Monday, December 03, 2007

Scoprii cosa intendono i cristiani per grazia

Ora, dopo trentacinque anni di buddhismo, induismo e taoismo … cominciai a parlare con quel Dio. Gli dissi: «Padre, non credo che tu esista, né credo a quello che è scritto nel Vangelo. Posso credere che Gesù sia un profeta storicamente esistito, ma non che sia il figlio di Dio disceso dal cielo, né che tu ci voglia bene, che tu sia amore e che ci ascolti anche nelle occasioni più trascurabili. Però voglio dirti tutto quello che penso di te, di me e del mondo».
Poi gli raccontai tutta la mia vita, dall’infanzia all’adolescenza, all’età matura, fino a quel giorno. Gli spiegai che non è possibile credere in sciocchezze come l’idea di un Dio persona e che, se lui fosse veramente stato il padre-creatore dell’umanità e del cosmo, il mondo non sarebbe pieno di sofferenza e ingiustizia. Non è possibile che esista un Dio personale, una proiezione di Gesù, che si identificò con un Dio padre.
Gli spiegai che gli umani hanno bisogno di un punto fisso a cui aggrapparsi. «No, non è possibile che l’universo sia veramente nelle tue mani con tutti i cataclismi che si precipitano su questo pianeta e sull’umanità. È impossibile che Cristo abbia dato il potere ai suoi discepoli di alleviare le sofferenze con prodigi e miracoli. Non è vero che gli apostoli fossero in grado di fare cose più grandi di Te…».
Continuai per molte ore a gridargli la mia disperazione per tanta assurdità. Gli esseri umani sono esseri disperati, cercano di aggrapparsi alle religioni, hanno bisogno di intermediari che li assolvano. Sì, Padre, questa è una umanità smarrita nel buio, che viaggia su questa sfera celeste nell’immensità del cosmo. (…)
Da quel giorno ho continuato ad esporre tutto al Padre. Quando mi torna alla mente un trauma della mia infanzia, lo espongo a lui così come lo sto rivivendo. (…)
Scoprii che, nel cristianesimo, la via non è quella che parte dalla frustrazione o negazione di qualcosa, ma solo dal desiderio che le qualità divine della luce di Cristo si incarnino in noi.

L’umiltà è la chiave spirituale. Senza l’umiltà non otterrete lo Spirito e lo Spirito Santo non può convivere con un cuore indurito dall’orgoglio, sia spirituale sia intellettuale. Soltanto l’innocenza ci apre il regno di Dio.
Ma c’è dell’altro. La vera umiltà è un dono dall’alto, perché di natura soprannaturale. L’uomo decaduto, da solo, non la potrà mai realizzare, sarà sempre ingannato dal proprio io. È qui il nocciolo della questione, dove molte tradizioni inciampano.

(Da Mendicante di Luce, di Masterbee)

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