di Michele Brambilla, su Il Giornale di oggi.
È difficile, molto difficile terminare la lettura del nuovo libro di Antonio Socci (Indagine su Gesù, Rizzoli, in libreria da domani) senza venir assaliti perlomeno da un dubbio: e se davvero quell'uomo che ha spezzato la storia in due, avanti Cristo e dopo Cristo, fosse la suprema rivelazione di Dio al mondo? Bisogna essere prevenuti alla massima potenza, anzi bisogna essere fermamente determinati a non volere credere, per liquidare la questione con un'alzata di spalle e un sarcastico commento: tutte balle, tutte vecchie superstizioni, questioni che la ragione ha spazzato via.
Invece è proprio appellandosi alla ragione che Socci, con la sua lunga e dettagliata inchiesta, dimostra che il «caso Gesù» non può essere archiviato: probabilmente, non potrà mai essere archiviato. In fondo, perfino fermandoci a quel limitato frangente che è il caso editoriale italiano di questi ultimi anni, dobbiamo prendere atto che parlare di Gesù è in qualche modo inevitabile. Per anni sono stati ai vertici della classifica libri scritti su quel falegname ebreo vissuto duemila anni fa, e vissuto in modo tale da essere destinato - secondo le categorie degli storici - a un'assoluta ininfluenza.
Senza alcun potere economico, senza esercito, perfino senza chiesa (quella del suo tempo lo rifiutò), Gesù fu - visto con occhi umani - un fallito. Attorniato da quattro gatti che contavano meno di zero nella società del loro tempo (pescatori, vagabondi, nullafacenti) e per giunta tanto vigliacchi da rinnegare il maestro subito dopo la più ignominiosa delle morti (la crocifissione, supplizio riservato alle persone più spregevoli), Gesù - secondo "ragione" - non avrebbe dovuto lasciare alcuna traccia di sé. Invece, da quell'oscuro predicatore vissuto in una remota e insignificante provincia dell'impero è nato quel che sappiamo, e che ancora oggi possiamo vedere con i nostri occhi e toccare con le nostre mani.
Per tornare al piccolo caso editoriale cui facevamo cenno: sono anni, dicevamo, che in Italia spesso ai vertici della classifica ci sono libri su Gesù: scritti per affermare o per negare la sua divinità; ma comunque scritti, e letti da milioni da persone. Alla metà degli anni Settanta ci fu il boom mondiale di Ipotesi su Gesù di Vittorio Messori; in anni recenti, i successi dei libri «contro» di Odifreddi e di Augias; ora, quello di Socci, un credente. C'è insomma anche qui la prova dell'impossibilità di restare indifferenti di fronte a Gesù. Lo si adora o lo si nega: ma con lui si devono fare i conti.
Trova così conferma la celeberrima scommessa pascaliana: a chi diceva di non voler affatto prendere parte nella disputa pro o contro Gesù, il grande filosofo e scienziato francese del Seicento rispondeva: vi sbagliate, scommettere è inevitabile, siete incastrato anche voi; non fosse altro per il fatto che un sì o un no lo si pronuncia, prima ancora che con un'adesione razionale, con la vita. C'è insomma, in questo infinito, invincibile interesse per il Nazareno la conferma di un mistero che ha resistito ai secoli, anzi ai millenni; e una smentita clamorosa a tutta quella cultura del Novecento che riteneva ormai superata, dall'«uomo nuovo», la questione religiosa, e la questione-Gesù in particolare.
L'indagine di Socci è seria, approfondita, documentata; crediamo che pure chi arriverà a conclusioni diverse da quelle dell'autore non potrà comunque non definirla anche «onesta». Socci non nasconde di pensare e scrivere come un apologeta; e dell'apologetica cristiana rispetta lo stile tradizionale: dimostrazione divina; dimostrazione cristiana; dimostrazione cattolica. Dio, Cristo e la Chiesa: sono questi i tre capisaldi del cattolico credente.
È chiaro che se si nega il primo «tassello», Dio (e Dio ci perdoni di averlo definito un «tassello»), cade anche tutto il resto. Socci parte quindi con la questione-Dio: e lo fa in modo avvincente, incalzante, smontando il luogo comune oggi assai in voga (in realtà più in certa pubblicistica che fra scienziati) che vorrebbe far credere un'incompatibilità tra scienza e fede in un Creatore. Si parte dalla clamorosa conversione, avvenuta quattro anni fa, del filosofo Antony Flew, per decenni simbolo mondiale dell'ateismo scientifico e padrino degli attuali divulgatori dell'inesistenza di Dio come Richard Dawkins. Il cambiamento di Flew fece enorme impressione, perché non avvenne per una crisi di coscienza personale o per una storia privata. Fu, al contrario, il naturale sbocco della sua indagine sull'origine dell'universo e della vita: «La mia scoperta del Divino è stata un itinerario (pellegrinaggio) della ragione e non della fede».
Flew mandò in crisi l'ateismo scientifico anche e soprattutto perché la sua non fu la conversione a una religione (il che avrebbe necessariamente comportato un atteggiamento di fede, oltre che di ragione), bensì al puro e semplice deismo: alla convinzione, cioè, che l'esistenza dell'universo e della vita sono inspiegabili senza quella di un'entità superiore intelligente. È la stessa convinzione che avevano personaggi abusivamente arruolati, oggi, dagli atei militanti, come Voltaire («Geometri, non filosofi, hanno potuto rigettare le cause finali, ma i veri filosofi le ammettono») o Rousseau («A quali occhi non prevenuti l'ordine sensibile dell'universo non annuncia una suprema intelligenza?»).
Socci prosegue in questo capitolo introduttivo riportando le posizioni dei più grandi scienziati contemporanei, da Einstein a Hawking, dagli studiosi del Big Bang a quelli del Dna: tutti concordi nel riconoscere che la più ragionevole delle risposte di fronte al mistero dell'infinitamente grande e dell'infinitamente piccolo, così come di fronte allo stupore per la meravigliosa complessità anche del più minuscolo organismo vivente, è quella di ammettere un Creatore. Insomma, un qualcosa che chiamiamo Dio.
Ma se la scienza e la ragione - sempre più, contrariamente a quanto si vuol far credere - portano al riconoscimento dell'esistenza di un Dio, più fitto si fa l'enigma se cerchiamo di passare dall'esistenza all'essenza. Dio c'è. Ma chi è? L'uomo, da solo, non lo può capire. Per la tradizione giudaico-cristiana, Dio stesso ha scelto di rivelarsi entrando nella storia, prima scegliendosi un popolo come testimone, e poi (per i cristiani) addirittura facendosi uomo. È l'Incarnazione lo scandalo supremo, e Socci cerca di dimostrare, perlomeno, che non c'è contrasto tra la ragione e la fede in quell'avvenimento inaudito.
E qui si arriva al cuore di questa Indagine su Gesù. Gli argomenti, ma direi soprattutto i fatti elencati da Socci, sono tanti e così dettagliati che un sunto, qui, farebbe torto al libro. Lasciamo al lettore il gusto di scoprire, una dopo l'altra, pagine che appassionano. Sono pagine, appunto, su un personaggio che continua a dividere. C'è chi si batte per annunciarlo al mondo; e chi per ridurlo al rango di una leggenda. Il mistero è destinato a restare probabilmente alla fine dei tempi, perché per la fede occorre comunque, e sempre, uno scatto del cuore. Ma come diceva un grande accademico di Francia, il filosofo Jean Guitton, «chi crede, crede in un mistero; ma chi non crede, crede nell'assurdo».
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