Sul Foglio di oggi compare un articolo, scritto da due femministe, sulla questione della pillola abortiva. Riporto solo la parte finale, relativa alle responsabilità degli uomini, grandi assenti nella solitudine e nel dolore delle donne che abortiscono.
Ingoiare la pillola?
di Alessandra Di Pietro e Paola Tavella
(…) vogliamo però ricordare che gli aborti vanno messi in conto agli uomini come alle donne – che tra l’altro vengono ferite sul loro corpo – perché in questa vicenda altro non sono che convitati di pietra. Ne conosciamo infatti proprio pochi che hanno scongiurato aborti. Che hanno detto a donne messe incinte per caso, che non amavano, di cui non volevano farsi carico: porta avanti questa gravidanza, cara, sono al tuo fianco, farò da padre. Conosciamo invece molte che hanno abortito per non dispiacere gli uomini, per non disturbarli, perché erano sposati con un’altra, erano troppo giovani, studiavano ancora, non avevano una lira. Conosciamo madri che non hanno abortito nonostante l’abbandono dei loro compagni, e tirano su da sé magnifici bambini. Nelle sale d’attesa dei consultori – dove di solito gli uomini non mettono piede – abbiamo conosciuto donne che venivano da altri paesi e non avevano gli strumenti per fare questa scelta o questa riflessione, abortivano e basta. I mariti nemmeno lo sapevano, era un affare di donne, e dicendolo, magari, si sarebbero prese anche un ceffone.
Si facciano dibattiti e trasmissioni televisive sull’aborto fra uomini, ma uomini che vanno a letto con le donne, non preti. Nel parlare non si basino, questi uomini, solo su convincimenti morali o ideologici, ma anche sui loro sentimenti verso i figli rifiutati, perduti e non avuti. Siamo sicure che quasi tutti
hanno questa esperienza. E’ vero infatti che una politica pubblica non si fa solo sulla base dell’esperienza, ma ugualmente ci sembrano insinceri e non credibili coloro che parlano, e pretendono la nostra attenzione, dal pulpito delle loro rimozioni.
Friday, September 30, 2005
Wednesday, September 28, 2005
Legge salva-Prodi, ossia siamo tutti Italiani
Nell’ambito della polemica tra Fabrizio Cicchitto, vice coordinatore di Forza Italia, e Romano Prodi, Libero ha pubblicato oggi i passaggi-chiave sulla vicenda Iri-Cirio del libro “Corruzione ad alta velocità”, edito da Koiné nel 1999 e scritto da Ferdinando Imposimato, Sandro Provvisionato e Giuseppe Pisauro. Detto per inciso, Giuseppe Imposimato è stato “giudice antiterrorismo e poi parlamentare della sinistra indipendente”.
In estrema sintesi, i fatti sono questi. Romano Prodi venne accusato nel 1996 di abuso d’ufficio nella vendita di Cirio – Bertolli – De Rica alla Fisvi. All’epoca dei fatti contestatigli, Prodi era presidente dell’Iri, mentre nel ’96 era divenuto Presidente del Consiglio. Il nostro riuscì ad evitare il processo grazie ad una legge ad personam del 16 luglio 1997, voluta dalla maggioranza dell’Ulivo e dall'opposizione. Rimando al blog di Fausto Carioti e al suo post per la lettura dei brani del libro in questione.
Faccio due considerazioni. La prima da elettore di destra. Ecco chi sono Prodi e i signori della sinistra, spalleggiati dai soliti giornali e pronti ad attaccare Berlusconi dopo l’assoluzione per la vicenda All Iberian!
La seconda. Da comune cittadino. La legge salva-Prodi mi ha ricordato quello che disse alcuni anni fa un mio professore di storia parlando della politica nel nostro paese: “Ricordatevelo e non fatevi ingannare, siamo tutti Italiani!”. Non mi piace il cinismo, soprattutto quando riguarda il mio Paese, ma la realtà della nostra politica, di destra o di sinistra che sia, va accettata per quello che è.
Tuesday, September 27, 2005
Ciampi e Oriana Fallaci: un'occasione perduta
Che messaggio sarebbe stato lanciato all’opinione pubblica se il presidente Ciampi avesse deciso di nominare senatrice a vita la signora Oriana Fallaci, la scrittrice-giornalista italiana più nota nel mondo! Oltre che un dovuto riconoscimento per i servizi da lei resi al Paese, questa decisione avrebbe significato che la difesa della nostra identità culturale è superiore a qualunque divisione ideologica e di partito. Agire in questo modo richiedeva però una buona dose di coraggio da parte di Ciampi, dote di cui fa difetto tanto il mondo istituzionale che quello politico italiano. Alla luce di quest’ennesima opportunità mancata, l’incontro di poche settimane fa tra Benedetto XVI e Oriana Fallaci assume un significato morale anche maggiore.
Monday, September 26, 2005
Ruini, Pacs e i doveri che non vogliamo
Si sa, dal matrimonio derivano diritti e doveri giuridici in capo ad entrambi i coniugi. Ma cos’è che induce molti a respingere l’idea del matrimonio? Non occorre grande acume per capire che a creare disagio è la parola “doveri”, la quale si coniuga solidalmente – questa volta sì – con la parola “responsabilità”. Doveri e responsabilità sono cose che oggi puzzano di vecchio. Non sorprendono quindi le pressioni per il riconoscimento giuridico delle unioni di fatto. Di che si tratta? Non è altro che un modo per sancire giuridicamente l’ennesima fuga da ... ogni responsabilità verso se stessi, il convivente e i figli.
Riporto il commento di un lettore, pubblicato sul Corriere della Sera di oggi a pag. 27, relativamente all’intervento di Ruini sui Pacs.
«Sul Corriere del 23 settembre un lettore paragona l’intervento del cardinale Ruini sui Pacs alle ingerenze degli imam nei Paesi musulmani. Io credo che in un Paese democratico e laico (non laicista) tutti abbiano il diritto di parola tanto più il presidente dei vescovi italiani che rappresenta la religione maggioritaria del nostro Paese. A me sembra che a certi imam assomiglino molto di più alcuni integralisti laici convinti di possedere l’unica verità.
Per quanto riguarda i Pacs non è necessario l’intervento di Ruini per capire che se a una coppia di conviventi vengono concessi tutti i diritti (o quasi) delle coppie sposate e con pochi doveri, non vale più la pena di sposarsi. Ma in questo modo si incoraggiano unioni molto più fragili (senza l’impegno alla fedeltà) e a rimetterci saranno ancora una volta i figli e di riflesso la società intera.»
Quanti oggi vogliono far parte del mondo degli adulti? Quante sono oggi le coppie che non vogliono assolutamente saperne di avere dei figli? Il solo pensiero fa venire i brividi a molti. Non basta vedersi limitare nella propria libertà dalle esigenze del convivente? Si deve pure prendere cura di una creatura che dipenderà totalmente da noi? Un figlio non lo si può scaricare, come si fa con un convivente di cui ci siamo stancati!
Diciamocela tutta. Lasciamo agli extracomunitari il compito di far figli. Loro sono brutti, sporchi e cattivi; noi invece siamo belli e meritiamo la felicità di una vita senza impegni. Poveri noi!
Riporto il commento di un lettore, pubblicato sul Corriere della Sera di oggi a pag. 27, relativamente all’intervento di Ruini sui Pacs.
«Sul Corriere del 23 settembre un lettore paragona l’intervento del cardinale Ruini sui Pacs alle ingerenze degli imam nei Paesi musulmani. Io credo che in un Paese democratico e laico (non laicista) tutti abbiano il diritto di parola tanto più il presidente dei vescovi italiani che rappresenta la religione maggioritaria del nostro Paese. A me sembra che a certi imam assomiglino molto di più alcuni integralisti laici convinti di possedere l’unica verità.
Per quanto riguarda i Pacs non è necessario l’intervento di Ruini per capire che se a una coppia di conviventi vengono concessi tutti i diritti (o quasi) delle coppie sposate e con pochi doveri, non vale più la pena di sposarsi. Ma in questo modo si incoraggiano unioni molto più fragili (senza l’impegno alla fedeltà) e a rimetterci saranno ancora una volta i figli e di riflesso la società intera.»
Quanti oggi vogliono far parte del mondo degli adulti? Quante sono oggi le coppie che non vogliono assolutamente saperne di avere dei figli? Il solo pensiero fa venire i brividi a molti. Non basta vedersi limitare nella propria libertà dalle esigenze del convivente? Si deve pure prendere cura di una creatura che dipenderà totalmente da noi? Un figlio non lo si può scaricare, come si fa con un convivente di cui ci siamo stancati!
Diciamocela tutta. Lasciamo agli extracomunitari il compito di far figli. Loro sono brutti, sporchi e cattivi; noi invece siamo belli e meritiamo la felicità di una vita senza impegni. Poveri noi!
Friday, September 23, 2005
Libero e il fegato marcio dei 'sinistrati'
L’unico quotidiano italiano che aumenta progressivamente le vendite è Libero, diretto da Vittorio Feltri. Infatti, nei suoi primi cinque anni di vita, il quotidiano è passato dalle iniziali 20 mila copie giornaliere vendute alle attuali 70-80mila, con una punta massima di 100mila - raggiunta lo scorso agosto in occasione della pubblicazione dell’ultima intervista a Oriana Fallaci da parte della televisione polacca. Va detto che si sentiva la mancanza in Italia di una voce che, nei limiti di un'informazione seria e corretta, contrastasse in modo deciso la faziosità e l'appiattimento a sinistra dei maggiori quotidiani di informazione (vedi la Repubblica, il Corriere della sera e La Stampa, questi ultimi due con le nuove direzioni, rispettivamente, di Paolo Mieli e Giulio Anselmi).
Come è noto, Libero si schiera nell’area della destra liberale. Non è mia intenzione soffermarmi in questo post sui problemi che incontra oggi la destra liberale nel nostro paese. Intendo invece sottolineare un aspetto molto banale del 'caso Libero', ma comunque divertente per i suoi lettori.
Dei pochissimi quotidiani non omologati del nostro panorama giornalistico - Libero, Il Giornale e Il Foglio - è sempre più evidente che solo il primo suscita critiche accanite e risentite da parte di numerosi sostenitori della sinistra. Il livore è talmente esasperato da portare molti, anche nei blog, a pronunciare una valanga di insulti di vario genere al giornale, ma soprattutto al suo direttore.
«Sono una studentessa di Scienze della Comunicazione di Bologna, dove non solo Libero è stato definito dal mio professore di giornalismo come "un non giornale" e quindi da non leggere, ma anche in città, nelle edicole, è difficile da trovare e, se ciò accade, spesso, comprandolo devi subire il sarcasmo dei venditori. Gli altri studenti leggono "il Manifesto" o "L'Unità". Se qualcuno facesse la stessa cosa col vostro giornale, probabilmente rischierebbe il linciaggio, sicuramente risulterebbe inviso ai professori. La cosa più grave è che si tratta dei giornalisti di domani, che insieme a quelli di oggi, denunziano la dittatura berlusconiana. Dove si trova la tanto decantata anima progressista e democratica della sinistra? Chi sono i veri conservatori, razzisti, dittatori?»
Ovviamente, gli attacchi al giornale non derivano solo dal fatto che, pur senza lesinare critiche, Libero sostiene Berlusconi e la coalizione governativa di centrodestra. Il motivo risiede nello stile fortemente provocatorio, schietto e pungente degli editoriali di Feltri, nonché il fatto che lui e gli altri giornalisti di Libero hanno l’'antipatica abitudine' di rispondere colpo su colpo e con grande ironia alle baggianate che comunisti, no-global, filo-castristi, anti-americani, filo-palestinesi, amici dei terroristi islamici e finti-pacifisti vanno propinando nelle più varie sedi. Proprio in quanto Libero - quasi allo stesso livello di Berlusconi - ha la prerogativa dell'ostilità di questa fauna variegata, è evidente che la formula, le analisi, le inchieste e le denuncie del giornale (vedi Campo Imperialista e fondi per il terrorismo iracheno) colgano pienamente nel segno. Detto in modo più chiaro, Libero produce nei sinistrati un trasavo di bile perché raramente è stato riservato loro un trattamento così 'personalizzato'.
La soddisfazione per il direttore, la redazione e i lettori, così come l'odio dei sinistrati, non può che aumentare di fronte ai dati sulla diffusione del giornale che, ripeto, sono in crescita costante e progressiva.
Come è noto, Libero si schiera nell’area della destra liberale. Non è mia intenzione soffermarmi in questo post sui problemi che incontra oggi la destra liberale nel nostro paese. Intendo invece sottolineare un aspetto molto banale del 'caso Libero', ma comunque divertente per i suoi lettori.
Dei pochissimi quotidiani non omologati del nostro panorama giornalistico - Libero, Il Giornale e Il Foglio - è sempre più evidente che solo il primo suscita critiche accanite e risentite da parte di numerosi sostenitori della sinistra. Il livore è talmente esasperato da portare molti, anche nei blog, a pronunciare una valanga di insulti di vario genere al giornale, ma soprattutto al suo direttore.
Riporto di seguito l'esperienza di una lettrice. Costituisce un campione dell'ostilità che il giornale è capace di attirare su di sé e della pochezza dei suoi detrattori.
«Sono una studentessa di Scienze della Comunicazione di Bologna, dove non solo Libero è stato definito dal mio professore di giornalismo come "un non giornale" e quindi da non leggere, ma anche in città, nelle edicole, è difficile da trovare e, se ciò accade, spesso, comprandolo devi subire il sarcasmo dei venditori. Gli altri studenti leggono "il Manifesto" o "L'Unità". Se qualcuno facesse la stessa cosa col vostro giornale, probabilmente rischierebbe il linciaggio, sicuramente risulterebbe inviso ai professori. La cosa più grave è che si tratta dei giornalisti di domani, che insieme a quelli di oggi, denunziano la dittatura berlusconiana. Dove si trova la tanto decantata anima progressista e democratica della sinistra? Chi sono i veri conservatori, razzisti, dittatori?»
Ovviamente, gli attacchi al giornale non derivano solo dal fatto che, pur senza lesinare critiche, Libero sostiene Berlusconi e la coalizione governativa di centrodestra. Il motivo risiede nello stile fortemente provocatorio, schietto e pungente degli editoriali di Feltri, nonché il fatto che lui e gli altri giornalisti di Libero hanno l’'antipatica abitudine' di rispondere colpo su colpo e con grande ironia alle baggianate che comunisti, no-global, filo-castristi, anti-americani, filo-palestinesi, amici dei terroristi islamici e finti-pacifisti vanno propinando nelle più varie sedi. Proprio in quanto Libero - quasi allo stesso livello di Berlusconi - ha la prerogativa dell'ostilità di questa fauna variegata, è evidente che la formula, le analisi, le inchieste e le denuncie del giornale (vedi Campo Imperialista e fondi per il terrorismo iracheno) colgano pienamente nel segno. Detto in modo più chiaro, Libero produce nei sinistrati un trasavo di bile perché raramente è stato riservato loro un trattamento così 'personalizzato'.
La soddisfazione per il direttore, la redazione e i lettori, così come l'odio dei sinistrati, non può che aumentare di fronte ai dati sulla diffusione del giornale che, ripeto, sono in crescita costante e progressiva.
Wednesday, September 21, 2005
I genitori musulmani temono il relativismo
Un lettore de Il Foglio commenta così la protesta dei genitori musulmani alla chiusura della scuola araba di Via Quaranta, decisa dal Comune di Milano per ragioni igienico-sanitarie: «Pazzesco! Questi musulmani di via Quaranta non vogliono proprio mollare su Dio, famiglia e madrelingua. Ma dove credono di essere, nel Padrino parte II?» Il lettore ha ragione, è proprio uno schifo! E' possibile mai che qualcuno, di questi tempi, stia ancora a preoccuparsi di Dio, della famiglia e della lingua madre?
Leggo poi su Libero queste parole del responsabile della sezione milanese dei giovani musulmani: «i genitori hanno paura di perdere i propri figli, […] temono la concorrenza con lo stile di vita italiano, e che con troppa libertà i figli non riconoscano più la propria famiglia. (La loro paura sta) nel relativismo che i ragazzi imparerebbero nelle scuole italiane.»
Ehilà, anche i musulmani si sono accorti del relativismo imperante in Europa e hanno paura che i loro figli ne vengano contagiati! Se non ricordo male, il Pontefice e Marcello Pera hanno denunciato, per la nostra civiltà, proprio il pericolo del relativismo che, in pratica, si traduce nell’assenza di valori e nella perdita dell’identità. Insomma, i musulmani danno ragione al Papa e i sapientoni di casa nostra gli danno torto. ... E l'Europa continuò a farsi del male.
Solo la Chiesa può salvare la politica
Sul rapporto fra Chiesa e Politica, Libero ha pubblicato oggi un articolo di Marcello Veneziani che ritengo meriti una riflessione. Lo riporto di seguito per intero.
Solo la Chiesa può salvare la politica
di Marcello Veneziani
Caro Vittorio, sulla presenza ingombrante della Chiesa, del Vaticano e dei Vescovi in Italia e sull’ingerenza costante nella vita politica e sociale del nostro paese, lasciami dire quattro cose.
La prima. La Chiesa fa il suo mestiere ad intromettersi nella vita di ogni giorno. Non si può pretendere che vi sia riconoscimento pubblico delle coppie gay e privatizzazione della fede religiosa. In questa strana società è possibile mostrare in pubblico il sesso in pubblico ma si deve tenere nascosta la Croce. Non si può dire ad una religione: occupati solo dell’anima e dell’aldilà perché il mondo, la vita, la famiglia, il corpo, non sono fatti tuoi. Non è vero. Sappiamo che la religione è una visione della vita, del mondo e la fede passa attraverso le opere, la pratica quotidiana, i comportamenti. Si incarna. E’ suo dovere pastorale, è sua missione occuparsi della politica, della nascita e della morte; altrimenti farebbe solo mistica e folclore, sarebbe una setta e non una comunità. E, d’altra parte, la vita del nostro paese, dell’occidente intero, è improntato a scelte, esperienze, visioni che traggono la loro radice dal cristianesimo. Noi viviamo in una civiltà cristiana; non possiamo accorgercene solo quando vogliamo combattere l’Islam. Se c’è conflitto di civiltà, la nostra civiltà discende da là.
La seconda. Non è la Chiesa che si allarga troppo nella sfera politica e temporale, è la sfera politica e temporale che è piccola e fragile, malaticcia, incapace di sorvegliare gli argini tra le due sponde del Tevere. Non prendiamocela con Ruini se entra nelle cose del Parlamento; prendiamocela con il Parlamento, con la politica, se non riesce a dar vita ad un forte senso dello Stato, ad una coscienza pubblica e civica vigorosa e condivisa, in grado di onorare e distinguere quel che è di Cesare e quel che è di Dio. Un tempo c’era la Dc a canalizzare, stemperare e mediare le istanze dei cattolici: oggi lo spirito cristiano non ha mediatori, la Chiesa deve farsi valere da sé, scendere direttamente in campo e deve farsi virale, in modo da contagiare i poli, mettendo all’incanto l’appoggio ai governi sulla base del miglior offerente. E’ triste ma è così, è la Chiesa al tempo del maggioritario.
La terza osservazione discende intimamente dalla seconda. Se oggi assume un ruolo importante la Chiesa, la Conferenza Episcopale, il riferimento cattolico, ciò non avviene per un rinato senso religioso e per una ripresa dello spirito confessionale, ma per un’assenza paurosa di agenzie di senso e di orientamento. Non abbiamo più valori guida, tutto si va sfasciando, la politica non esprime valori, le ideologie sono moribonde da un pezzo, le morali laiche e individualiste arrancano e sono flebili. Lo spazio pubblico è deserto. Di conseguenza, la Chiesa diventa anche per non-credenti, semi-credenti e creduloni uno dei pochissimi riferimenti alti, in grado di richiamare una prospettiva superiore, un punto di vista più alto. Insomma una guida, un orientamento, per una società spaesata e sradicata, che non ha santi a cui votarsi. Al fenomeno curioso degli atei devoti corrisponde a livello popolare il livello diffuso dei non praticanti ma simpatizzanti, dei poco credenti ma molto esigenti, nel richiedere tour operator nei valori morali.
Infine, viviamo in un paese molto strano, disposto a tollerare le intolleranze delle minoranze religiose, a far sparire i simboli innocui della civiltà cristiana e della fede per non suscitare la loro permalosità, disposta perfino ad assecondare le fedi altrui, riconoscendo costumi, fedi e culture. Ma non siamo disposti a dar spazio alla religione che ci ha cresciuti, nel bene nel male, che ci ha impregnato nell’anima, nel linguaggio, nei gesti, nel corpo. E resta largamente maggioritaria. Arriviamo a tollerare le peggiori bestemmie contro Dio e la Madonna, ma non verso Allah o i gay, gli ebrei o i palestinesi. Se uno si azzarda a dichiarare guerra al fanatismo islamico finisce sotto processo, ma se uno offende pubblicamente la fede millenaria del nostro paese passa indenne e riverito. Puoi dire le peggiori cose sul crocifisso e resti al posto tuo, ma se ti azzardi a difendere la morale cristiana finisci male, come capitò a Buttiglione in sede europea. Per questo dico ai credenti, semi-credenti e laici: abbiate rispetto per la civiltà cristiana, e per gli appelli alla nostra coscienza pubblica e privata, di cittadini e di uomini.
Aggiungo un’altra notazione: è in atto, a livello nazionale ed europeo, politico ed economico, una guerra vera e truce tra poteri diversamente ispirati, uno scontro: un asse laico-socialista, venato di massoneria, di circoli affaristici e di sette neo-illuministiche ed un asse cattolico-sociale, con i loro circoli d’affari, le loro opus dei e via dicendo. Vogliono il controllo della società: ho l’impressione che l’Europa sia già in odore della prima, che opera prevalentemente ma non esclusivamente nel centro-sinistra. Se capiamo la rilevanza dello scontro, senza dietrologie complottiste, ci rendiamo conto della partita e dei suoi termini. Tra Montezemolo e Ruini io preferisco Ruini; o meglio, tra Soros e Ratzinger, io ghibellino, preferisco il Papa. Preferisco chi parla in nome della Tradizione religiosa, rispetto a chi parla nel nome del proprio Fatturato.
Solo la Chiesa può salvare la politica
di Marcello Veneziani
Caro Vittorio, sulla presenza ingombrante della Chiesa, del Vaticano e dei Vescovi in Italia e sull’ingerenza costante nella vita politica e sociale del nostro paese, lasciami dire quattro cose.
La prima. La Chiesa fa il suo mestiere ad intromettersi nella vita di ogni giorno. Non si può pretendere che vi sia riconoscimento pubblico delle coppie gay e privatizzazione della fede religiosa. In questa strana società è possibile mostrare in pubblico il sesso in pubblico ma si deve tenere nascosta la Croce. Non si può dire ad una religione: occupati solo dell’anima e dell’aldilà perché il mondo, la vita, la famiglia, il corpo, non sono fatti tuoi. Non è vero. Sappiamo che la religione è una visione della vita, del mondo e la fede passa attraverso le opere, la pratica quotidiana, i comportamenti. Si incarna. E’ suo dovere pastorale, è sua missione occuparsi della politica, della nascita e della morte; altrimenti farebbe solo mistica e folclore, sarebbe una setta e non una comunità. E, d’altra parte, la vita del nostro paese, dell’occidente intero, è improntato a scelte, esperienze, visioni che traggono la loro radice dal cristianesimo. Noi viviamo in una civiltà cristiana; non possiamo accorgercene solo quando vogliamo combattere l’Islam. Se c’è conflitto di civiltà, la nostra civiltà discende da là.
La seconda. Non è la Chiesa che si allarga troppo nella sfera politica e temporale, è la sfera politica e temporale che è piccola e fragile, malaticcia, incapace di sorvegliare gli argini tra le due sponde del Tevere. Non prendiamocela con Ruini se entra nelle cose del Parlamento; prendiamocela con il Parlamento, con la politica, se non riesce a dar vita ad un forte senso dello Stato, ad una coscienza pubblica e civica vigorosa e condivisa, in grado di onorare e distinguere quel che è di Cesare e quel che è di Dio. Un tempo c’era la Dc a canalizzare, stemperare e mediare le istanze dei cattolici: oggi lo spirito cristiano non ha mediatori, la Chiesa deve farsi valere da sé, scendere direttamente in campo e deve farsi virale, in modo da contagiare i poli, mettendo all’incanto l’appoggio ai governi sulla base del miglior offerente. E’ triste ma è così, è la Chiesa al tempo del maggioritario.
La terza osservazione discende intimamente dalla seconda. Se oggi assume un ruolo importante la Chiesa, la Conferenza Episcopale, il riferimento cattolico, ciò non avviene per un rinato senso religioso e per una ripresa dello spirito confessionale, ma per un’assenza paurosa di agenzie di senso e di orientamento. Non abbiamo più valori guida, tutto si va sfasciando, la politica non esprime valori, le ideologie sono moribonde da un pezzo, le morali laiche e individualiste arrancano e sono flebili. Lo spazio pubblico è deserto. Di conseguenza, la Chiesa diventa anche per non-credenti, semi-credenti e creduloni uno dei pochissimi riferimenti alti, in grado di richiamare una prospettiva superiore, un punto di vista più alto. Insomma una guida, un orientamento, per una società spaesata e sradicata, che non ha santi a cui votarsi. Al fenomeno curioso degli atei devoti corrisponde a livello popolare il livello diffuso dei non praticanti ma simpatizzanti, dei poco credenti ma molto esigenti, nel richiedere tour operator nei valori morali.
Infine, viviamo in un paese molto strano, disposto a tollerare le intolleranze delle minoranze religiose, a far sparire i simboli innocui della civiltà cristiana e della fede per non suscitare la loro permalosità, disposta perfino ad assecondare le fedi altrui, riconoscendo costumi, fedi e culture. Ma non siamo disposti a dar spazio alla religione che ci ha cresciuti, nel bene nel male, che ci ha impregnato nell’anima, nel linguaggio, nei gesti, nel corpo. E resta largamente maggioritaria. Arriviamo a tollerare le peggiori bestemmie contro Dio e la Madonna, ma non verso Allah o i gay, gli ebrei o i palestinesi. Se uno si azzarda a dichiarare guerra al fanatismo islamico finisce sotto processo, ma se uno offende pubblicamente la fede millenaria del nostro paese passa indenne e riverito. Puoi dire le peggiori cose sul crocifisso e resti al posto tuo, ma se ti azzardi a difendere la morale cristiana finisci male, come capitò a Buttiglione in sede europea. Per questo dico ai credenti, semi-credenti e laici: abbiate rispetto per la civiltà cristiana, e per gli appelli alla nostra coscienza pubblica e privata, di cittadini e di uomini.
Aggiungo un’altra notazione: è in atto, a livello nazionale ed europeo, politico ed economico, una guerra vera e truce tra poteri diversamente ispirati, uno scontro: un asse laico-socialista, venato di massoneria, di circoli affaristici e di sette neo-illuministiche ed un asse cattolico-sociale, con i loro circoli d’affari, le loro opus dei e via dicendo. Vogliono il controllo della società: ho l’impressione che l’Europa sia già in odore della prima, che opera prevalentemente ma non esclusivamente nel centro-sinistra. Se capiamo la rilevanza dello scontro, senza dietrologie complottiste, ci rendiamo conto della partita e dei suoi termini. Tra Montezemolo e Ruini io preferisco Ruini; o meglio, tra Soros e Ratzinger, io ghibellino, preferisco il Papa. Preferisco chi parla in nome della Tradizione religiosa, rispetto a chi parla nel nome del proprio Fatturato.
Saturday, September 17, 2005
Oliviero Toscani fotografa l’Occidente. Terza ed ultima parte
Il post “Oliviero Toscani fotografa l’Occidente. Parte seconda” ha suscitato l’interesse della redazione di LiberoBlog, l’aggregatore blog di libero.it, che lo ha pubblicato nella sua home page. Ne è stato tratto il seguente argomento di discussione: “"Spizzicare" il pisello altrui è divertente o è segno di omosessualità latente?” Credo che il mio post, separato dalla sua prima parte, non chiarisce il problema che intendo sottolineare, che è quello dell’identità maschile in pericolo e non quello dell’omosessualità in senso lato. E’ chiaro che la redazione ha semplicemente fatto il suo lavoro, che è quello di semplificare e favorire l’intervento dei bloggers su di un tema di più facile presa. Penso ad ogni modo che sia necessaria una precisazione, dopodiché metto fine ai miei post su Toscani.
Il riferimento all’omosessualità latente che traspare, a mio avviso, da quanto dice Toscani nel brano dell'intervista citato non voleva essere dispregiativo nei suoi confronti o in quelli degli omosessuali. Mi ricollegavo semplicemente al fatto che la pubblicità lancia un messaggio al collettivo circa l’identità del maschio occidentale oggi. Tante pubblicità, soprattutto nel settore della moda, dipingono il maschio come femminilizzato, persino sottomesso (si veda anche l’ultima campagna della Diesel). L’identità del maschile è sotto attacco ed è sempre più debole nella cultura occidentale. Le cause dell’indebolimento del maschile, prima ancora che nella società, sono da ricercarsi nella famiglia, ma tralascio di entrare nel merito perché la cosa si farebbe troppo lunga. Qui mi limito solo a suggerire la lettura del libro di Claudio Risé ‘Il Padre. L’assente inaccettabile’. Chiusa la questione.
Il riferimento all’omosessualità latente che traspare, a mio avviso, da quanto dice Toscani nel brano dell'intervista citato non voleva essere dispregiativo nei suoi confronti o in quelli degli omosessuali. Mi ricollegavo semplicemente al fatto che la pubblicità lancia un messaggio al collettivo circa l’identità del maschio occidentale oggi. Tante pubblicità, soprattutto nel settore della moda, dipingono il maschio come femminilizzato, persino sottomesso (si veda anche l’ultima campagna della Diesel). L’identità del maschile è sotto attacco ed è sempre più debole nella cultura occidentale. Le cause dell’indebolimento del maschile, prima ancora che nella società, sono da ricercarsi nella famiglia, ma tralascio di entrare nel merito perché la cosa si farebbe troppo lunga. Qui mi limito solo a suggerire la lettura del libro di Claudio Risé ‘Il Padre. L’assente inaccettabile’. Chiusa la questione.
Thursday, September 15, 2005
Oliviero Toscani fotografa l'Occidente. Parte seconda
Torno brevemente sulla nuova campagna pubblicitaria affidata agli scatti fotografici di Oliviero Toscani (le immagini del nostro si possono visionare nel sito www.ra-re.it della casa di moda).
Ho trovato queste informazioni online. Non so quanto siano corrispondenti al vero, ma è comunque interessante darci un'occhiata.
"Oliviero Toscani intervistato su Vanity Fair di questa settimana spiega che il palpeggiamento del pisello, non è una cosa da gay. “E’ una cosa piacevole e divertente che voi donne – dice alla giornalista – non potrete mai arrivare a comprendere”. “E’ una cosa divertente e irriverente toccare l’arnese di un altro uomo. E chi ha studiato dai preti, come me, sa bene di cosa sta parlando...lo spizzicamento al pene altrui è una cosa divertente che fanno anche gli etero per scherzo, quindi non è una campagna prettamente gay”.
Sapete come si chiama tutto questo? Omosessualità latente! Ditemi se un eterosessuale possa mai divertirsi nello 'spizzicare' il pisello altrui! Fotografo o pubblicitario, sposato con prole o meno, Toscani, se ha detto veramente così, conferma quanto dicevo nel mio precedente post "Oliviero Toscani fotografa l'Occidente". Preciso una cosa: non mi interessa dimostrare che Toscani sia o meno un omosessuale, figuriamoci. Voglio solo sottolineare la questione dei messaggi inviati al collettivo dalla pubblicità, questione collegata a quella della perdita di identità maschile in Occidente. Uomo maschio eterosessuale: Kaputt!
Ho trovato queste informazioni online. Non so quanto siano corrispondenti al vero, ma è comunque interessante darci un'occhiata.
"Oliviero Toscani intervistato su Vanity Fair di questa settimana spiega che il palpeggiamento del pisello, non è una cosa da gay. “E’ una cosa piacevole e divertente che voi donne – dice alla giornalista – non potrete mai arrivare a comprendere”. “E’ una cosa divertente e irriverente toccare l’arnese di un altro uomo. E chi ha studiato dai preti, come me, sa bene di cosa sta parlando...lo spizzicamento al pene altrui è una cosa divertente che fanno anche gli etero per scherzo, quindi non è una campagna prettamente gay”.
Sapete come si chiama tutto questo? Omosessualità latente! Ditemi se un eterosessuale possa mai divertirsi nello 'spizzicare' il pisello altrui! Fotografo o pubblicitario, sposato con prole o meno, Toscani, se ha detto veramente così, conferma quanto dicevo nel mio precedente post "Oliviero Toscani fotografa l'Occidente". Preciso una cosa: non mi interessa dimostrare che Toscani sia o meno un omosessuale, figuriamoci. Voglio solo sottolineare la questione dei messaggi inviati al collettivo dalla pubblicità, questione collegata a quella della perdita di identità maschile in Occidente. Uomo maschio eterosessuale: Kaputt!
Scontro di civiltà, ma qual è la civiltà più forte?
Ho la netta sensazione che le forze politiche e gli intellettuali di destra e di sinistra continuino a non vedere il problema centrale nello scontro in corso tra Occidente e Islam.
Semplificando al massimo e prescindendo da sfumature più o meno accentuate, possiamo riscontrare due posizioni prevalenti. La prima, che definiamo di destra, proclama la superiorità della civiltà cristiana su quella mussulmana ed è favorevole ad una tenace reazione all’aggressione islamica; la seconda, che definiamo di sinistra, considera di pari valore le due civiltà, invita al dialogo e alla tolleranza, ma giustifica le rivendicazioni anti-occidentali e anti-cristiane degli islamici.
Da più parti e per motivi differenti, si accetta l'idea che la società occidentale sia in crisi. Su questo vorrei offrire uno spunto di riflessione.
Facciamo l’elenco dei valori su cui è nata la società occidentale: "figura del padre che ha l'autorità di trasmettere ai figli la direzione e la forza; culto degli antenati; appartenenza alla terra; sacralità del femminile che è custode della discendenza, attraverso cui la fiducia e il sogno si tramandano alle generazioni future"; accettazione e rispetto della morte. In Occidente, la perdita di questi valori ha prodotto gravi danni, i più gravi dei quali sono la lacerazione dell’identità maschile e femminile, nonché la disgregazione della famiglia.
E’ da sottolineare che la società araba e mussulmana ha elaborato i medesimi valori ma, al contrario dell’Occidente, li conserva tuttora. La saldezza delle radici e la forza dell'identità, accompagnate dal sentimento della fratellanza comune nella fede, rende la società mussulmana più forte e più solida della nostra.
La conseguenza di tutto ciò è che noi occidentali possiamo e dobbiamo combattere le degenerazioni dell’Islam che sono sotto gli occhi di tutti, in primis il terrorismo suicida. Allo stesso tempo, però, possiamo e dobbiamo riparare il tessuto morale e spirituale dell’Occidente, pena l’assoggettamento, meglio, l’assorbimento da parte di una cultura più forte. Non c’è via di scampo. Le nostre armi sono spuntate di fronte alla forza dell’identità. Se noi Occidentali non prendiamo coscienza della nostra debolezza e non corriamo ai ripari, è inevitabile che il vuoto di valori e di identità saranno prima o poi colmati. E, ci piaccia o meno, saranno proprio i mussulmani a farci recuperare i valori che abbiamo dimenticato.
Monday, September 05, 2005
La Madonna e il ruolo 'arcaico' delle donne
Riporto la mia risposta, con alcuni piccoli adattamenti, all’osservazione di Harry su quanto da me sostenuto nel blog di Fausto Carioti. Harry contestava l’arcaicità della mia interpretazione del ruolo della donna, visione, a suo dire, niente affatto cristiana e contraria all’esempio di Maria, la Madre di Gesù.
«L’esempio di Maria, madre di Gesù e sposa di Giuseppe, è l’esempio più chiaro per dimostrare quanto sostengo a proposito del ruolo della donna all’interno della famiglia. Ripeto, il ruolo di una donna all’interno della famiglia è duplice. In primo luogo, la donna è moglie devota al marito (ciò corrisponde ad un marito altrettanto devoto alla moglie, naturalmente); in secondo luogo, la donna è madre che unisce i figli al padre. Maria, in quanto moglie, si è affidata a Giuseppe in tutto e per tutto. In quanto madre, ha fatto da collegamento tra il Padre e il Figlio. Senza di lei, Padre e Figlio non potevano essere uniti. Maria si è fatta poi da tramite anche tra Giuseppe, padre putativo, e Gesù figlio. La perdita di questa concezione ‘arcaica’ della famiglia è all’origine della decadenza dell’Occidente. Concludo dicendo che arcaico non fa necessariamente il paio con superato e con errato!»
«L’esempio di Maria, madre di Gesù e sposa di Giuseppe, è l’esempio più chiaro per dimostrare quanto sostengo a proposito del ruolo della donna all’interno della famiglia. Ripeto, il ruolo di una donna all’interno della famiglia è duplice. In primo luogo, la donna è moglie devota al marito (ciò corrisponde ad un marito altrettanto devoto alla moglie, naturalmente); in secondo luogo, la donna è madre che unisce i figli al padre. Maria, in quanto moglie, si è affidata a Giuseppe in tutto e per tutto. In quanto madre, ha fatto da collegamento tra il Padre e il Figlio. Senza di lei, Padre e Figlio non potevano essere uniti. Maria si è fatta poi da tramite anche tra Giuseppe, padre putativo, e Gesù figlio. La perdita di questa concezione ‘arcaica’ della famiglia è all’origine della decadenza dell’Occidente. Concludo dicendo che arcaico non fa necessariamente il paio con superato e con errato!»
Claudio Risé e l'identità maschile
Sunday, September 04, 2005
Oliviero Toscani fotografa l'Occidente
Nel suo ottimo blog, Fausto Carioti segnala e commenta con arguzia l’ultima campagna pubblicitaria di Oliviero Toscani per una casa di moda. La foto riprende due uomini che si baciano stesi su di un divano. Riporto qui il mio commento al suo post.
«Il marketing, come è noto, comprende l’esplorazione dei gusti e della sensibilità dei consumatori prima del lancio di un prodotto. Che cosa sanno da tempo i pubblicitari? Che l’identità del maschile sta scomparendo, che le nuove generazioni sono formate, in larga parte, da figli senza padri, che le madri oramai hanno campo libero nell’educazione e nella vita dei figli! Espressione essi stessi di una società femminilizzata, i pubblicitari svelano questa tendenza e lanciano il messaggio al collettivo: “Coraggio, siamo tutti sulla stessa barca. E’ questo il modello che c’è rimasto. Non volete ancora riconoscerlo, ma come maschi non esistiamo più!” Con questa pubblicità, Oliviero Toscani non scandalizza nessuno in Occidente e sfonda infatti una porta aperta. Ripeto, Toscani, a mio avviso, vuole rinnovare, rendendolo ancor più esplicito, un messaggio con cui da anni si bombarda il collettivo del mondo occidentale. Detto tra parentesi, un conoscente che lavora nell’alta moda mi ha riferito che non solo gli stilisti, ma anche gli addetti alla pubblicità sono in gran parte omosessuali, uomini o donne. Non so se questo sia il caso di Oliviero Toscani, ma ha poca importanza, il punto essenziale rimane.
Come dici tu, la foto di due ayatollah che si baciano sarebbe di maggior effetto, se questa fosse pubblicizzata in un paese mussulmano. E’ vero, creerebbe scandalo, ma, al di là del fatto che non la farebbero mai circolare, va sottolineato che il messaggio non attecchirebbe e non avrebbe senso. Al contrario di quanto avviene in Occidente, lì gli uomini sono uomini e i figli ce l’hanno ancora un padre, eccome! Con tutte le esagerazioni e degenerazioni che conosciamo, la loro è una società patriarcale. I riferimenti maschili del guerriero, del padre che si fa da tramite al Padre celeste, dell’uomo che sa assumersi le sue responsabilità e che protegge e guida la famiglia sono solidi. Le donne musulmane sono per prima cosa mogli; poi sono madri, che non si appropriano dei figli e non li separano dai padri. Esse rimangono quindi nel loro ruolo, che è quello di collegare i figli ai padri. E’ anche per questo che i musulmani ci odiano e che respingono i modelli sociali dell’Occidente. Certo, gli omosessuali non mancano anche da quelle parti, ma il ruolo del maschile rimane saldo. Nel vuoto di identità dell’Occidente, soprattutto di identità maschile, non è poi così difficile che i mussulmani, nel giro di qualche decennio, riescano a vincere la guerra contro l’Occidente. Già oggi tanti occidentali si convertono all’islamismo. Ai rimanenti ‘infedeli’ ci penseranno Osama & Co. »
«Il marketing, come è noto, comprende l’esplorazione dei gusti e della sensibilità dei consumatori prima del lancio di un prodotto. Che cosa sanno da tempo i pubblicitari? Che l’identità del maschile sta scomparendo, che le nuove generazioni sono formate, in larga parte, da figli senza padri, che le madri oramai hanno campo libero nell’educazione e nella vita dei figli! Espressione essi stessi di una società femminilizzata, i pubblicitari svelano questa tendenza e lanciano il messaggio al collettivo: “Coraggio, siamo tutti sulla stessa barca. E’ questo il modello che c’è rimasto. Non volete ancora riconoscerlo, ma come maschi non esistiamo più!” Con questa pubblicità, Oliviero Toscani non scandalizza nessuno in Occidente e sfonda infatti una porta aperta. Ripeto, Toscani, a mio avviso, vuole rinnovare, rendendolo ancor più esplicito, un messaggio con cui da anni si bombarda il collettivo del mondo occidentale. Detto tra parentesi, un conoscente che lavora nell’alta moda mi ha riferito che non solo gli stilisti, ma anche gli addetti alla pubblicità sono in gran parte omosessuali, uomini o donne. Non so se questo sia il caso di Oliviero Toscani, ma ha poca importanza, il punto essenziale rimane.
Come dici tu, la foto di due ayatollah che si baciano sarebbe di maggior effetto, se questa fosse pubblicizzata in un paese mussulmano. E’ vero, creerebbe scandalo, ma, al di là del fatto che non la farebbero mai circolare, va sottolineato che il messaggio non attecchirebbe e non avrebbe senso. Al contrario di quanto avviene in Occidente, lì gli uomini sono uomini e i figli ce l’hanno ancora un padre, eccome! Con tutte le esagerazioni e degenerazioni che conosciamo, la loro è una società patriarcale. I riferimenti maschili del guerriero, del padre che si fa da tramite al Padre celeste, dell’uomo che sa assumersi le sue responsabilità e che protegge e guida la famiglia sono solidi. Le donne musulmane sono per prima cosa mogli; poi sono madri, che non si appropriano dei figli e non li separano dai padri. Esse rimangono quindi nel loro ruolo, che è quello di collegare i figli ai padri. E’ anche per questo che i musulmani ci odiano e che respingono i modelli sociali dell’Occidente. Certo, gli omosessuali non mancano anche da quelle parti, ma il ruolo del maschile rimane saldo. Nel vuoto di identità dell’Occidente, soprattutto di identità maschile, non è poi così difficile che i mussulmani, nel giro di qualche decennio, riescano a vincere la guerra contro l’Occidente. Già oggi tanti occidentali si convertono all’islamismo. Ai rimanenti ‘infedeli’ ci penseranno Osama & Co. »
Saturday, September 03, 2005
L'incontro Oriana Fallaci-Benedetto XVI e la cultura di destra
Mi sembra inammissibile che in un paese governato dal centrodestra ci si affidi ad una grande giornalista come Oriana Fallaci per svegliare le coscienze sulla questione dell’identità dell’Europa e della decadenza morale dell’Occidente. L’idea per cui dobbiamo svendere la nostra identità in nome del laicismo e del multiculturalismo, così come i sentimenti di ostilità verso gli USA e Israele hanno trovato molti sostenitori grazie alla sinistra, la quale, da decenni, esercita indisturbata la sua egemonia culturale. Prendendo spunto dal significato politico dell’incontro Fallaci-Ratzinger, pongo una domanda: cosa è stato fatto finora per diffondere una solida cultura di centrodestra in Italia? Libero, il Giornale e il Foglio stanno facendo la loro parte, ma cosa fanno i politici del centrodestra? Quando la smetteranno di trascurare la cultura?
Subscribe to:
Posts (Atom)