“C’è il rischio che il piccolo nasca down. Se la cosa è confermata, decideranno sul da farsi. Io credo che sarebbe meglio abortire, per il bene del bambino, della madre e delle rispettive famiglie”.
Sono queste le frasi con cui un cattolico (non praticante) ha commentato la delicata situazione che sta vivendo una coppia cattolica (non praticante) di sua e mia conoscenza.
Ognuno di noi è responsabile delle proprie azioni, così come ognuno di noi fa i conti con l’umana debolezza. Non sono padre e un domani potrei trovarmi anch’io a dover affrontare con mia moglie il medesimo dramma. Ciò nonostante, non posso fare a meno di chiedermi:
- la decisione di sopprimere un bimbo perché down non equivale a praticare l’eugenetica?
- la sofferenza di un genitore per quanto accade ad un figlio non è poi l’esperienza vissuta (e accettata) da Maria? e la Passione di Gesù, dove la mettiamo? Gesù e Maria non hanno detto: “Padre, scegli qualcun altro”. Perché allora tirarsi indietro, se Dio decidesse per me e per mia moglie la nascita di un figlio down o malato?
- Certo, uno può anche rispondere che non ce la fa a sopportare il dolore, ma se è così, dove sarebbe la perseveranza nella fede? ha ancora senso pregare che sia fatta la Sua volontà, in cielo come in terra? e la “buona battaglia” di cui parla San Paolo, non conta proprio nulla ai fini della salvezza?
Wednesday, October 24, 2007
Subscribe to:
Post Comments (Atom)
No comments:
Post a Comment