
Detto in modo sbrigativo, Pannella, Capezzone, Bonino & C. mi sono sempre sembrati degli sbandati, dei senza regole, con tutto il loro professarsi liberali, liberisti e libertari. A mio parere, i leader radicali non sono molto diversi da quegli adolescenti a cui i genitori hanno sempre rifiutato qualche salutare scapaccione. Non mi piace il loro laicismo esasperato, senza limiti e intollerante, che confina poi con il relativismo. Non mi piace il fatto che, per loro, il liberalismo coincida con l’anticlericalismo, come dice anche Stato Minimo.
E i Riformatori Liberali? Da una lettura del loro manifesto, Diamo un’anima libertaria al centrodestra, mi sembrano emergere delle indicazioni rilevanti

1. Politica interna. I Radicali di Pannella si sono alleati con il centrosinistra ritenendo che questo possa più facilmente attuare le loro istanze riformiste; i Radicali di Della Vedova si schierano invece col centrodestra, riconoscendo in quest’ultimo una volontà riformista più concreta e seria. Fin qui, nulla da segnalare. Si tratta di tatticismi frequenti in politica.
2. Scontro di civiltà. I Radicali di Pannella difendono l’Occidente in nome del liberalismo, ma non vogliono sentir parlare di origini cristiane della sua civiltà, perché hanno in odio la Chiesa cattolica e qualunque religione; i Riformatori Liberali accettano le radici cristiane dell’Occidente, dato che hanno tra le loro fila dei cattolici. Va bene che il mondo è bello perché è vario, ma, pensando proprio ai cattolici che si schierano con i riformatori di Della Vedova, conviene scavare un po’ più a fondo sulle differenze.
3. Temi sociali. Qui, secondo me, casca l’asino. Infatti, entrambi spingono, in nome della libertà e con sfumature più o meno accentuate, in favore della sperimentazione sulle cellule staminali, l’eutanasia, i PACS nonché i matrimoni e le adozioni gay.
A naso, mi sembra che qualcosa sfugga ad un cattolico che, tra visione liberale, liberista e libertaria, da una parte, e i propri riferimenti religiosi, dall’altra, non vede una contraddizione. È sufficiente dire, come fa qualche cattolico radicale, che il dilemma si risolve con il fatto che il credo religioso rimane nella sola sfera privata? Ma si può veramente condividere o lasciar passare in sede pubblica ciò che contrasta con le proprie convinzioni religiose? E tutto ciò in nome della libertà? Anche quando il sostegno a questa ‘libertà’ vuol dire contrastare l’idea cristiana di società libera? Delle due l’una, o non si è compreso molto del cattolicesimo, oppure non può un liberale, che sia anche cattolico, vedere nel radicalismo (Radicali Italiani o Riformatori Liberali) un punto di riferimento politico.
Si veda anche Capezzone il cialtrone.
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