Monday, October 23, 2006

Caso Santanchè: ma la fatwa non costituisce da noi reato penale?

Alla sacrosanta libertà di Daniela Santanchè di esprimere il proprio pensiero sul velo delle donne musulmane - «il velo non è un simbolo religioso, non è prescritto dal Corano» - corrisponde l’identica libertà dell’imam di Segrate di risponderle: «Io sono un imam e non permetto a degli ignoranti di parlare di islam. Voi siete degli ignoranti di islam e non avete il diritto di interpretare il Corano».
Poi però, come informa Giordano Bruno Guerri su Il Giornale, “l’uomo ha proseguito, fuori onda: «Il velo è un obbligo di Dio. Quelle che non credono in questo non sono musulmane». Di conseguenza le musulmane colpevoli di non portare il velo (anche in Italia) sarebbero delle miscredenti e delle apostate: un’accusa che si può trasformare nella condanna a morte”.
Mi domando se il comportamento dell’imam della moschea di Segrate non configuri un fatto penalmente perseguibile. Il lancio di una fatwa non si sostanzia necessariamente in una condanna a morte, è vero, ma l’esperienza insegna che può tradursi in questo se il messaggio viene raccolto da qualche esagitato (il caso Theo Van Gogh docet).
Dalla prospettiva del nostro ordinamento giuridico, si può quindi configurare il reato di incitamento all’omicidio. A mio avviso, della questione dovrebbe occuparsi la magistratura. Confesso di nutrire poche speranze in proposito, ma sarebbe finalmente una risposta, chiara e forte, alla tracotanza di questi imam.

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