Monday, July 21, 2008

Il senso cristiano della sofferenza: da Orazio Petrosillo a Padre Livio Fanzaga

Ho appena finito di leggere “Aldilà, la vita oltre la morte” (Editore Gribaudi, 2008, € 8, pag. 128), quarto libro-intervista di Andrea Tornielli a Padre Livio Fanzaga, direttore di Radio Maria. Come già anticipato dal titolo, l’intervista si incentra sulle cosiddette ‘cose ultime’ o ‘novissimi’, ovvero morte, paradiso, inferno, purgatorio, resurrezione finale. Lo scopo dichiarato del libro è quello di fornire ai lettori una catechesi in linea con il Magistero della Chiesa cattolica. L’obiettivo, a mio parere, è stato perfettamente raggiunto. La chiarezza di Padre Livio e la sensibilità di Andrea Tornielli nel parlare di argomenti così poco digeribili per la sensibilità comune, anche dei credenti, sono esemplari.
Di seguito, riporto un brano dell’intervista in cui si accenna al valore della sofferenza. Per quanto mi riguarda, il caso citato da Tornielli è stato un pugno nello stomaco. La risposta di Padre Livio è sincera e cristianamente virile. Ritengo di far cosa utile nel segnalare le loro parole.
[Tornielli] Orazio Petrosillo, vaticanista de “Il Messaggero”, un amico, un maestro, che io ho sempre conosciuto con il suo carattere molto scherzoso, un uomo di fede, è stato colpito da una grave emorragia cerebrale mentre seguiva le vacanze del Papa nel 2006 in Val d’Aosta ed è morto l’anno successivo, dopo molte sofferenze. La moglie mi ha raccontato qualcosa che mi ha molto colpito e che non avrei mai immaginato. Orazio aveva chiesto, prima di morire, di poter soffrire ed è stato esaudito perché per un anno ha sofferto un calvario, in ospedale con la tracheotomia …

[Padre Livio] Non avrei avuto il coraggio di fare questa preghiera! È una grazia. Per fare questa richiesta lui ha avuto una grazia, una grazia speciale. Io non avrei mai chiesto una cosa del genere. Senza una grazia non si chiede questo. È stata una cosa soprannaturale. … la sofferenza è una grazia speciale a cui alcuni sono chiamati.
C’è un problema della valorizzazione della sofferenza umana, perché attraverso di essa si salvano le anime. Non è solamente un fatto personale, ma è una forma di apostolato. Cioè i malati, uniti a Cristo in croce, salvano le anime, ottengono grazia di conversione per le anime: … le sofferenze salvano le anime. (…) Mi ha sempre impressionato molto come Padre Pio abbia voluto chiamare il suo ospedale “Casa Sollievo della Sofferenza”. Questo mi colpisce di più dei suoi tanti miracoli, cioè questa sua sensibilità umana, che è poi quella di Gesù verso i malati. Perché Gesù si sentiva colpito dai malati, era colpito dalla loro sofferenza e la alleviava. (…)
Non bisogna pensare che la sofferenza sia causata dal peccato. La sofferenza fa parte della redenzione umana, la vera sofferenza fa parte della carità, del piano di Dio. Comunque la sofferenza la si allevia anche dandole un significato, finalizzandola. Cioè affrontandola per la salvezza delle anime in Cristo risorto.
La sofferenza, allora, finisce per non avere più una valenza negativa, ma acquista una valenza positiva. Quindi si può persino soffrire con gioia. Bisogna offrire la sofferenza a Cristo sofferente per la salvezza delle anime e per la propria purificazione personale, perché se si fa il purgatorio in questa vita, non la si fa più nell’altra vita.

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