Wednesday, February 15, 2006

“Perché l’Occidente non può dialogare con i musulmani”

Riporto i passaggi più interessanti dell’articolo comparso oggi su Libero, a firma di Renato Besana, sul “Perché l’Occidente non può dialogare con i musulmani”.

«Chi, dall’Italia in su, abita nell’ala nord, rifiuta di ammettere che sia in atto un conflitto fra religioni: non riconosce infatti come tale la propria, che ha ormai sostituito o sovrastato il cristianesimo, dopo averlo combattuto, anche aspramente per oltre due secoli (e ancora lo combatte sui temi legati alla sfera sessuale). È una religione laica, secolare e immanente, che discende dai principi del 1789, l’anno zero della nostra era. (…) Sempre sul punto d’essere travolta, s’immagina però eterna e buona per ciascun uomo, a ogni latitudine.
Ne consegue un rapporto asimmetrico con l’islam, dentro e fuori i confini continentali. Un esempio, fra i molti: nella gran parte dei Paesi a maggioranza musulmana costruire una chiesa è impensabile, mentre in Europa sorgono sempre nuove moschee, non di rado con il contributo pubblico. Il nostro comportamento non è dettato da debolezza o accondiscendenza: la libertà, o se si preferisce l’indifferenza di culto, qualsiasi esso sia è per noi irrinunciabile; l’eventuale diniego a erigere qualsivoglia tempio ferirebbe, prima di tutto, la nostra sensibilità. Rispettare i precetti del Corano, piuttosto che professarsi buddisti o adepti di scientology, non può comportare differenza alcuna; chiunque affermi il contrario rischia l’emarginazione dal contesto sociale. In Europa, tutti i movimenti di matrice identitaria, è il caso della Lega, sono stati costretti ad attenuare le loro posizioni, pena l’ostracismo.
(…) Il ragazzo turco che, credendo di colpire l’Occidente, ha fatto fuoco su Don Santoro, ha compiuto un crimine insensato: ha sbagliato bersaglio, come dimostra la sostanziale indifferenza con il quale il Vecchio Continente ha accolto la notizia dell’omicidio. La comprensibile necessità di non guastare i rapporti con Ankara ha avuto il sopravvento; fosse accaduto altrove, le reazioni non sarebbero state troppo diverse. I nostri missionari infatti non indossano più la tonaca; a rappresentare e diffondere il nostro stile di vita sono, casomai, cantanti pop e ragazze piuttosto svestite. (…)
Non c’è partita. Se a confrontarsi, com’è accaduto per quasi quattordici secoli di scontri e reciproche influenze, fossero cristianesimo e islam, si troverebbe forse una lingua comune nella quale costruire un dialogo possibile. Per adesso, ci si parla tra sordi: non può che finire a botte.»

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