Sunday, August 19, 2007

L’Apocalisse e la fede, una riflessione domenicale

Che senso ha una rapidissima e banalissima incursione sulle cose ultime? e da qui sulla fede? Lo dico chiaramente, non lo so. È che mi va di farlo. Tanto non costa nulla, a parte il rischio di fare figuracce.
In una biografia di Padre Pio scritta da Renzo Allegri, ricordo di aver letto che, a chi gli chiese della fine del mondo, il santo rispose: “L’umanità non è nemmeno a metà del suo cammino”.
Da parte mia, non avendo a disposizione un interlocutore di così alto livello, mi limitai anni fa a proporre la stessa questione ad un amico che studiava teologia. “Con l’Apocalisse è probabile che non ci saranno fiamme e devastazioni o quant’altro appartiene all’immaginario collettivo. Si tratterà forse di un cambio di dimensione. Da quella che adesso conosciamo, passeremo ad un’altra dove fede, speranza e carità saranno virtù superate, perché saremo ormai una cosa sola con Dio”. (Mi astenni dal chiedergli dell’Anticristo, adattando al riguardo il consiglio della Chiesa sullo spiritismo: tenersi scrupolosamente lontani da certe faccende, soprattutto se non si posseggono la fede, le conoscenze e gli strumenti di lavoro adeguati.)
Non so perché, ma fino a poco tempo fa ho sempre pensato che la fine del mondo sarebbe giunta quando gli uomini, a qualunque latitudine, si fossero convertiti a Cristo. Tutti gli uomini, mussulmani compresi! Non avrebbe avuto grande importanza, dicevo tra me, che tutti fossero battezzati. Ciò che conta veramente per Dio è l’abbandono sincero e totale al Suo amore, che si esprime ogni giorno nella carità concreta verso il prossimo.
Oggi, per quel che vale, non credo più che la fine del mondo sarà anticipata dalla conversione generale. È ragionevole invece pensare che, al momento dell’Apocalisse, non tutti saranno cristiani, anzi. Addirittura, è possibile che in Occidente pochi crederanno ancora in Dio. È possibile che soprattutto i cattolici si saranno ridotti a ‘quattro gatti’. Tutto ciò però non vuol dire che la Chiesa di Roma, l’unica in cui sussiste il Vangelo di Cristo, sarà stata sconfitta. Significa solo tenere nel debito conto il dubbio di Gesù «Ma quando tornerò, troverò ancora la fede sulla terra?» (Luca 18,8). Questa fede in un Dio che non si può vedere e toccare, in un Dio che, essendo Amore, rispetta la libertà dell’uomo di non credere. “Beati coloro che crederanno senza aver veduto”. Lui che potrebbe mostrarsi all’umanità quando vuole per toglierle ogni dubbio su Se stesso, preferisce invece che Lo si cerchi e Lo si trovi nel silenzio e nei piccoli segni che ci invia di continuo.
Ho scoperto di recente una frase di Pascal. Può essere d’aiuto per il cristiano, anzi, per il cattolico che rischia di scoraggiarsi di fronte alle nubi che si addensano all’orizzonte: “Sempre si troveranno abbastanza luci per chi voglia credere e abbastanza ombre per chi voglia dubitare”.
Andiamo avanti.

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