Sul Foglio di oggi compare un articolo, scritto da due femministe, sulla questione della pillola abortiva. Riporto solo la parte finale, relativa alle responsabilità degli uomini, grandi assenti nella solitudine e nel dolore delle donne che abortiscono.
Ingoiare la pillola?
di Alessandra Di Pietro e Paola Tavella
(…) vogliamo però ricordare che gli aborti vanno messi in conto agli uomini come alle donne – che tra l’altro vengono ferite sul loro corpo – perché in questa vicenda altro non sono che convitati di pietra. Ne conosciamo infatti proprio pochi che hanno scongiurato aborti. Che hanno detto a donne messe incinte per caso, che non amavano, di cui non volevano farsi carico: porta avanti questa gravidanza, cara, sono al tuo fianco, farò da padre. Conosciamo invece molte che hanno abortito per non dispiacere gli uomini, per non disturbarli, perché erano sposati con un’altra, erano troppo giovani, studiavano ancora, non avevano una lira. Conosciamo madri che non hanno abortito nonostante l’abbandono dei loro compagni, e tirano su da sé magnifici bambini. Nelle sale d’attesa dei consultori – dove di solito gli uomini non mettono piede – abbiamo conosciuto donne che venivano da altri paesi e non avevano gli strumenti per fare questa scelta o questa riflessione, abortivano e basta. I mariti nemmeno lo sapevano, era un affare di donne, e dicendolo, magari, si sarebbero prese anche un ceffone.
Si facciano dibattiti e trasmissioni televisive sull’aborto fra uomini, ma uomini che vanno a letto con le donne, non preti. Nel parlare non si basino, questi uomini, solo su convincimenti morali o ideologici, ma anche sui loro sentimenti verso i figli rifiutati, perduti e non avuti. Siamo sicure che quasi tutti
hanno questa esperienza. E’ vero infatti che una politica pubblica non si fa solo sulla base dell’esperienza, ma ugualmente ci sembrano insinceri e non credibili coloro che parlano, e pretendono la nostra attenzione, dal pulpito delle loro rimozioni.
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