La Chiesa suona le sue campane. Sono campane a martello. Ci sono i lupi, l'Italia è devastata. La gente deve stringersi a ciò che le è più caro: il bene che arriva dalla sua tradizione, il cristianesimo. Il disastro della situazione morale ha questo di buono: si capisce che il rimedio non può venire da «buone ideologie ma dalla bontà». Bella e nuova la formula usata dal presidente della Cei monsignor Angelo Bagnasco dinanzi ai trenta vescovi italiani del Consiglio permanente. Non ha detto una parola sull'Ici e sui presunti privilegi di oratori e parrocchie. Ha accusato lo Stato, ed implicitamente la classe politica, di aver lasciato che «il vincolo sociale sia sempre più friabile». Il fatto è che non riesce a stabilire un buon «legame con i cittadini». Perché i cittadini si sentono di appartenere a uno Stato quando esso è «promotore e garante del bene comune». Questo oggi non lo percepisce nessuno. «Il Paese è spaesato», dice Bagnasco e i vescovi assentono. «Il vuoto non si regge in piedi, l'Italia merita un amore più grande! Merita una responsabilità più grande!». Dopo aver gridato che la casa brucia, e bisogna rimediare, Bagnasco ha cambiato melodia, e ha fatto squillare la sua campana con qualche brivido di speranza. Per fortuna, ha detto, la fede in Italia dà ancora forma alle mente di una «maggioranza silenziosa». Da lì si può ripartire. Mentre dovunque, sui giornali e nelle sedi della politica, il dibattito sul grillismo è onnivoro, Bagnasco è l'unico leader di questo scalcinato Paese che ha il coraggio di non citare il comico, né per dirgli bravo né per prendere le distanze. Guarda la nostra realtà con una compassione senza rabbia. Anche lui, come il nuovo capopolo della piazza, ha residenza a Genova, una volta patria di cantautori ed oggi osservatorio sui mali e i beni della Penisola. Tra i due c'è una certa differenza di rango, come no? L'analisi è - come abbiamo visto - ugualmente dura sulla questione politica. Il successore di «don» Camillo Ruini rimprovera di non contrastare a sufficienza la criminalità. Di non fare abbastanza per la famiglia e specialmente per quelle monoreddito. Accusa l'assenza di un progetto per la casa, lasciando nell'abbandono le coppie che non hanno la possibilità di risolvere la questione della loro dimora. A questo proposito Bagnasco picchia un pugno anche sulla scrivania dei banchieri. Gli istituti di credito dovrebbero mettersi una mano sul cuore oltre che puntare al portafoglio dei clienti e ragionare in termini più equi riguardo a prestiti e mutui. Come rinascere però? La chiave di volta per costruire un edificio sociale più resistente alla disgregazione, Bagnasco la individua non in una rivolta ma «nella educazione». Il primo punto è «l'emergenza educativa». La dissoluzione morale non è una prerogativa soltanto dei politici. C'è «una crescente difficoltà che si incontra nel trasmettere alle nuove generazioni i valori-base dell'esistenza e di un retto comportamento. Una disamina che non lascia margini ad illusioni, considerata la società in cui viviamo, afflitta da uno strano "odio di sé", e considerata la cultura odierna che fa del relativismo il proprio credo, precludendosi in tal modo la possibilità di distinguere la verità e quindi di poterla perseguire». In questa incapacità a educare c'è la radice dei mali. Dice Bagnasco: «Come non leggere qui in filigrana le tante vicende di cronaca che hanno assediato la nostra estate, suscitando sgomento e sempre ulteriore allerta? Come non intravedere qui l'atteggiamento di resa che contrassegna tanta prassi sociale, in cui a prevalere sono il divismo, il divertimento spinto ad oltranza, i passatempi solo apparentemente innocui, il disimpegno nichilista e abbrutente la persona, giovane o adulta non importa, ché, tanto, verso il peggio le differenze si annullano?». La citazione è lunga ma permette di intravedere lo stile insieme antico e ratzingeriano di Bagnasco. Rispetto a Ruini c'è meno attenzione alla politica in senso stretto, e si preferisce indicare i criteri generali. Si risponde alle recenti polemiche culturali sull'impossibilità dei cattolici di essere buoni cittadini (ultimo l'intervento di Gustavo Zagrebelski) finché accettano il retaggio del Papa e della morale cattolica. Anzi, Bagnasco spiega che proprio di questa spinta cattolica, che allarga la ragione alle misure del trascendente, ha bisogno questo nostro tempo. Non ha paura di niente Bagnasco. Anche di aprire un forte contenzioso su aborto ed eutanasia. Si dirà che non c'è nulla di nuovo. Vero: la dottrina è quella. Ma l'annuncio è chiaro: sull'eutanasia il popolo e i politici cattolici sono chiamati a resistere e a dare forma ad un dissenso intelligente rispetto alla morale degli intellettuali. Dando voce alla «maggioranza silenziosa» che ancora adesso, sulla base di una saggezza che viene dai secoli, si appoggia ai «capisaldi della storia e della tradizione del nostro popolo». Interessante la difesa delle scuole professionali (un omaggio anche al salesiano cardinal segretario di Stato Bertone), e l'attacco a un mostro sacro del politicamente corretto, e cioè Amnesty International, che vorrebbe considerare l'aborto non sono plausibile, ma addirittura un diritto umano. Per chi ha nello statuto la difesa dei diritti umani è il colmo.
Renato Farina, Libero, 18 settembre 2007
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