Un libro e un documentario per spiegare chi sono quelli dell’Opus Dei, parole e immagini per mettere a fuoco l’Opera di Josemaría Escrivá de Balaguer messe in fila da Giovanni Minoli con Stefano Rizzelli. Il libro è breve, una sorta di didascalia del film, che Rizzoli ed Eri vendono in un cofanetto unico. Il risultato è buono perché ne risulta un facile percorso di comprensione.
Sull’Opus Dei sì è scritto tanto. Ha molti detrattori e molti estimatori. Minoli si limita a fare il cronista, ma smonta tanti luoghi comuni e soprattutto chiede di rispondere alle accuse agli stessi membri dell’Opera. Una di queste riguarda la segretezza, per cui l’Opus Dei è soprannominata la "Massoneria bianca". Qui si spiega che non di segretezza si tratta, ma di discrezione, e che tuttavia, oltre 40 anni fa il fondatore aveva detto non essere necessaria. Il libro e il filmato sono costruiti attorno alla vita e ai pensieri di Josemaría Escrivá de Balaguer, unico santo di cui esiste un’ampia documentazione filmata.
Minoli non fa il teologo né lo storico, ma analizza, in modo scientifico, Escrivá il comunicatore, perché questo egli era soprattutto. Usava tenere lunghissime conversazioni con i membri dell’Opera ovunque nel mondo. Sono l’immagine pubblica di un uomo dalle tante sofferenze interiori. Ma sono l’immagine di un uomo estroverso e sereno.
Chi era Escrivá? Un uomo scomodo, pericoloso, o solo uno che ha trovato un modo originale di comunicare il Vangelo? Minoli ne dà un’interpretazione non banale, con il suo stile fatto di poche, fulminanti parole. Dice che per Escrivá Cristo era uno che sta «sopra una croce, senza spettacolo». È questo Vangelo, pieno di parole e povero sulla scena, che l’Opus ha deciso di servire.
Alberto Bobbio, su Famiglia Cristiana del 6 aprile
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