Riporto il post, intitolato ‘Giustizia e legalità’, di Piergiobbe. Eventuali commenti possono essere inseriti direttamente nel post dell'autore.
«(...) la Giustizia ha poco a che fare con la legalità. Però, noi cattolici, tutti i cristiani, tutti coloro che hanno una fede religiosa (...) sappiamo da dove provenga l'unica vera Giustizia. Gli altri come fanno a distinguere le due cose?
Se il punto di partenza è mutevole, incerto, in balia del caso e del tempo, come diavolo si può distinguere il giusto dal legale? Cofferati perciò è coerente: da ateo sostiene che l'unico bene è rappresentato dalla e nella legge. Se la legge non risolve i problemi, si cambi la legge, ma, per cortesia, non si osi parlare di Giustizia! (...)
Io comunque non riesco ancora a capire da dove partano (gli atei)... Va bene la legge naturale, ma se valesse per tutti, come sarebbe possibile l'aborto, il controllo delle nascite, la pena di morte, ecc. ecc.?
Tutti, naturalmente, hanno, diciamo così, una personale idea di cosa sia giusto o ingiusto (spesso acquisita in oratorio...), ma per i laici questi concetti non sono assoluti e immutabili. Infatti possono variare a seconda dell'epoca storica, delle circostanze, dell'utilità. Se sono quindi concetti individuali e variabili, in pratica non valgono niente. Di qui il famoso relativismo che a questo punto è molto più onesto dell'invocare una fantomatica giustizia, basata sul nulla...
Visto che anche il più idiota degli uomini capisce che, relativizzando tutto, non solo è impossibile la convivenza civile, ma si è destinati ad un inevitabile rovina della società, si è affidato alla sola legge il compito di guidare l'umanità.
Purtroppo però, nascondendosi dietro la pericolosa illusione di essere "uguale per tutti", la legge, da strumento per regolare i rapporti umani, è stata trasformata in un idolo in grado di salvaguardare i diritti di ogni persona.
E di quanto ciò sia dannoso ne è prova, ad esempio, la pretesa di usare la legge per far punire anche il più piccolo torto, o presunto torto ricevuto, preferendo spendere in avvocati che tentare pacifiche conciliazioni con parenti o vicini di casa (mi dicono che il mestiere di "avvocato dei condomini" è quotatissimo!). Ne è prova anche l'ostinazione legalista del sindaco che paradossalmente fa passare il concetto che "per cambiare la legge bisogna applicarla!".
Sì perché a differenza della vera Giustizia, la legge naturalmente è mutabile, per cui è relativa. E quindi in sostanza non contiene nessun valore. Ma questo non si può dire perché chi ha fatto della legge un dio minore sostiene che per fare le leggi ci si debba comportare con un etica (derivante da dove, nessuno lo sa, visto che un'etica laica è di fatto relativa e perciò non si basa su verità assolute...). Così dopo aver fatto uscire i valori dalla porta, cercando di rendere neutra la legge, li si fa rientrare dalla finestra. E improvvisamente si ricomincia a parlare di giustizia: perciò è legale, ma ingiusto che Berlusconi faccia leggi ad personam, è legale, ma ingiusto che Cofferati usi le ruspe, è legale ma ingiusto che si vendano le armi, ecc. Salvo poi inorridire quando si prova a dire che sono legali, ma ingiusti il divorzio, l'aborto, la fecondazione assistita, considerati "sacre" conquiste della moderna società.
Ma cosa ce ne facciamo di questa giustizia, ancora una volta relativa, mutabile, individuale, basata sul nulla, uguale alla legge di cui dovrebbe essere il contraltare? Davvero nulla, io credo.»
Sottoscrivo.
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