Michel Onfray, in Francia, più che come filosofo è noto come ateo militante (anzi, «ateo di servizio», come lui stesso si definisce). Passa da una conferenza a un talk show, in una girandola di occasioni pubbliche in cui diffonde un’accattivante filosofia edonista e libertaria, così facilmente recepibile da essere accusato di dispensare le stesse ricette di felicità che si possono trovare su Cosmopolitan. In Italia una sua versione meno brillante potrebbe essere Pierluigi Odifreddi, definito da alcuni come un «matematico da festival».
Sono figure nuove, alfieri di una violenta propaganda antireligiosa. René Rémond, lo storico e politologo francese da poco scomparso, nel suo ultimo libro (Il nuovo anticristianesimo, intervista con Marc Leboucher, ed. Lindau, pagg. 125, euro 13) non sottovaluta il fenomeno, e ribatte alle accuse, analizzandole a una a una. La più rovente è riassunta con efficacia dal titolo di un’intervista rilasciata dal filosofo: «Il cattolicesimo ci rende la vita impossibile». La fede in Cristo, dice Onfray, esalta il sacrificio e la sofferenza, promettendo un inesistente compenso oltremondano; intanto impedisce all’uomo di perseguire il suo scopo più naturale, la felicità ora e qui. A questa colpa ne aggiunge subito un’altra, quella di ostacolare la scienza e persino l’uso libero della ragione, pretendendo di limitare la ricerca scientifica.
Del resto l’inimicizia tra fede e scienza risale ai tempi di Newton e Galileo, e rivela l’anima nera, aggressiva e fomentatrice di odio, del cristianesimo come di qualunque altra religione. Chi si ritiene possessore della verità, difficilmente può rispettare l’esistenza di altre verità relative, che vede come minacciose. Le religioni, soprattutto quelle monoteiste, portano con sé il germe antico del fanatismo e dell’intolleranza: «Gli oltremondi - scrive Onfray nel suo Trattato di ateologia - mi sembrano subito contromondi inventati da uomini stanchi, sfiniti, essiccati dai ripetuti viaggi tra le dune o sulle piste pietrose arroventate. Il monoteismo nasce dalla sabbia». La laicità sarebbe quindi uno spazio assediato da visioni del mondo arcaiche, intrinsecamente antimoderne, e garantito nella sua genuina purezza solo dall’ateismo.
Rémond risponde punto per punto; contesta un modello di felicità concepito come puro appagamento dei desideri individuali, e confuta con pacata ragionevolezza le accuse rivolte ai cristiani. Perché va detto che la nuova polemica antireligiosa non colpisce tutti i monoteismi «nati dalla sabbia» con la stessa acredine: incrociandosi con le autocensure nei confronti dell’Islam, con l’imbarazzo storico nei confronti dell’ebraismo, e - soprattutto - con la politica, si concentra sulla Chiesa cattolica. In una recente intervista, il cardinale Camillo Ruini avanza una sua spiegazione: ai laicisti piace la Chiesa che perde, non quella che vince. Se la Chiesa è sotto tiro, insomma, è per via della sua ritrovata centralità e capacità di attrazione: «Meglio contestata che irrilevante», è la significativa sintesi dell’ex presidente della Cei.
Luca Volontè, in un libro appena uscito, Furore giacobino (Aliberti editore, pagg.
349, euro 18,50), offre un’esauriente panoramica degli attacchi sferrati contro il mondo cattolico sulla stampa italiana, negli ultimi due anni. Il conflitto si addensa soprattutto intorno ai temi eticamente sensibili - statuto dell’embrione, eutanasia, procreazione assistita, famiglia - ma assume quasi sempre toni aggressivi nei confronti della Chiesa e dei suoi membri più esposti. Il libro ha il merito di rendere evidente come il dibattito pubblico tra laici e cattolici si sia, negli ultimi tempi, irrigidito e ideologizzato. La grande stampa tende a deformare le posizioni della Chiesa, a selezionare solo ciò che può tornare utile alla polemica, ignorando il resto.
Nel mondo cosiddetto laico esiste una censura, pochissimo laica, che oscura non tanto (o non soltanto) le opinioni, quanto le informazioni. Bastano pochi esempi: nessuno, sul Corriere o La Repubblica, ha mai spiegato che la ricerca sulle cellule staminali ottenute dalla vivisezione degli embrioni ha fallito i propri scopi terapeutici, oppure che la pillola abortiva Ru486, che si vorrebbe introdurre in Italia, ha già prodotto 15 morti. Ma gli esempi sono infiniti, e basta scorrere le pagine di Volontè (che fra l’altro è capogruppo dell’Udc alla Camera) per rendersene conto. Al lettore resta da giudicare se si tratti di vero «furore giacobino», o se abbia ragione il cardinale Ruini, e la manipolazione delle notizie, come la violenza di alcune invettive, siano un indiretto tributo a una Chiesa non più perdente.
di Eugenia Roccella, il Giornale, 22 novembre 2007
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