Un’amica, ieri sera: «Quando sono tormentata da certi pensieri, faccio di tutto per distrarmi».
Non ho potuto fare a meno di risponderle: «Ma come, anche tu che sei cattolica agisci come gli altri? Quando ti assalgono i brutti ricordi, hai di meglio da fare che distrarti».
Non voglio essere frainteso. Non sono migliore di nessuno e se mi va proprio bene, soggiornerò un bel po’ in purgatorio. Il fatto è che rimango sorpreso ogni volta che scopro la difficoltà di noi credenti nel pregare. Dovrebbe essere invece qualcosa di automatico, un habitus mentale, qualunque sia la circostanza della vita che stiamo vivendo, bella o brutta.
Mia moglie mi ricordava che, soprattutto di fronte ad eventi dolorosi, la tendenza più frequente è quella di fuggire, di rimuovere. È vero. Ma ciò succede perché non ci siamo educati ad imitare Gesù, almeno nella preghiera. Se si ha fede e speranza in Cristo, se si ricorda che Lui ha detto di pregare incessantemente, di prendere la propria croce e di seguirLo, se non sfugge che Lui sarà sempre con noi fino alla fine, dovrebbe venire spontaneo confidarGli tutto. Lui invocava Dio Padre come Abbà, paparino! C’è poi Sua Madre a cui ricorrere. E perché non approfittare di San Giuseppe?
«Nell’antico dolore, così come nel nuovo, amica mia, entraci dando la mano a Gesù. Chiedi a Giuseppe di guidarti nel viaggio. Non cercare distrazioni, affronta i cattivi pensieri. Ogni volta che questi ti assalgono, recita piuttosto una, dieci Ave Maria, un Rosario intero. Prega per te stessa, per te quand’eri piccola, per il tuo dolore di ieri e di oggi, per …».
Wednesday, December 19, 2007
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