Saturday, January 19, 2008

Domani in piazza per il Papa. Ecco dieci motivi per andarci tutti

Ecco dieci motivi per essere domani all'Angelus del Papa in piazza San Pietro. Si avverte che alcune ragioni possono essere molto personali, altre funzionano per atei, alcune persino per gaudenti. Talune molto nobili, tal'altre meno. Ciascuno trovi la sua: e ci si vede lì, meglio prima delle undici per sistemarsi vicini, con Feltri.

1) Riparazione di un torto.

Mettendo Benedetto XVI nelle condizioni di non potersi esprimere gli si è negato un diritto dell'uomo, stante che il Papa è un uomo e non un pastore tedesco. L'offesa ha precisi autori diretti (chi lo ha accusato di aver ri-condannato Galileo) e indiretti (le autorità politiche del nostro Stato che non hanno tutelato il Pontefice). Ci piacciano oppure no, costoro sono parte eminente e/o deficiente della nostra comunità nazionale. Occorre un atto di pubblica ammenda. Invitiamo a mescolarsi tra noi anche il presidente Giorgio Napolitano: in certi casi non è il caso prevalga la diplomazia e i suoi aperitivi, ma il sentimento popolare cui un capo dello Stato deve fornire sostegno semplice e forte.

2) Affetto e riconoscenza.

Come si fa a non voler bene a questo Papa? In tempi di invasione islamica e di paure d'ogni genere ripropone con la sua persona e il suo insegnamento il cristianesimo nella semplicità della tradizione.

3) Identità dell'Occidente.

Come ci ha insegnato Oriana Fallaci la nostra civiltà, fondata sulla libertà dell'indi viduo ed insieme sulla responsabilità verso la libertà e il benessere del prossimo, è figlia del cristianesimo; in Italia, in particolare del cattolicesimo. Anche chi si professa ateo o agnostico è impastato dei valori e dei sentimenti che arrivano da una storia millenaria segnata dal crocefisso.

4) La ragione contro il rimbambimento.

Il nostro amico Marco Pannella ha snocciolato delle cifre per dieci minuti a Porta a Porta. Tesi: il Papa è sempre in televisione, se da qualche parte non lo fanno parlare amen, che sarà mai. È come quelli che non facevano entrare gli ebrei o i negri nel loro bar: e allora per ore e ore elencavano i locali, le strade, i parchi per ebrei e negri, i tram dove potevano avere accesso, molti di più di quelli riservati agli ariani. Una logica da scienziato pazzo. Per i liberali di solito la libertà è indivisibile. Censurare una pagina di un libro di mille pagine resta censura: quella era la mia pagina, amico, lì dentro ci sono io, tutto io; se mi amputi un braccio non ti ringrazio perché poi mi restano tre arti e forse potevi tagliarmi la testa. La Stampa di Torino ieri invece si è messa sulla stessa lunghezza d'onda: Ratzinger si vede più in televisione di Napolitano e di Pannella! Mamma mia.

5) Ripicca.

Non è un gran sentimento, ma dà le sue soddisfazioni. Secondo i padroni sempiterni delle piazze, andare al colonnato del Bernini in San Pietro significherebbe rialzare gli "storici steccati" tra cattolici e laici. Vorrebbe dire mescolare religione e politica, cercando la prova di forza contro i non credenti. Che panzane. Qui la prova di forza, anzi di mitezza, è per distinguersi dalla teppa più o meno accademica. Chi ha fatto scempio della libertà di espressione non era "laico", ma apparteneva alla famiglia dei cretini. Poco male se uno è cretino per conto suo, ma quando fa valere questa sua qualità per imbavagliare la gente, si eleva a cretino intollerante. E - anche se poco caritatevole - uno storico steccato per impedire agli asini violenti di scalciare gli altri è legittima difesa della democrazia.

6) Orgoglio ateo
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Feltri si è dimesso per un giorno da ateo. Altri come lui, recandosi sotto la finestra del Palazzo Apostolico, impediranno le velleità di chi vorrà pesare la gente convenuta come massa per un "partito cattolico". Non c'entra, guai a chi farà questa conta un po' simoniaca. Si può stimare e manifestare affetto al Papa anche senza trasformarsi in gente pia. Non è una manifestazione di cattolici, ma semplicemente cattolica, che vuol dire universale.

7) Unità.

Chi ha già esperienza di incontri intorno a un Papa lo potrà testimoniare. Si crea un clima intorno a quel puntolino bianco dove non esiste la tensione nevrastenica della folla senza volto, capace di ogni ribalderia. Ma ciascuno è misteriosamente se stesso eppure unito. Non ci si raduna per fare volume e ribaltare questo o quel governo o regime. Semplicemente ci si porta dietro il fardello di desideri e speranze, di dolori e angosce: è inevitabile, non si sa perché, ma accade così a tutti. Più modestamente: è uno dei pochi posti dove si può portare la famiglia senza paura di petardi o cazzotti, senza necessità di sorbirsi slogan da galera.

8) Godurie.

Roma vale sempre un viaggio, specie la domenica mattina ha uno speciale incanto. Andare dal Papa e all'Angelus non implica particolari digiuni. Ci si può caricare di energia forse mistica, certo foriera di buon umore, con un cappuccino e un paio di maritozzi alla panna. Questo prima. Poscia ci sono trattorie mica male. Se volete rovinare il pranzo a Giuliano Ferrara andate a salutarlo alla "Campana", nel vicolo omonimo. Cossiga invece va al buffet dell'Hotel de Russie, vicino a piazza del Popolo.

9) Joseph Ratzinger.

Lui, le parole che dice, il modo come spiega il Vangelo, con la chiarezza del parroco di montagna e la finezza di un cherubino, valgono il viaggio, ritemprano la mente stanca e il cuore desolato di credenti peccatori e di atei incorruttibili.

10) L'Angelus in sé.

È una preghiera bellissima. È l'essenza del cristianesimo: ricorda cioè tempo, luogo e contemporaneità di Gesù che si incarna nel ventre della Madonna. Prima ci sono le campane, il loro concerto che rallegra. Poi la benedizione. E magari ci sarà pure qualche miracolo. E non è affatto irrazionale sperarlo: in fondo la suprema categoria della ragione è la possibilità. A Roma, a Roma.

RENATO FARINA
© Copyright Libero, 19 gennaio 2008

(Ringrazio Raffaella di Papa Ratzinger blog per aver segnalato quest'articolo)

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