V’interessa sapere come si monta un presunto scandalo sessuale che coinvolga la Chiesa, una di quelle storiacce di pedofilia che mandano in brodo di giuggiole Michele Santoro? Seguitemi, e ve lo spiego. Il 25 marzo intervisto su questo giornale Bruno Zanin, l’attore che interpretò Titta Biondi nell’Amarcord di Federico Fellini. Una persona seria, mite, con una storia personale sconvolgente. Lontano 400 chilometri da casa, in un seminario del Piemonte dove i suoi, contadini veneti poverissimi, l’avevano mandato a frequentare la terza media, fu violentato da un prete, un missionario di ritorno dal Sudamerica per un periodo di convalescenza. Una storia vera – questa – drammaticamente vera: di recente ho rintracciato il nome del sacerdote pedofilo, che era stato a sua volta stuprato da bambino. S’è suicidato nel 1989 in Venezuela, forse schiacciato dal peso dei suoi peccati. Una morte in qualche modo evangelica: «Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono, è meglio per lui che gli si metta una macina da asino al collo e venga gettato nel mare» (Marco 9, 42). Se l’era messa da solo, la macina. L’ho comunicato io a Zanin, che ha dimostrato una compostezza esemplare, «forse perché per me quel tale prete era già morto, l’ho ucciso dentro di me migliaia di volte e altrettante volte ho provato una gran pena per lui, sempre in bilico, sempre combattuto...».
L’intervista con l’ex attore era stata linkata in parecchi siti Internet, insomma ha fatto il giro del mondo. E così mi è giunta da Regina, città del Canada, 180.000 abitanti, una mail firmata con tanto di nome e cognome. Me l’ha scritta un signore che, dopo aver letto Il Giornale in Rete, aveva chiesto a una cugina di spedirgli dall’Italia il libro autobiografico di Zanin, Nessuno dovrà saperlo. «Sono italo-canadese (mezzo veronese, un quarto udinese, un quarto padovano)», si presentava, «mi scuso per italiano così scolastico, ma io sono nato qui e a parte tre anni studente in teologia a Roma (Collegio Capranica) faccio mio meglio per praticare la buona lingua di Dante». Dopodiché mi spiegava che avrebbe «comprato all’istante un fucile per andare a Roma in Vaticano e uccidere un alto prelato che anche a me ha rovinato la vita come a Bruno Zanin». Ed entrava nei dettagli: «L’altissimo uomo della Curia vaticana mi ha abusato per tre anni come se io fossi una sua creatura di piacere e basta. Ero il più bravo e diligente studente di latino, greco, teologia, esegesi e a 15 anni appena arrivato da seminario di Toronto quel prete che era semplicemente vicedirettore mi ha sedotto e portato ad esaudire ipso facto ogni piccolo capriccio e fantasia sessuale che gli passava per la testa. Oggi sono in cura coatta psichiatrica perché maniaco sessuale-predatore con tendenze verso adolescenti maschi». Da pelle d’oca.
Senonché più avanti nel racconto gli erano sfuggite (sfuggite?) le iniziali di questo cardinale che «se la spassa agli alti vertici della politica vaticana, certamente del mio malessere, del mio naufragare io credo non gli frega niente». Mi sono messo a indagare e, con mia grande sorpresa, ho scoperto che uno solo, fra i 183 cardinali del Sacro collegio, ha quelle iniziali. Anche invertendo l’ordine di nome e cognome, non c’era possibilità di equivoco. La circostanza mi ha arrecato un qualche turbamento: si tratta di uno dei più stretti collaboratori di Papa Ratzinger. Ma c’è voluto poco per accorgermi che la biografia di questo cardinale era assolutamente incompatibile con una sua presenza all’Almo Collegio Capranica negli anni in questione.
L’ho fatto presente al mio corrispondente canadese, chiedendogli ragione di questa clamorosa discrepanza. Mi ha subito risposto: «Sono qui a correggere un errore di trascrissione di data, non era 63/67 ma il 73/76, sono lievemente dislessico. Ed è esatto il nome del prelato, era mio professore (...) All’Almo Collegio aveva una sua stanza messa a disposizione dal Cardinale Protettore perché faceva anche a lui da collaboratore-segretario (...) Perché Dio vede e tollera queste abberazioni?». Non che il cambio di date mutasse qualcosa: nel curriculum del cardinale non v’era traccia di questo incarico. Pur perplesso per la disinvolta correzione di tiro (ma come, dici che ti violentava e non ti ricordi in che anno?), gli ho risposto: «Cercherò di saperne di più. Magari è questo che Dio, il quale vede ma non tollera, s’aspetta da un giornalista».
Non l’avessi mai fatto! «Lei crede forse che sono milantatore?», ha replicato stizzito l’italo-canadese. Evidentemente s’aspettava che prendessi per oro colato il suo racconto, e magari che glielo pubblicassi incorniciato in prima pagina, sotto la testatina «La storia», come usa oggidì nei giornali. Mi ha intimato: «Guardi qui sotto, ne avrà conferma, la regola è non dare scandalo, non farsi scoprire, non rendere pubblico il proprio privato». Conferma? Seguiva il link di un sito Web avente per suffisso «tk», che sta per Tokelau, arcipelago corallino di 1.500 abitanti in mezzo al Pacifico, nella Polinesia, vicino alle isole Samoa. Accidenti, o tutti i preti sporcaccioni del mondo si sono rifugiati lì, beati loro, oppure la fantasia del diavolo davvero non ha confini, mi sono detto.
Ho cliccato sull’indirizzo con comprensibile riluttanza. Mi sono uscite in rapida sequenza tre finestre di Explorer con annunci senza capo né coda, il primo dei quali era: «Laudetur Iesus Christus... et Prudentia. Venerabilis è moderato... is moderated... est modéré» e l’ultimo: «La Fraternità sacerdotale Venerabilis non condivide la cultura gay attuale diffusa dai tanti gruppi gay e dai mass-media ostili alla Chiesa Cattolica Romana. La Fraternità Venerabilis sarà sempre PER e CON la Chiesa Cattolica Romana e dalla parte del Vicario di Cristo in Terra, Sua Santità Benedetto XVI. Diciamo NO alla strumentalizzazione e alla ricuperazione dei sacerdoti gay dal lobbying gay e dalle logge massoniche». Roba da legge 180. Vi risparmio la descrizione dell’immondizia che ho trovato dentro il sito. Ce n’era per l’intera gerarchia vaticana, fino all’ultimo dei cerimonieri pontifici, e con tanto di foto. Niente male per un sito moderato, moderated, modéré.
Nella home page faceva bella mostra una foto del Pontefice con l’esortazione «Orate pro eo!». L’orologio scandiva l’ora di «Vatican City» e sotto c’era persino la bandiera giallobianca, sormontata dalle chiavi di Pietro, che garriva al vento. Il tutto per la gioia di Eoliano, «sacerdote molto dotato» che cercava «seminaristi estimmatotori esperti», di Mik che si accontentava di «prete o sacerdote maturo in Calabria» (evidentemente pensa che si tratti di due figure diverse: le vuol provare proprio tutte) e altri squinternati del genere.
Per concludere, martedì scorso ne ho finalmente saputo di più sull’illustre porporato che avrebbe traviato seminaristi in anni lontani: mai avuto niente a che fare con l’Almo Collegio Capranica. Il quale nel 2007 può dunque celebrare in serenità il 550° di fondazione preservando intatta la propria reputazione. Nell’albo d’oro del Capranica, dove studiarono Benedetto XV e Pio XII, il nome del cardinale ingiustamente diffamato non figura né come allievo, né come insegnante, né come convittore, né come collaboratore-segretario. Accertato senz’ombra di dubbio.
Per cui il «maniaco sessuale-predatore» sarà anche dislessico, ma le bugie riesce a scriverle benone. Se impara anche a raccontarle davanti a una telecamera, una comparsata ad Annozero non gliela negheranno di sicuro.
(Stefano Lorenzetto, il Giornale, 23 giugno 2007)
Thursday, June 28, 2007
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