
[…] Il superamento [della paura e dell’angoscia di fronte alla morte, N.d.R.] non avviene nella natura, ma nella fede ed è possibile perciò che la natura non ne tragga per sé alcun vantaggio. Gesù stesso volle sperimentare una «tristezza mortale» nella sua anima, di fronte alla morte e ne spiegò la ragione dicendo: «Lo spirito è pronto ma la carne è debole» (Mt 26, 41). Noi possiamo fare anche di questa angoscia materia da offrire nell’Eucaristia, con Gesù, al Padre. Cristo ha redento anche la nostra paura! Vi sono stati santi sereni di fronte alla morte, come san Francesco d’Assisi, e santi angosciati, perfino tra i figli del Poverello. Uno di questi è stato san Leopoldo Mandiċ, a cui – ho sentito dire - l’angoscia della morte impediva, talvolta, perfino di celebrare la Messa dei defunti. […]
Ciò che conta è la fede. A ogni discepolo Gesù risorto ripete ciò che un giorno disse a Marta: «Io sono la resurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me non morrà in eterno. Credi tu questo?». Beati quelli che sentono di poter rispondere, per grazia di Dio e dal profondo del cuore: « Sì, o Signore, io credo!».
(Sorella Morte, di Raniero Cantalamessa, Àncora Editrice, 1991, pp. 71-73)
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