmente detto: “La lapidazione è una forma di punizione medievale che non esiste sul Corano”.

Lasciamo perdere la seconda parte della frase (“una punizione che non esiste nel Corano”), anche se sospetto che i mullah di Teheran conoscano ciò che dicono il Corano e gli altri testi normativi dell’Islam meglio di noi.

La cosa che mi ha fatto sobbalzare è quell’altra, perché è platealmente falsa: “la lapidazione è medievale”. Non so se la Ebadi intendeva parlare del “Medioevo islamico”, ne dubito perché altrimenti avrebbe dovuto dirlo.

In ogni caso, siccome la Repubblica non esce in Iran, ma in Italia, siccome ha scritto Medioevo tout-court (senza l’aggettivo islamico), siccome questa è la definizione dell’epoca cristiana data dall’Illuminismo e siccome è tipico della cultura europea post-illuminista attribuire al Medioevo cristiano ogni turpitudine, è naturale intendere il “proclama” che ieri stava sulla prima pagina di Repubblica come un anatema contro il Medioevo per antonomasia, il nostro Medioevo.

E allora qui c’è da trasecolare. Quando mai nel Medioevo si sono lapidate le presunte donne adultere? Per scrupolo professionale ho voluto consultare un medievista a 24 carati come Franco Cardini che, ovviamente, ha negato che nel Medioevo i cristiani lapidassero le donne ritenute adultere.

Anzi. La celeberrima pagina del Vangelo in cui Gesù salva l’adultera dalla lapidazione, prevista dalla legge ebraica di quel tempo, ha segnato una svolta storica. La pietà e il perdono di Dio irrompono nel mondo e lo ricreano.

Gesù liberatore delle donne

Quella pagina è una pietra miliare perché rappresenta in modo drammatico tutta la novità portata da Gesù rispetto all’antica Legge. E’ una rivoluzione che lui dovrà pagare con la vita.

Gesù mostra al mondo la struggente tenerezza di Dio verso i peccatori, rivela il “Padre misericordioso” che corre incontro al figlio scialacquatore pentito e lo riempie di abbracci e onori.

Gesù pronuncia parole durissime proprio contro quelli che si ritengono “perbene”, contro chi pretende di non essere peccatore, di non aver bisogno di perdono e di aver diritto di lapidare gli altri.

Questi “maestri della legge” vengono da lui chiamati “ipocriti” e “sepolcri imbiancati”. Gesù tuona: “Serpenti, razza di vipere! Come potrete evitare i castighi dell’inferno?” (Matteo 23, 4 e sgg). Gesù dice loro provocatoriamente: “i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel Regno dei cieli” (Mt 21, 31).

Dopo Gesù il mondo non è più lo stesso. Finisce anche l’orrore della schiavitù femminile. Non si uccide più una donna per un suo presunto peccato. Era un orrore che accomunava tutte le civiltà antiche: nella Roma imperiale, patria del diritto, una donna poteva essere ammazzata dal marito o anche dal suocero perfino per motivi futili, come aver bevuto del vino.

Eva Cantarella, nel suo libro “Passato prossimo”, spiega che su una figlia il padre ha diritto di vita o di morte (Ponzio Aufidiano per esempio uccise la figlia innocente quando scoprì che era stata violentata).

E ovviamente il marito può uccidere la moglie in caso di adulterio di lei. Ma non viceversa. Catone diceva: “se sorprendi tua moglie mentre commette adulterio, puoi ucciderla impunemente; se lei sorprende te invece non può toccarti nemmeno con un dito”.

Era pratica sociale accettata la soppressione o l’abbandono delle figlie femmine o anche il cedere la propria moglie come Catone che dette Marzia all’amico Ortensio (anche Ottaviano si fece cedere Livia dal marito).

Con il cristianesimo inizia l’unica, vera e duratura rivoluzione per le donne. E’ con Gesù, letteralmente con la sua venuta, che la donna acquista una dignità che non aveva mai avuto e che, anche giuridicamente, è pari all’uomo. E la più alta fra le creature sarà la Madonna.

Ricordo che perfino Roberto Benigni, nelle sue letture della Commedia dantesca, commentando il XXXIII del Paradiso, che inizia con la celebre preghiera alla Vergine, diceva: “la donna ha cominciato ad avere la possibilità di dire ‘sì’ o ‘no’ da quando Dio stesso ha chiesto a Maria di Nazaret il suo libero sì o no”.

Il medioevo è la prima, grande fioritura della civiltà cristiana ed è finalmente l’epoca della storia in cui non si è più potuto lapidare la donna adultera, né considerare la donna un oggetto su cui esercitare diritto di vita o di morte.

Qualcuno obietterà: ma come, stiamo dandoci da fare per salvare una povera donna dalla barbara lapidazione e tu pianti una grana in difesa del Medioevo. Sì. Perché in definitiva la salvezza delle tante Sakineh sta solo nella novità portata dal cristianesimo. Come è stato per l’Europa.

E’ vero quindi l’esatto contrario di quanto proclamato dalla prima pagina di Repubblica. Proprio il Medioevo segna, nella storia mondiale, la fine di quell’orrore. La Ebadi avrebbe dovuto dire: purtroppo non siamo al Medioevo cristiano.

Ovviamente non è che il Medioevo sia stato pieno solo di santi: gli uomini continuavano a essere peccatori e barbari. Ma si era invertito il corso della storia che andava verso la sopraffazione e la violenza sistematica sui deboli, i vecchi, i malati, i bambini e le donne. Il Medioevo avrà avuto i suoi difetti, ma non lapidava le donne.

Umberto Eco, che è una firma autorevole di Repubblica ed è un appassionato di quell’epoca potrebbe spiegarlo in un attimo alla redazione di quel giornale. Perché è incredibile che il quotidiano più diffuso, un giornale importante come Repubblica cada in questo colossale errore.

Pregiudizi

Come può accadere? Mi dice Cardini: “perché sui media ci sono cose di cui si può parlare male impunemente: il Medioevo è una di queste. E lo si fa per parlar male del cristianesimo su cui tutti si sentono in diritto di sputare”.

C’è un meraviglioso libro della medievista francese Régine Pernoud, pubblicato da Bompiani, “Medioevo. Un secolare pregiudizio”, che demolisce proprio i tanti luoghi comuni calunniosi che dal Settecento sono stati ingiustamente diffusi sul Medioevo. Basati su falsità e ignoranza.

L’ignoranza, il preconcetto nutrito di luoghi comuni, la scarsa conoscenza della storia sono tutti ingredienti di quel, più ampio, planetario pregiudizio anticristiano, anzi “pregiudizio anticattolico”, che il sociologo Philip Jenkins, in un suo libro, ha definito “l’unico pregiudizio ammesso”.

In effetti l’epoca del “politically correct”, che ha messo al bando tutti i pregiudizi basati sull’appartenenza etnica, religiosa, sessuale o sociale, ammette solo quello contro la Chiesa cattolica.

Sulla Chiesa e sui cattolici di oggi e di ieri si possono impunemente sparare sentenze di condanna morale e culturale, immotivate e ingiuste.


di Antonio Socci, su “Libero” del 9 settembre 2010

Saturday, June 26, 2010

26 giugno, festa di san Josemaría Escrivá. Punto d’arrivo e nuovo inizio

Oggi, 26 giugno, è la festa liturgica di san Josemaría Escrivá, fondatore dell’Opus Dei.

Oggi, nulla accade per caso, mia moglie ed io completiamo un percorso iniziato con la devozione a san Giuseppe e Maria, approfondito col Motu proprio Summorum Pontificum di Benedetto XVI e sostenuto dagli insegnamenti spirituali del santo dell'ordinario.
Si apre un altro capitolo della nostra vita.

Monday, June 07, 2010

Per la Chiesa il celibato esiste da sempre

La vastità e la precisione della informazione di Sergio Romano, sui temi più vari, sono spesso ammirevoli, in ogni caso sempre meritevoli di lettura attenta. Tuttavia, come è logico, può capitare una svista, soprattutto nel campo intricato della storia ecclesiastica, dove inciampano anche studiosi cattolici. Così, nella risposta a un lettore sul Corriere del 2 giugno, Romano scrive che il celibato per i sacerdoti cattolici sarebbe “diventato obbligatorio, quanto meno in teoria, col Concilio del 1139”. In realtà, in quell’anno si tenne il secondo Concilio Lateranense, il quale stabilì che eventuali matrimoni contratti da sacerdoti o anche da laici consacrati con voto di castità, non erano solamente illeciti ma anche invalidi. Commenta il cardinal Alfons Stickler, storico di straordinaria erudizione, per una vita intera Bibliotecario e Archivista di Santa Romana Chiesa e autore di un’opera considerata definitiva: “Questa disposizione conciliare ha creato un convincimento ancor oggi diffuso: e, cioè, che il celibato ecclesiastico sarebbe stato introdotto soltanto allora. In realtà si è reso invalido ciò che da sempre era illecito. Dunque, questa sanzione è piuttosto una ennesima conferma di un obbligo esistente ab immemorabili”. Stickler, defunto da pochi anni, inizia le sole settanta, ma fittissime, pagine del suo libro, (Il celibato ecclesiastico. Storia e fondamenti, Libreria Editrice Vaticana) precisando: “Siamo abituati a parlare di celibato, cioè di rinuncia al matrimonio da parte dei candidati al sacerdozio. In realtà, bisognerebbe usare il termine più ampio di continenza”. La continenza, cioè, da osservare non solo rinunciando al matrimonio, ma anche non usando di esso se già sposati. In effetti, nella Chiesa antica, la maggioranza del clero era composta di uomini maturi -i viri probati- che, col consenso della moglie, accedevano agli Ordini Sacri lasciando la famiglia, alle cui necessità materiali provvedeva la comunità dei credenti.
Ebbene, capita spesso di leggere, anche in autori seri, che l’obbligo di questo abbandono della consorte, con l’impegno conseguente della continenza perfetta, sarebbe stato deciso solo verso il 300 al Concilio, o meglio sinodo, di Elvira, in Spagna .
Altri, come Romano (lo abbiamo visto) datano quell’obbligo addirittura al 1139.
Ebbene, nel canone 33 degli atti di Elvira si legge: “I Padri sinodali sono d’accordo sul divieto completo, per tutti i chierici impegnati nel servizio dell’altare, di astenersi dalle loro mogli e non generare figli. Chi ha fatto questo deve essere escluso dallo stato clericale”. Commenta Stickler: “Non si tratta, come si vede, di una disposizione nuova. E’, invece, la reazione contro l’inosservanza di un obbligo tradizionale ben noto e al quale si unisce ora anche la sanzione”.
Che ad Elvira si sia ribadita soltanto l’ininterrotta Tradizione e non imposta una novità di straordinario peso, lo dimostrano anche gli Atti di altre moltissime assemblee di vescovi. A esempio, il Concilio di Cartagine (anno 390), dove all’unanimità si ribadì l’obbligo del celibato o della continenza “per custodire” è scritto “ciò che hanno insegnato gli Apostoli e che tutto il passato ha sempre conservato”. Alle decisioni conciliari è possibile aggiungere la testimonianza dei maggiori Padri della Chiesa, da Ambrogio a Girolamo, da Agostino a Gregorio Magno: tutti ribadiscono che la castità per i sacerdoti risale ai tempi apostolici, dunque agli inizi stessi del cristianesimo.
Ma, per passare ora alle Chiese orientali, soprattutto greco-slave, citiamo ancora il cardinal Stickler: “Di fronte a un atteggiamento ritenuto più liberale da parte di queste comunità, si è mosso il rimprovero alla Chiesa cattolica di essere divenuta troppo severa nella sua disciplina celibataria”. In effetti, tra gli ortodossi solo i vescovi debbono preservare la verginità se, come avviene assai spesso, vengono dai monasteri o debbono vivere la continenza assoluta se erano già sposati. I preti “semplici”, i pope parrocchiali, possono usare del matrimonio, purché sia il primo e l’unico e sia stato contratto prima dell’ordinazione. Ma in realtà, sino alla fine del VII secolo non fu affatto così e nella Chiesa indivisa valsero sia a Oriente che ad Occidente le stesse regole restrittive sul sesso, nella convinzione unanime che derivassero dalla Tradizione apostolica. Il Concilio di Nicea, tra l’altro, nel 325 ribadì il divieto per tutti i chierici di tenere in casa donne che non fossero madri e sorelle ed è un falso la protesta isolata di un vescovo egiziano. Ma l’obbligo del celibato o della continenza esigeva un’autorità che esercitasse un controllo costante e rigoroso, cosa che all’Oriente spesso mancava. Di fronte, poi, al dilagare degli abusi, gli imperatori di Bisanzio, che si erano arrogata autorità nelle questioni ecclesiali, scelsero la via meno faticosa per il potere politico, tollerando e difendendo quegli abusi. Stickler: “Mentre almeno per i vescovi si riuscì a mantenere l’antica tradizione restrittiva, l’abuso sempre più invalso del matrimonio tra il clero inferiore venne giudicato non più arrestabile”. Ci si arrese alla situazione di fatto nel secondo Concilio Trullano, convocato nel 691, non a caso nel palazzo imperiale di Costantinopoli. La Chiesa, impotente davanti al Basileus, scelse il male minore. Ma ancor oggi, in Oriente, non mancano autorevoli uomini di Chiesa che vorrebbero tornare indietro, alla situazione dei primi sette secoli e che la Catholica romana è riuscita a preservare. Tra l’altro, è infondata la convinzione che l’abolizione del celibato aumenterebbe i candidati al sacerdozio: il matrimonio non ha impedito l’inarrestabile crisi numerica di pope ortodossi, pastori protestanti, rabbini ebraici. Né una moglie anche per i preti cattolici contrasterebbe gli abusi sessuali sui minori: in America (ma la situazione è analoga in Europa) oltre l’ottanta per cento dei casi denunciati riguarda casi di omosessualità. Non si vede a che potrebbe servire una sposa a un pederasta, seppur consacrato.

Vittorio Messori, sul Corriere della Sera del 6 giugno 2010

Monday, May 31, 2010

I sacerdoti che non fanno notizia e dispiacciono al New York Times

Il missionario salesiano uruguayano Martín Lasarte ha inviato al New York Times, senza ottenere risposta, una lettera che è stata pubblicata dall’agenzia Zenit nel maggio 2010. Il New York Times, come è noto, è stato capofila nell’accusare il clero cattolico di pedofilia. Riporto qualche stralcio: «E’ curioso constatare (…) il disinteresse per migliaia e migliaia di sacerdoti che si consumano per milioni di bambini, per gli adolescenti e i più sfortunati nei quattro angoli del mondo (…). Penso che al vostro mezzo informativo non interessi il fatto che io abbia dovuto trasportare su percorsi minati nel 2002 molti bambini denutriti da Cangumbe a Lwena (Angola), perché il governo non si rendeva disponibile e le Ong non erano autorizzate; che abbia dovuto seppellire decine di piccole vittime tra gli sfollati della guerra e i ritornati; che abbiamo salvato la vita a migliaia di persone a Moxico con l’unico posto medico in 90mila kmq, o che abbia distribuito alimenti e sementi; o che in questi 10 anni abbiamo dato un’opportunità di istruzione e scuole a più di 110mila bambini (…). Non interessa che con altri sacerdoti abbiamo dovuto far fronte alla crisi umanitaria di circa 15mila persone negli alloggi della guerriglia, dopo la loro resa, perché gli alimenti del governo e dell’Onu non arrivavano (…). Non fa notizia che un sacerdote di 75 anni, p. Roberto, di notte percorra le vie di Luanda curando i bambini di strada, portandoli in una casa di accoglienza perché si disintossichino dalla benzina, che alfabetizzi centinaia di detenuti; che altri sacerdoti, come p. Stefano, abbiano case in cui i bambini picchiati, maltrattati e violentati cercano un rifugio, e nemmeno che fr. Maiato, con i suoi 80 anni, vada casa per casa per confortare i malati e i disperati (…). Non fa notizia che più di 60mila dei 400mila sacerdoti e religiosi abbiano abbandonato la propria terra e la propria famiglia per servire i fratelli in lebbrosari, ospedali, campi di rifugiati, orfanotrofi per bambini accusati di stregoneria o orfani di genitori morti di Aids, in scuole per i più poveri, in centri di formazione professionale, in centri di assistenza ai sieropositivi (…) e soprattutto in parrocchie e missioni, motivando la gente a vivere e amare (…). Non fa notizia che il mio amico p. Marcos Aurelio, per salvare alcuni giovani durante la guerra in Angola, li abbia portati da Kalulo a Dondo e tornando alla sua missione sia stato ucciso a colpi di mitragliatrice; che fr. Francisco e cinque catechiste siano morti in un incidente mentre andavano ad aiutare nelle zone rurali più sperdute; che decine di missionari in Angola siano morti per mancanza di assistenza sanitaria, per una semplice malaria; che altri siano saltati in aria a causa di una mina, mentre facevano visita alla loro gente. Nel cimitero di Kalulo ci sono le tombe dei primi sacerdoti che giunsero nella regione (…). Nessuno aveva più di 40 anni (…). La verità è che non cerchiamo di fare notizia, ma semplicemente di portare la Buona Novella, quella notizia iniziata senza rumore la notte di Pasqua. Fa più rumore un albero che cade che un bosco che cresce».

Postato su Antidoti

Friday, May 28, 2010

Immagini sacre

Su di un muro della camera da letto di casa mia campeggia un quadretto raffigurante Cristo che prega nell’Orto degli ulivi. Quell’immagine è ciò che mia moglie ed io vediamo appena apriamo gli occhi la mattina.
Poche settimane fa, ho colto un suggerimento di san Josemaría: ho appeso un crocifisso nel mio ufficio, di fronte alla scrivania. Posso vederlo appena alzo lo sguardo dalle carte, quando parlo con i colleghi, quando sono al telefono. In altre parole, Cristo è adesso “visibile” anche sul posto di lavoro.
Tutto questo per dire che la pratica cattolica di raffigurare Nostro Signore, Maria e i santi, oltre ad avere - ovviamente - un fondamento biblico, ha una grande importanza pratica: le immagini sacre aiutano a volgere continuamente il pensiero a Dio… anche e soprattutto nei luoghi in cui un cristiano svolge gran parte della sua vita ordinaria.

Friday, May 21, 2010

Joseph Nicolosi e omosessualità indesiderata. La posta in gioco

Dal sito IL TIMONE riporto questa nota di Marco Invernizzi, diffusa il 17-05-2010.
Il 21 e il 22 maggio Joseph Nicolosi sarà in Italia per un convegno promosso da diverse associazioni. La presenza nel nostro Paese del medico americano che da decenni pratica con successo la “terapia riparativa” nei confronti di uomini che sentono pulsioni omosessuali indesiderate sta suscitando reazioni profondamente negative. I suoi interventi e i suoi libri (tradotti in italiano da Sugarco), tuttavia, hanno suscitato tante speranze e risolto tante situazioni esistenziali.

La “terapia riparativa” pone tre problemi diversi eppure collegati. Cercherò di affrontarli in modo comprensibile a tutti, utilizzando un linguaggio il più semplice possibile.

1.
Il primo problema riguarda l’esistenza di una natura umana sessuata. Gli uomini nascono maschi o femmine e il loro orientamento sessuale è naturalmente orientato verso l’altro sesso? E coloro che provano un orientamento sessuale verso il proprio sesso devono questa condizione a traumi o a problemi legati all’educazione familiare, che possono essere affrontati e risolti appunto da una terapia riparativa, come spiega proprio Nicolosi facendo riferimento ai tanti casi affrontati nel corso della sua professione?
È fuori di dubbio che esista oggi nel mondo occidentale un violento attacco ideologico contro l’ultima differenza, quella fra il maschio e la femmina, in nome del rifiuto dell’esistenza di una natura data, che l’uomo trova e deve rispettare se vuole sviluppare la propria umanità. Ed è anche indubbio che chiunque si opponga e denunci questo attacco, venga accusato di omofobia, cioè di essere nemico della libertà di scegliere qualsiasi cosa per sé e per il proprio orientamento sessuale. Accade così una cosa singolare: tutti devono avere il diritto di proporre qualsiasi orientamento sessuale come normale (gay, lesbiche, bisessuali o transessuali) perché desiderato da qualcuno, ma questo diritto viene rifiutato a chi invece sostiene che esiste una natura sessuata, cioè che si nasce maschi o femmine. Avviene, in pratica, che viene contestato il diritto di proporre l’esistenza di una verità sulla persona, scritta nel cuore dell’uomo da chi lo ha creato, e riscontrabile nella natura. Senza Dio tutto è possibile, scriveva Fëdor Michajlovič Dostoevskij, e di questo passo si chiederà di mettere fuori legge il Magistero della Chiesa che sul punto ha espresso idee precise.

2.
Il secondo problema riguarda appunto la libertà. Coloro che provano pulsioni omosessuali indesiderate hanno il diritto di chiedere di essere aiutati a recuperare una eterosessualità che desiderano, senza essere costretti a diventare gay, lesbiche, bisessuali o transessuali, cioè senza diventare militanti di una causa che non vogliono servire? Non è che l’astio, la violenza con cui questo diritto viene osteggiato nell’ambiente degli psicologi e dei psicoterapeuti, e anche dei medici in generale, sia l’espressione di un rifiuto ideologico dell’esistenza di una realtà, la natura sessuata della persona, che non vogliono accettare e accogliere?

3.
Di conseguenza esiste un problema terapeutico, cioè di diritto a una terapia richiesta. Perché coloro che provano desideri omosessuali devono poter essere aiutati a esternare questa loro condizione (coming out, si chiama) e non possono essere aiutati a superare una condizione che non desiderano?
Si pone così un grave problema di libertà, da parte del singolo che richiede la terapia riparativa e da parte dello psicoterapeuta che intende esercitarla. Per quale motivo Nicolosi e chi come lui intende continuare sulla strada della terapia riparativa diventa oggetto di odio e di contestazione senza confronto?
Io credo che il convegno con Nicolosi del 21 e 22 maggio possa essere l’occasione per affrontare e superare dubbi, incertezze e fraintendimenti a proposito della terapia ripartiva. Purché le proposte di Nicolosi vengano ascoltate e accolte senza pregiudizi ideologici.


Dal sito della casa editrice Sugarco riporto, infine, la scheda relativa all’ultimo libro di Joseph Nicolosi, “IDENTITÀ DI GENERE, Manuale di orientamento”, pp. 368 - Euro 25,00.
Il testo si propone principalmente come un manuale rivolto a coloro che intendono affrontare un lavoro psicologico relativo alle ferite dell’identità sessuale. Nei vari capitoli troviamo, esposti in modo discorsivo e accessibile, i riferimenti clinici, scientifici e psicologici degli studi più recenti sull’omosessualità. Joseph Nicolosi, psichiatra e psicoterapeuta cofondatore della NARTH (Associazione nazionale per la ricerca e la terapia dell’omosessualità) con sedi in tutto il mondo, è il principale ideatore della cosiddetta « terapia riparativa ». Da decenni il suo istituto studia i disturbi dell’identità sessuale. L’esperienza clinica che Nicolosi mette a disposizione del lettore è che il terapeuta può accogliere una domanda di trasformazione che procede da un lavoro di consapevolezza e dal desiderio di poter decidere liberamente in merito alle scelte della propria sessualità e della propria identità. In queste pagine l’autore ripercorre i meccanismi psicologici, le dinamiche e le tappe evolutive che influiscono nella costruzione soggettiva dell’identità di genere. Questo suo lavoro, distante dalle polemiche e dalle prese di posizione precostituite, si propone anche di informare, documentare e fare il punto intorno ai vissuti relativi alla storia familiare, e alle sue dinamiche, implicate in quei soggetti che provano un orientamento sessuale o affettivo verso il proprio sesso. Si tratta di un percorso scientifico che accompagna il lettore nell’esplorare quel lato spesso trascurato che viene tralasciato a favore della polemica, talvolta dai toni forti, intorno all’omosessualità, al diritto degli omosessuali, al riconoscimento delle coppie gay.

Joseph Nicolosi, direttore scientifico della Clinica Psicologica Tommaso d’Aquino e cofondatore e già presidente della NARTH, membro dell’Associazione Psicologica Americana, conferenziere di fama mondiale, è autore di vari libri — fra i quali Omosessualità maschile: un nuovo approccio e Omosessualità. Una guida per i genitori, entrambi editi da Sugarco — e di numerosi articoli scientifici. Esercita a Encino, California.

Wednesday, May 19, 2010

La Chiesa copre i pedofili?

Ritaglio parte di un articolo di Giuliano Guzzo, intitolato “Pedofilia: analisi di una perversione”, pubblicato il 27 aprile scorso sul sito Libertà e Persona. Si veda qui per la versione integrale.
[…] Una tesi che sposata oggi anche da molte persone istruite e pertanto vaccinate - almeno in teoria - dalla tentazione del pregiudizio, è che la Chiesa Cattolica sarebbe un’istituzione abituata a coprire i casi di pedofilia al proprio interno arrivando, in taluni casi, a minacciare le vittime dei crimini, di rimanere in silenzio. Il modo migliore per verificare l’attendibilità di queste accuse - infamanti quanto, quasi sempre, generiche - è andare a valutare, nel concreto, le azioni intraprese al riguardo dal clero. Ebbene, anche se a qualcuno la cosa potrà non piacere, e anche se è impossibile escludere che negli anni si possa essere verificato - per volontà di qualche singolo e sprovveduto vescovo e non certo del Vaticano! – qualche caso di “insabbiamento” ci sono infiniti esempi che dimostrano come la Chiesa non solo non copra i pedofili, ma sia in prima linea nella battaglia contro i loro crimini. Ci limitiamo, per non abusare della pazienza del lettore, a citarne cinque:
- già nel lontano 1992, il cardinale arcivescovo di Chicago, Joseph Bernardin, a capo della seconda diocesi americana, istituì un’apposita linea verde per consentire alle vittime dei preti pedofili di denunciarli [33];
- l’arcivescovo americano William Keeler nel 2002 ha pubblicò direttamente sul sito dell’arcivescovado di Baltimora (www.archbalt.org) la lista dei 56 religiosi accusati di molestie ai minori dagli anni ’50 in poi [34];
- il reverendo Lawrence C. Murphy fu accusato di aver abusato di decine di bambini. I magistrati archiviarono le denunce a suo carico mentre la Chiesa, anche se si trattò di indagare crimini accaduti decenni prima, lo inquisì - respingendo anche una richiesta di prescrizione, avanzata dello stesso reverendo - fino all’ultimo dei suoi giorni; [35]
- don Marco Dessì, è un missionario condannato per pedofilia, ha detto Marco Scarpati, l’avvocato delle sue vittime nonché Presidente di Ecpat-Italia – associazione internazionale che si batte per porre fine alle prostituzione minorile, alla pedopornografia e alla tratta di minori-, “grazie alla grande collaborazione della Chiesa, che ha svolto un ruolo importantissimo nella ricerca della verità” [36]
- Don Fortunato Di Noto, con la sua Associazione Meter, da anni segnala alle autorità siti pedopornografici e persone sospettate di pedofilia, senza distinguere tra laici e religiosi, ed ha pubblicato anche testi sull’argomento [37].
Merita di essere inoltre sottolineata l’opera del Santo Padre, autore di quella che persino un intellettuale anticlericale come Gian Enrico Rusconi ha definito “una svolta importante” [38] contro la pedofilia. Lo ha ammesso persino Alberto Melloni, intellettuale progressista che giusto pochi giorni prima che il New York Times lanciasse le sue accuse infamanti, ha riconosciuto al Papa tre importanti ed innovative decisioni su come affrontare la questione-pedofilia:
1) “affrontare la questione a Roma, al massimo grado di responsabilità”;
2) “fornire ai tribunali una collaborazione piena”;
3) “prendere atto che un vescovo che non sa affrontare queste situazioni non può fare il vescovo” [39].
Urge annotare che anche l’Associazione antipedofilia La Caramella buona ha riconosciuto che, a differenza delle calunnie che qualcuno si ostina a far circolare sulla Chiesa, questa “sta dimostrando coraggio” nella lotta contro i pedofili [40].

Mostri in libertà & abusi impuniti
L’indignazione che solitamente i mass media orchestrano accuratamente per segnalare gli abusi da parte dei preti pedofili, – senza mai distinguere, urge rammentarlo, tra quelli denunciati, quelli processati e quelli infine condannati - di fatto finisce, per un curioso paradosso, per occultare dietro un assordante silenzio altri casi di pedofilia e abusi sessuali di gravità inaudita. Pensiamo, per stare all’Italia, ai 52 dipendenti pubblici che, tra il 2002 ed il 2007, sono stati condannati per reati sessuali. Attenzione: 18 di questi, dopo la condanna, non sono neppure stati licenziati [41] . Oppure pensiamo al caso del macellaio veneto che, processato per aver fatto sesso con una tredicenne, s’è visto riconoscere dal giudice le attenuanti perché “il sentimento era vero” [42]. Ancor più grave, se possibile, è stata la vicenda del pedofilo siciliano scarcerato dopo aver violentato tre ragazzine, che è tornato a stuprare, abusando di una bambina di quattro anni [43]. Nel suo “I predatori di bambini”, lo scrittore Massimiliano Frassi racconta l’allucinante storia di Oliver Serano-Alve, conosciuto all’Interpol come Oliver Shanti o solamente come Schulz; costui, energumeno alto 1 metro e 86 per 150 kg di peso, è accusato di aver abusato di almeno 116 bambini, cinque dei quali ridotti in fin di vita, con danni irreversibili, ha inciso diversi cd musicali tutt’ora acquistabili per i quali, riferisce Frassi, nonostante sia latitante dal 2002 “riceve regolarmente i diritti d’autore” [44] Decisamente allucinante è anche il caso riportato dal giornalista Stefano Livadiotti, penna particolarmente appuntita dell’Espresso – che certo non è un settimanale affetto dai pre-giudizi verso la magistratura – il quale, in un suo recente libro, racconta la storia di un magistrato che, sorpreso a far sesso con un ragazzino nel bagno di un cinema, è stato assolto dai colleghi da ogni accusa con la giustificazione che, due anni prima, aveva riportato una ferita alla testa la quale “ha reso inerte la” sua “volontà di inibire quelle spinte pulsionali su cui il soggetto non riusciva più ad esprimere un giudizio di valore” [45] La copertura o comunque il colpevole ri-dimensionamento degli abusi sessuali sembra toccare persino la venerata ONU: da quando, nel 2003, il Palazzo di vetro ha riconosciuto il problema degli abusi sessuali e delle violenze commesse dai Caschi blu, nulla o troppo poco è stato fatto per punire, scovare e processare i colpevoli. Un fatto che assume toni di accresciuta gravità se si pensa che i soldati dell’ONU, secondo alcune fonti, avrebbero commesso gravi abusi in numerosissimi stati: Sri Lanka, Marocco, India, Costa d’Avorio, Congo, Bosnia, Kosovo, Cambogia. [46] . La lunga lista degli abusi nascosti tocca anche insospettabili istituti laici che furono guidati, guarda caso, da persone che oggi puntano il dito contro le presunte coperture di pedofili da parte del Santo Padre. Ci riferiamo in particolare alla Odenwaldschule, prestigiosissimo istituto laico considerato la Eton teutonica. Ebbene, Antje Vollmer, esponente di spicco dei Verdi ai tempi della coalizione di governo con il cancelliere Gerhard Schröder, nel 2002 ricevette un dettagliato rapporto sugli orrori che avvenivano alla Odenwaldschule e, nonostante la gravità della accuse, non fece nulla [47] Persino gli stimati e affidabili boyscout hanno coperto degli abusi sessuali: lo ha stabilito un tribunale dell’Oregon che ha condannato l’organizzazione dei Boy Scout a pagare la cifra record di 18,5 milioni di dollari per aver agito in maniera negligente non proteggendo dei “piccoli esploratori” da alcuni pedofili [48]. Che la cultura contemporanea, al di là delle generiche accuse al clero, si interessi poco del problema della pedofilia è dimostrato anche dalla scarsa indignazione pubblica di fronte alle pubbliche rivendicazioni dei pedofili: dal 21 Dicembre 1998, tutti i pedofili a livello Internazionale celebrano il “Boy love day International”, la Giornata Mondiale dell'Orgoglio Pedofilo, ma – stranamente - non si è mai organizzata alcuna trasmissione televisiva per approfondire cosa abbia portato dei pervertiti ad associarsi pubblicamente fino ad indire un appuntamento annuale. E pensare che a Manhattan, New york, si dice che esista la North American May-Boy Love Association (Numbla), il cui scopo è di aiutare gli uomini ad individuare vittime di loro gusto [49]. Secondo quanto riportato da Kaplan nel suo volume “Perversioni femminili” in Gran Bretagna un gruppo di pedofili avrebbe fondato il Pedophile Information Exchange, di cui hanno fatto parte un ex ambasciatore britannico, membri dello staff amministrativo di Buckingham Palace, il figlio di un vicario e altri membri di primo piano della società [50] Che dire poi del regista Roman Polanski, arrestato in Svizzera il 26 settembre 2009 per aver avuto, anni fa, rapporti sessuali con una tredicenne? Molti intellettuali, anche italiani, si sono espressi per la sua innocenza: come mai tanto garantismo scompare quando c’è di mezzo un sacerdote? Mistero. Anche perché è stato già dimostrato da sociologi non cattolici e quindi non sospettabili di tendenziosità che la percentuale di pedofili nel clero è esattamente la stessa di altri ambienti sociali [51].
[…]

[33] Corriere della Sera, 24/9/1992, p. 13;[34] Corriere della Sera, 27/9/2002; [35] per approfondire la storia del reverendo Murphy si legga AA. VV. Indagine della pedofilia nella Chiesa, Fede & Cultura, Verona 2010; [36] ANSA, 24 maggio 2007, 15:21; [37] Si consiglia la lettura di F. DI NOTO, La pedofilia – mille volti di un olocausto silenzioso, Paoline, Milano 2002; [38] La Stampa, 13/4/2010, p. 33; [39] A. MELLONI, “Pedofilia Il Papa e le tre decisioni con le quali ha voltato pagina”, Corriere della Sera, 17/2/2010, p.38; [40] Il Giornale, 13/4/2010; [41] Cfr. R. ORMANNI, Condannati per pedofilia? Tutti al lavoro, Panorama 21/6/07, pp. 58 – 59; [42] S. ZURLO, Ha fatto sesso con una tredicenne. Per il giudice è amore: pena ridotta, Il Giornale 6/2/2008, p. 19; [43] Corriere della Sera, 18/2/08, p.25; [44] M. FRASSI, I predatori di bambini, il libro nero della pedofilia, Macro Edizioni, Diegaro di Cesena 2007, p. 103; [45] Cfr. S. LIVADIOTTI, “Magistrati.L’ultracasta” Bompiani, Milano 2009; [46] Cfr. G. MEOTTI, One dollar baby per Caschi Blu degeneri, Il Foglio, 25 marzo 2010; [47] Cfr. S. MAZZOLINI, Così i verdi insabbiarono gli abusi nella scuola per vip, Il Giornale 8/4/2010, p. 13: [48] Cfr. Pedofilia, Boy Scout condannati a pagare 18 milioni, Il Giornale 25/4/2010, p. 14; [49] Cfr A. OLIVERIO FERRARSI, B. GRAZIOSI, Pedofilia, p. 41; [50] Ibidem; [51] P. JENKINS, Pedophiles and Priest: Anatomy of a Contemporary Crisis, Oxford University Press, 1996.

Tuesday, May 18, 2010

Indagine sulla pedofilia nella Chiesa

Intervista a Lorenzo Bertocchi, studioso di storia del cristianesimo
di Antonio Gaspari

ROMA, lunedì, 17 maggio 2010 (ZENIT.org).- Quanti casi di pedofilia si sono registrati all’interno della Chiesa cattolica? E quanti sono quelli verificatisi nella società? Chi promuove una cultura della pedofilia? E come ha fatto questa cultura a contaminare anche parti della Chiesa cattolica?
Per rispondere a queste come ad altre domande su un tema così delicato e spinoso Francesco Agnoli, Massimo Introvigne, Giuliano Guzzo, Luca Volonté e Lorenzo Bertocchi hanno appena pubblicato il saggio “Indagine sulla pedofilia nella Chiesa” (edizioni Fede & Cultura)
Per approfondire il tema in questione, ZENIT ha intervistato uno degli autori, Lorenzo Bertocchi, studioso di storia del cristianesimo, collaboratore del blog Libertà e Persona.

Quanti sono i casi di pedofilia nella Chiesa?
Bertocchi: Se anche vi fosse un solo caso è ovvio che sarebbe già troppo e all’interno della Chiesa chi ha dimostrato di aver idee ben chiare a tal proposito è proprio Benedetto XVI. Ciò premesso credo sia utile capire le dimensioni del fenomeno e nella prima parte del libro (“Indagine sulla pedofilia nella Chiesa” – Ed. Fede e Cultura) Massimo Introvigne ci aiuta a inquadrare il problema. Negli Stati Uniti ad esempio, secondo autorevoli indagini accademiche, dal 1950 al 2002 i sacerdoti accusati di effettiva pedofilia risultano 958 su oltre 109.000 preti, ma le condanne si riducono drasticamente fino ad un numero di poco inferiore a 100.
Padre Lombardi, in una sua dichiarazione del 10 marzo scorso, citava il caso dell’Austria dove, in uno stesso arco temporale, le accuse accertate e riconducibili alla Chiesa ammontano a 17, mentre per altri ambienti si sale a 510. Questi numeri possono dire molto o nulla, tuttavia mostrano senz’altro una tendenza che permette di sgonfiare l’ipotesi che per la Chiesa Cattolica vorrebbe fare “di tutta l’erba un fascio”.
Meriterebbe poi un discorso a parte il tema delle false accuse, come ad esempio i casi di don Giorgio Covoni, di due suore bergamasche, di padre Kinsella e suor Nora Wall in Irlanda, tutti accusati di abusi e poi assolti. Questi fatti sono importanti perché testimoniano le dinamiche non sempre chiare in cui prende corpo l’accusa.

E nella società?
Bertocchi: Leggendo i dati sembra che la piaga pedofilia sia veramente diffusa e impressionante. In un rapporto dell’OMS - Global Estimates of Health Consequences due to Violence Against Children (Ginevra, Organizzazione Mondiale della Sanità, 2006) - si indica ad esempio che per il 2002 nel mondo si potevano stimare circa 150 milioni di bambine e 73 milioni di bambini minorenni costretti in diverse forme di abuso nell’ambito sessuale.
Un rapporto ONU, presentato all’Assemblea generale il 21 luglio 2009, focalizza, invece, l’attenzione sulla situazione nel web: su scala mondiale il numero di siti on-line di natura pedo-pornografica cresce a ritmi vertiginosi, ad esempio se nel 2001 erano 261.653, nel 2004 se ne recensivano ben 480.000, tendenza che viene confermata anche consultando i report annuali dell’Associazione Meter di don Di Noto.
Questo dato relativo ad Internet mi sembra paradigmatico visto il ruolo ormai assunto dal web nella nostra vita sociale. Prende così consistenza l’idea che il tipo di campagna mediatica condotta per far passare la Chiesa Cattolica come luogo per eccellenza della pedofilia contenga una buona dose di pregiudizio.

Quale cultura promuove la pedofilia?
Bertocchi: Al centro del problema c’è quella “cultura del sesso” che, specialmente a partire dal cosiddetto ’68, ha promosso una vera e propria rivoluzione tesa ad “abolire i tabù”. La diffusione della pornografia, che in qualche modo rappresenta la bandiera di questa rivoluzione, è sotto gli occhi di tutti. La mentalità dominante oggi è quella che giustifica la pratica di unioni sessuali di ogni tipo, frutto di un pensiero che trova le sue radici in De Sade, Freud, Fromm, Reich, Marcuse, ecc., quelli che potremmo definire profeti dell’esaltazione dell’orgasmo.
Nel nostro libro è Francesco Agnoli che porta diversi esempi di come ancora oggi questa cultura sia viva e rappresentativo è il caso del partito olandese pro-pedofili da poco sciolto per carenza di firme e non per divieto legale. In radice la rivoluzione sessuale di quegli anni si poneva l’obiettivo di attaccare ogni tipo di autorità, a partire da quella di Dio e questo purtroppo ha lasciato un segno anche all’interno della Chiesa.

Come, quando e perchè la cultura favorevole alla pedofilia è penetrata nei seminari e nella Chiesa?
Bertocchi: L’indicazione la può fornire proprio la lettera che Benedetto XVI ha scritto ai cattolici d’Irlanda dove, oltre ad affrontare il problema di casi di pedofilia nel clero irlandese, il Santo Padre ricerca anche le radici del fenomeno. Nel suo argomentare egli fa riferimento anche al fatto che “il programma di rinnovamento proposto dal Concilio Vaticano II fu a volte frainteso”. Sicuramente c’è un richiamo a quel periodo degli anni ’60/’70 del secolo scorso in cui la cosiddetta “apertura al mondo” ha condotto la Chiesa ad un indebolimento della fede e ad una progressiva secolarizzazione.
L’attacco sociale condotto al principio di autorità, famoso lo slogan “vietato vietare”, si è insinuato nella Chiesa e così nei seminari dove una certa interpretazione ha finito per confondere la disciplina con il dialogo; il risultato è stato una maglia più larga nella selezione dei candidati al sacerdozio.
Il Card. Caffarra a tal proposito ha precisato: “che la Chiesa si dia dei criteri per discernere chi ammettere e chi non ammettere al sacerdozio è un diritto che nessuno può ragionevolmente negarle” (“La Verità chiede di essere rivelata” – Rizzoli 2009). Oggi più che mai questo diritto va esercitato. Chi pensasse però che il problema è il celibato dei preti dovrebbe quantomeno spiegare come mai nel clero protestante, che può sposarsi, vi siano casi di abusi sessuali non inferiori a quelli del clero cattolico.

Perché la pedofilia organizzata e praticata con il turismo sessuale non fa rumore e non si riesce a fermare?
Bertocchi: Una indagine dell’ECPAT ha rilevato che nel mondo circa 80 milioni di turisti all’anno si muovano in cerca di un’offerta sessuale. Secondo Intervita – Onlus italiana – sarebbero 10 milioni i minori coinvolti in questo mercato planetario che muove un giro d’affari stimato in 12 miliardi di dollari.
L’indagine dell’Università di Parma realizzata per ECPAT indica l’identikit del “turista tipo” che non è certo un mostro: nel 90% dei casi ha tra i 20 e i 40 anni, di cultura medio alta, buon livello di reddito, molto spesso è sposato. Le vittime, invece, hanno un’età compresa fra gli 11 e i 15 anni nel caso delle bambine e 13 – 18 per i maschi.
Questo tipo di “turismo” in molti paesi è considerato un reato, ma ciononostante si tratta di un’industria molto florida e proprio per il fatto di essere “un’industria” rende difficile fermare il fenomeno. Però c’è anche un motivo più radicale che va indagato in quella “cultura del sesso” di cui parlavo poco fa, vi sono espressioni politiche che sono portabandiera di tematiche nate in quella “cultura” e che si muovono come una vera e propria lobby.

Qual è il confine tra realtà e falso moralismo?
Bertocchi: Gran parte delle nostre società post-moderne ormai accetta o giustifica la distruzione di embrioni in quanto non li considera esseri umani, commercia in ovuli e spermatozoi come fossero biscotti, teorizza la mascolinità e la femminilità come semplici etichette culturali, diffonde la pornografia come una forma di divertimento e vorrebbe fare della morte assistita una scelta nobile.
Per una sorta di perversione della verità oggi ci troviamo di fronte ad una confusione etica di proporzioni tali che la realtà si perde nel soggettivismo. Così appunto vediamo che la condanna del comportamento immorale dei religiosi proviene dallo stesso ambiente culturale che è pronto ad accettare ogni arbitrio del singolo. Le ragioni sono di tipo ideologico, ma anche di tipo economico come dimostrano quegli studi legali americani che hanno guadagnato miliardi di dollari grazie all’uso spregiudicato dell’accusa di pedofilia.

Come valutare la linea di tolleranza zero adottata dal Pontefice Benedetto XVI?
Bertocchi: La determinazione del Santo Padre a voler fare chiarezza mi pare esemplare, indica una via di trasparenza che non solo è valida per la Chiesa, ma lo dovrebbe essere per tutti i settori della società che hanno avuto o hanno a che fare con questo triste fenomeno.
Nelle meditazioni per la Via Crucis del 2005 l’allora Card. Ratzinger mostrava chiaramente la necessità di “far pulizia” dentro la Chiesa, volontà però non giustizialista, ma desiderio di vera giustizia per far risplendere ancora di più la Sposa di Cristo “una, santa, cattolica e apostolica”.
Questo “stile” lo si può riscontrare in tutto il magistero di Benedetto XVI, la sua ricetta di purificazione si muove a 360°: l’ermeneutica della continuità, l’allargamento della razionalità, l’esempio del Curato d’Ars per l’Anno sacerdotale, l’attenzione alla liturgia, la tolleranza zero contro lo scandalo pedofilia, ecc. Il problema semmai è quello di leggere il suo insegnamento prendendo solo ciò che è più vicino alle proprie idee, omettendo di considerarlo integralmente.

In che modo la Chiesa cattolica potrà superare lo sgomento e la sfiducia così largamente diffusi tra la gente?
Bertocchi: Tutti i cattolici sono chiamati a ritornare ai fondamenti della fede per essere autentici testimoni del Signore Risorto o, come dice Luca Volontè, “chiara deve essere la coscienza della compagnia di Cristo” che ci accompagna quotidianamente. Nel suo recente viaggio apostolico a Fatima il Santo Padre ha affermato che la Chiesa soffre per cause “interne”.
Certamente faceva riferimento alle ferite provocate dai casi di abusi sessuali, ma credo anche alla necessità di una chiarezza dottrinale essenziale per un ritorno ai fondamenti. Oggi purtroppo questa chiarezza non è scontata e anche questo confonde la gente.
Mi trovo d’accordo quindi con le conclusioni che indica Agnoli nel saggio: preghiera, recupero del senso del soprannaturale, efficace esercizio del governo della Chiesa e, aggiungo, un profondo recupero del senso del peccato. “Il vero nemico da temere e da combattere è il peccato, il male spirituale, che a volte, purtroppo, contagia anche i membri della Chiesa” ha detto Benedetto XVI dopo il Regina Caeli del 16 maggio.
Disgraziatamente in molta catechesi il tema “peccato” è sempre meno di moda, travolto da tanta psicologia e tanta sociologia. Riconoscersi peccatori però è la via per accogliere la Misericordia di Dio. Carità nella Verità, non c’è altro modo per donare speranza agli uomini del nostro tempo.

Monday, May 17, 2010

Dagli al cattolico!!!

«Come si sa, un metodo rapido e infallibile per apparire illuminati progressisti politicamente molto corretti nonché aperti, lungimiranti, antidogmatici e amabilmente tolleranti è quello di sparare sul cristianesimo, sulla Chiesa cattolica e sul Papa. Il successo è assicurato. In una cultura come la nostra, nella quale, per dire, se ti permetti di formulare un giudizio anche vagamente critico verso l’islam ti ritrovi automaticamente iscritto nel club dei reietti, parlar male del cristiano e del cattolico non solo è possibile, ma vivamente consigliato. La patente di libero pensatore è garantita. E poco importa che dal punto di vista storico ciò che tu dici sia insostenibile, condito di falsità e leggende. Nella società dell’immagine non c’è tempo per la storia, e approfondire è attività considerata poco compatibile con l’apparire. Ciò che conta è come tu ti presenti. E se vuoi essere à la page devi attrezzarti: prova a buttare là una battuta contro Benedetto XVI, fai un accenno ai preti che insidiano i bambini, ricorda che la Chiesa è sempre stata un’istituzione retrograda, innalza un inno alla liberazione sessuale. Vedrai, non te ne pentirai».

Aldo Maria Valli, su «Il Foglio» del 7 maggio 2010 (brano riportato da Rino Cammilleri nel suo sito Antidoti)

Sunday, May 16, 2010

Piazza S. Pietro, Regina coeli con e per Benedetto XVI

In queste settimane, risuonano più che mai le parole pronunciate dal Santo Padre dal balcone di San Pietro il giorno della sua elezione: «Pregate per me, perché io non fugga, per paura, davanti ai lupi».
Sappiamo, Santo Padre, lo ha dimostrato tante volte, che lei non fugge. Lo Spirito Santo la sostiene e la conforta.
Le sue parole valgono anche e soprattutto per noi laici e per i sacerdoti: dobbiamo tutti pregare perché non venga mai meno la nostra fede e perché non retrocediamo di fronte a chi ha in odio Cristo e la sua Chiesa.
Siamo con lei, Santo Padre. Affidiamo la sua missione e la sua persona alla Sacra Famiglia.
Con affetto filiale

Friday, May 14, 2010

Perché il Papa smentisce Bertone (e Messori)

E’ incredibile che i giornali abbiano “bucato” le due clamorose notizie che arrivano dal Portogallo. Una (drammatica) è implicita nelle parole del Papa: la profezia sul papa ucciso e il macello di cardinali e vescovi riguarda non il passato, ma il nostro futuro prossimo (ne parlerò dopo).

Invece un’altra sta nero su bianco ed è questa: il “quarto segreto” (cioè una parte finora non pubblicata del Terzo Segreto) esiste e le parole del Papa sullo scandalo della pedofilia ne sono la prova.

Il Papa è impegnato a fare una grande operazione-verità anche su Fatima, a costo di smentire la versione dei segretari di stato vaticani. Ecco il confronto fra le loro parole e quelle del pontefice.

L’allora Segretario di stato cardinal Sodano, il 13 maggio 2000, nell’annunciare solennemente al mondo la pubblicazione del terzo segreto, spiegando che coincideva con l’attentato al papa del 1981 e le persecuzioni del Novecento, disse: “Le vicende a cui fa riferimento la terza parte del ‘segreto’ di Fatima sembrano ormai appartenere al passato”.

Il successore, Bertone, ha eliminato anche il prudenziale “sembrano” e, per ribadire che il segreto riguardava l’attentato al papa del 1981 e si era già tutto realizzato, ha scritto testualmente (a pagina 79 di un suo volume): “L’accanimento mediatico è quello di non volersi capacitare che la profezia non è aperta sul futuro, si è realizzata nel passato, nell’evento indicato (l’attentato al papa, nda). Non ci si vuole arrendere all’evidenza”.

Ora invece papa Benedetto XVI ci spiega l’esatto opposto, che cioè il terzo segreto riguarda eventi successivi all’attentato del 1981, come l’attuale scandalo della pedofilia e anche eventi che stanno tuttora nel nostro futuro.

Ratzinger ha infatti dichiarato:

“Oltre questa grande visione della sofferenza del Papa, che possiamo in prima istanza riferire a Papa Giovanni Paolo II, sono indicate realtà del futuro della Chiesa che man mano si sviluppano e si mostrano … e quindi sono sofferenze della Chiesa che si annunciano… Quanto alle novità che possiamo oggi scoprire in questo messaggio, vi è anche il fatto che non solo da fuori vengono attacchi al Papa e alla Chiesa, ma le sofferenze della Chiesa vengono proprio dall’interno della Chiesa, dal peccato che esiste nella Chiesa”.

L’attentato del 1981 non c’è nelle parole di Benedetto XVI e quindi non è indicato come “la” realizzazione del terzo segreto.

Si parla solo della “sofferenza di Giovanni Paolo II” che viene unita a quelle degli altri papi (di cui parla la seconda parte del Segreto). Benedetto XVI colloca il compimento del Terzo segreto negli anni successivi all’attentato del 1981 e nel nostro stesso futuro: “sono realtà del futuro che man mano si sviluppano e si mostrano” ha dichiarato “sofferenze della Chiesa che si annunciano”.

Come chiunque può vedere è il contrario di quanto proclamato da Sodano e, più dogmaticamente, da Bertone (“la profezia non è aperta sul futuro, si è realizzata nel passato, nell’evento indicato”).

Del resto era stata la stessa suor Lucia a smentire che la profezia fosse consegnata al passato e si fosse realizzata con l’attentato del 1981. Lo ha scritto in una lettera fondamentale del 12 maggio 1982.

Dopo aver mostrato che si era già realizzata la prima parte della profezia, relativa alla rivoluzione comunista, alla seconda guerra mondiale e alle persecuzioni alla Chiesa, suor Lucia, parlando della terza parte del segreto, scriveva testualmente:

“se non constatiamo ancora la consumazione completa del finale di questa profezia, vediamo che vi siamo incamminati a poco a poco a larghi passi”.

Quindi, in questa fondamentale lettera che fu resa nota dallo stesso Vaticano, suor Lucia, un anno dopo l’attentato di Alì Agca del 1981, non solo non dice che tale attentato è la realizzazione del terzo segreto (non lo ha mai detto né qui, né altrove), ma neanche lo cita, neanche vi accenna vagamente. Anzi spiega “apertis verbis” che il terzo segreto deve ancora realizzarsi. E lo scriveva nel 1982 !

Ci sarebbe da aggiungere che proprio su questa lettera della veggente, Bertone – a quel tempo monsignore – ha inspiegabilmente “cancellato” una frase esplosiva, che contraddiceva la sua versione, senza mai dare alcuna spiegazione.

Ma è sola una delle tante anomalie di questa storia cinquantennale che purtroppo è piena di bugie, di reticenze, di forzature e di omissioni (come ho mostrato nel mio libro).

Ma torniamo ad oggi. Il Papa dunque ha riaperto il dossier in modo così preciso e plateale che tutti coloro che in questi anni erano corsi a omaggiare la versione della Curia si sono trovati nel panico di fronte alle sue dichiarazioni che collocano lo scandalo della pedofilia nel terzo segreto.

Ecco padre Stefano De Fiores che, interpellato dal tg2 delle 20.30 dell’11 maggio, in evidente imbarazzo, balbetta: “a dire la verità in maniera esplicita non lo troviamo…”.

E bravo De Fiores! In effetti nel “terzo segreto” degli ecclesiastici no. Ma in quello completo della Madonna, a cui si riferisce il Papa, sì. Bisogna capirlo padre De Fiores. Aveva scritto un saggetto apologetico del cardinal Bertone giurando che non era mai esistita una parte non pubblicata del “terzo segreto” e ora si trova il Papa in persona che lo smentisce.

Vittorio Messori, un altro intellettuale cattolico che era corso a omaggiare la curiale segreteria di stato, ieri sul Corriere della sera esprimeva l’imbarazzo di trovarsi smentito dal Papa: “Adesso nella schiera vasta dei ‘fatimisti’ ci sarà fermento per mostrare che papa Benedetto XVI si è tradito…”.

In realtà papa Benedetto non ha mai identificato il Terzo Segreto con l’attentato del 1981. Inoltre – da cardinale – sottolineò che non ci sono “definizioni ufficiali, né interpretazioni obbligatorie” del Terzo segreto.

A differenza degli ecclesiastici di Curia, che hanno trasformato in dogma le proprie idee (e fandonie) Ratzinger spiegò che quelle del 2000 erano ipotesi di interpretazione. Mere ipotesi (oggi da superare).

In terzo luogo – con l’umiltà che lo caratterizza – già nel 2000, poco dopo lo svelamento del Segreto, rispondendo a una lettera rispettosa, ma critica del vescovo Pavel Hnilica sul suo commento teologico, Ratzinger non aveva esitato ad affermare che non voleva affatto “attribuire esclusivamente al passato i contenuti del segreto, in maniera semplicistica”.

In realtà Benedetto XVI, come per lo scandalo pedofilia, vuol farci capire che non bisogna mai aver paura della verità, anche quando è dolorosa o imbarazzante.

Perché non si serve Dio con la menzogna. Quando si pretende di mentire per Dio in realtà lo si fa per se stessi: Dio non ha bisogno delle nostre menzogne per difendere e costruire la sua Chiesa. Meglio fare mea culpa, perché Dio è più grande e più potente di tutti i nostri peccati.

Certo, questo atteggiamento non è compreso in Curia. Né dai “ratzingeriani” e giustamente, con affetto, Giuliano Ferrara ha scritto che sulla questione pedofilia, “detto con molta autoironia, per noi foglianti il Papa è un poco fuori linea”.

E’ vero. Perché il Papa sa più di noi e ritiene questo scandalo solo la punta dell’iceberg “terrificante” del peccato nella Chiesa (pensiamo ai verminai da lui denunciati nella Via crucis del 2005) e pensa al grande peccato dell’apostasia nella Chiesa.

E se tutto questo è “la città mezza in rovina” piena di cadaveri, descritta nella visione del Terzo segreto e se il papa ucciso non può essere il papa ferito del 1981, significa che la grande persecuzione del mondo e il grande martirio del Papa e della Chiesa è cosa del prossimo futuro.

Il Papa forse non può dirlo esplicitamente, ma cerca di preparare la sua Chiesa a questa immane prova (“le sofferenze della Chiesa che si annunciano”) affidando tutto nelle mani della Madonna di Fatima. Sono ore straordinarie. Ma i giornali non se ne sono accorti.

Antonio Socci, su Libero del 13 maggio 2010



P.S. A proposito di Bertone e Messori….

Tre anni fa Bruno Vespa realizzò un’intera puntata di “Porta a porta” per lanciare il libro del cardinal Bertone contro di me (ovviamente senza darmi la parola). Titolo della puntata: “Il quarto segreto non esiste” (era un esplicito riferimento polemico al mio libro “Il quarto segreto di Fatima”).

Ieri sera è andata in onda un’altra confusa puntata di “Porta a porta” sulle nuove dichiarazioni del Papa a Fatima e – con mio gran divertimento – pur parlando dello stesso tema, nessuno più ha osato dire “il quarto segreto non esiste”.

Anzi, Vittorio Messori, che tre anni fa era corso ad accreditare la versione di Bertone, senza fare una piega, ha dichiarato l’opposto di quello che finora aveva affermato.

Ha detto cioè che Benedetto XVI non vede il compimento del Terzo segreto nell’attentato del 1981 e non lo ritiene concluso nel passato, ma lo vede proiettato nel futuro, considerando anche un fatto nuovo, come lo scandalo-pedofilia, parte del Segreto (ed è chiaro che il Papa non può esserselo inventato: deve pur averlo ricavato dal testo completo del Segreto…).

Dopo tutto questo Messori non ha minimamente riconosciuto di essersi sbagliato finora, né ha tratto le conseguenze di quello che lui stesso ha dichiarato. Così come il disinvolto Bertone.

Ora, a me pare che non si possa dire tutto e il suo contrario. O ha ragione Bertone (e la profezia si è realizzata con l’attentato del 1981 e si è conclusa nel passato) o ha ragione Benedetto XVI e allora il testo del Segreto è più ampio, la profezia è ancora aperta e il martirio di un Papa e della Chiesa stanno nel nostro futuro.

Non si può far finta che le due opposte versioni possano coesistere. Per rispetto della logica. Sarebbe auspicabile che prevalesse l’amore alla verità e un leale riconoscimento dei propri errori… L’invito del Papa al pentimento, all’esame autocritico e alla penitenza dovrebbe essere preso sul serio.

Che la S.S. Madre di Dio protegga il Papa e tutti noi!

Dunque il “quarto” segreto c’era …

L’avevo detto! Quanto ho scritto su Fatima e lo scandalo pedofilia ieri ha ricevuto la conferma più autorevole che si possa immaginare: quella del Papa in persona.
Il 2 aprile scorso – venerdì santo, nel pieno della tempesta – sulla prima pagina di questo giornale firmai un articolo che aveva questo titolo: “Il calvario del Papa predetto a Fatima”.
E la settimana scorsa sul sito di “Panorama” una mia intervista con gli stessi argomenti è uscita così titolata: “Scandalo pedofilia nella Chiesa: ‘Fatima aveva previsto tutto’ ”.
Alcuni sciocchi mi hanno preso per visionario. Ma, ieri, papa Benedetto XVI, sull’aereo che lo stava portando a Fatima, ha fatto dichiarazioni che sul sito del Corriere della sera sono uscite con questo titolo: “Pedofilia nel terzo segreto di Fatima. Le parole del Papa in volo per Lisbona”. Anche sul sito di Repubblica: “Fatima lo aveva previsto”.
Una conferma clamorosa. Ora però si apre un altro capitolo. Perché le dichiarazioni del Papa riportano d’attualità tutto il dossier relativo al “terzo segreto”, scombussolando la cosiddetta “versione ufficiale” data nel 2000 che mai è stata ritenuta “ufficiale” né da Ratzinger né da papa Wojtyla, ma che è stata trasformata in dogma da improvvisati pasticcioni e da mass media superficiali.
In che senso dico che rimette in discussione quella versione? Perché l’idea che è stata fatta passare è quella secondo cui il terzo segreto di Fatima prediceva l’attentato a Giovanni Paolo II del 1981 e le persecuzioni del XX secolo cosicché – si è detto e ripetuto – tutta la profezia si sarebbe ormai realizzata e conclusa nel XX secolo.
Ho già dettagliatamente spiegato nel libro “Il quarto segreto di Fatima” (Rizzoli) che questa versione delle cose non convince oltretutto perché il Papa della visione cadeva a terra morto, mentre papa Wojtyla, grazie al cielo, non morì. Inoltre perché, nella visione, il martirio della Chiesa seguiva quello del Papa, non lo precedeva.
Per quel libro ho dovuto subire molti colpi bassi. Ora però è lo stesso Benedetto XVI che viene a dirci qualcosa di sorprendente, che riapre la discussione nella direzione che ho provato a indagare e che i documenti suggeriscono. Vediamo perché.
La domanda a cui il Papa ha scelto di rispondere (ne erano state fatte diverse e questa è stata scelta) diceva: “Santità, quale significato hanno oggi per noi le apparizioni di Fatima? Quando lei presentò il testo del Terzo segreto, nella sala stampa vaticana, nel giugno 2000, le fu chiesto se il messaggio poteva essere esteso, al di là dell’attentato a Giovanni Paolo II, anche alle altre sofferenze dei papi. È possibile secondo lei, inquadrare anche in quella visione le sofferenze della Chiesa di oggi per i peccati degli abusi sessuali sui minori?”.
Ecco la risposta di ieri di Benedetto XVI:
“Solo nel corso della storia possiamo vedere tutta la profondità, che era, diciamo, era vestita in questa visione possibile alle persone concrete. Oltre questa grande visione della sofferenza del Papa, che possiamo in sostanza riferire a Giovanni Paolo II, sono indicate realtà del futuro della Chiesa che man mano si sviluppano e si mostrano. Cioè è vero che oltre il momento indicato nella visione, si parla, si vede la necessità di una passione della Chiesa, che naturalmente si riflette nella persona del Papa, ma il Papa sta nella Chiesa e quindi sono sofferenze della Chiesa che si annunciano (…).
Quanto alle novità che possiamo oggi scoprire in questo messaggio, è anche che non solo da fuori vengono attacchi al Papa e alla Chiesa, ma le sofferenze della Chiesa vengono proprio dall’interno della Chiesa, dal peccato che esiste nella Chiesa (…). Oggi lo vediamo in modo realmente terrificante: che la più grande persecuzione della Chiesa non viene dai nemici fuori, ma nasce dal peccato nella Chiesa”.
Abbiamo sintetizzato la risposta del Papa. Ma ce n’è a sufficienza per riflettere a lungo. Intanto pare evidente che per Benedetto XVI il Segreto di Fatima non è una profezia già conclusa con l’attentato del 1981 a Wojtyla, ma è tuttora in corso.
Infatti, dice esplicitamente Benedetto XVI, nella visione “sono indicate realtà del futuro della Chiesa che man mano si sviluppano e si mostrano”.
Fra le “novità” che scopriamo oggi (il Papa dice proprio “novità”) c’è quella sconvolgente per cui le sofferenze della Chiesa, “la più grande persecuzione della Chiesa non viene dai nemici fuori, ma nasce dal peccato nella Chiesa” e “oggi lo vediamo in modo realmente terrificante”.
Questo contraddice l’interpretazione che tanti dettero nel 2000, che invece parlava solo delle persecuzioni che vengono da fuori. Ma è molto più aderente alla visione dei tre pastorelli, soprattutto alla prima parte così descritta da suor Lucia: “il Santo Padre, prima di arrivarvi (alla croce e al martirio, nda), attraversò una grande città mezza in rovina e mezzo tremulo con passo vacillante, afflitto di dolore e di pena, pregava per le anime dei cadaveri che incontrava nel suo cammino”.
Era evidentemente un errore colossale interpretare la “città mezza in rovina” e i “cadaveri” come simbolo delle persecuzioni, perché i martiri non avrebbero avuto bisogno di preghiere e perché il martirio della Chiesa, nella visione, segue quello del Papa: la città mezza in rovina e i cadaveri per le cui anime il Papa pregava soffrendo descrivevano piuttosto la situazione della Chiesa definita “terrificante” da papa Ratzinger, cioè la Chiesa oppressa dal peccato e dall’apostasia dei suoi membri. La Chiesa di oggi.
Tutto questo porta inevitabilmente a ritenere però che il martirio, del Papa (che sarà veramente ammazzato) e della Chiesa, sia da collocarsi nel futuro, che debba ancora realizzarsi.
E porta ancora una volta a ritenere che le sconvolgenti parole della Via Crucis del 25 marzo 2005, quelle sulla “sporcizia nella Chiesa”, sui sacrilegi e sulla barca che sta per affondare, parole scritte e volute da Joseph Ratzinger e Karol Wojtyla, fossero in realtà la rivelazione (sia pure non dichiarata) della parte del “terzo segreto” che nel 2000 non fu svelata, la parte cioè contenente le parole della Madonna stessa, a commento della visione.
Su questa parte gravava un giudizio negativo di Giovanni XXIII (che sospettava fossero parole di Lucia e non della Madonna), giudizio confermato da Paolo VI.
Evidentemente Giovanni Paolo II e il cardinale Ratzinger – che intendevano esaudire la richiesta della Madonna di rendere pubblico il messaggio, ma non volevano smentire pubblicamente i predecessori (pur constatando l’autenticità anche della seconda parte) – decisero di far conoscere attraverso quella Via Crucis al popolo cristiano tutto il messaggio della Madonna.
E’ assai significativo che questo pellegrinaggio a Fatima di Benedetto XVI avvenga oggi. Non si recò al santuario nel 2007, per l’anniversario delle apparizioni, quando sarebbe stato più ovvio.
Ma ci si reca oggi, a ridosso della tempesta scandalistica sulla pedofilia nella Chiesa e lo fa con tre intenzioni assai significative: pregare per la Chiesa, per i sacerdoti e per la pace nel mondo. Tre temi che tutti portano al terzo segreto.
Ora forse certe forze della Curia cercheranno di evitare che queste dichiarazioni, così esplicite, del Papa vengano comprese nella loro portata e magari da lui replicate.
Ma lo scandalo pedofilia ha fatto chiaramente emergere la grande lezione del Papa: non avere paura della verità. Mai. Neanche quando è una verità dolorosa e perfino se è una verità vergognosa per la Chiesa (non a caso il suo motto episcopale è: “Cooperatores Veritatis”).
Ieri il Papa ha concluso così: “la Chiesa ha quindi ha profondo bisogno di ri-imparare la penitenza, accettare la purificazione, imparare il perdono, la conversione, la preghiera. Sempre il male attacca, dall’interno e dall’esterno, ma sempre anche le forze del bene sono presenti e finalmente il Signore è più forte del male e la Madonna per noi è la garanzia. La bontà di Dio è sempre l’ultima parola della storia”.

Antonio Socci, su Libero del 12 maggio 2010