Monday, February 15, 2010

Matrimonio e unioni omosessuali. Nota dottrinale

Roma, 14 febbraio 2010. Documento di S.Em. Card. Carlo Caffarra, Arcivescovo di Bologna, pubblicato in data odierna.
Matrimonio e unioni omosessuali. Nota dottrinale

La presente Nota si rivolge in primo luogo ai fedeli perché non siano turbati dai rumori mass-mediatici. Ma oso sperare che sia presa in considerazione anche da chi non-credente intenda fare uso, senza nessun pregiudizio, della propria ragione.

1. Il matrimonio è uno dei beni più preziosi di cui dispone l’umanità. In esso la persona umana trova una delle forme fondamentali della propria realizzazione; ed ogni ordinamento giuridico ha avuto nei suoi confronti un trattamento di favore, ritenendolo di eminente interesse pubblico.
In Occidente l’istituzione matrimoniale sta attraversando forse la sua più grave crisi. Non lo dico in ragione e a causa del numero sempre più elevato dei divorzi e separazioni; non lo dico a causa della fragilità che sembra sempre più minare dall’interno il vincolo coniugale: non lo dico a causa del numero crescente delle libere convivenze. Non lo dico cioè osservando i comportamenti.
La crisi riguarda il giudizio circa il bene del matrimonio. È davanti alla ragione che il matrimonio è entrato in crisi, nel senso che di esso non si ha più la stima adeguata alla misura della sua preziosità. Si è oscurata la visione della sua incomparabile unicità etica.
Il segno più manifesto, anche se non unico, di questa “disistima intellettuale” è il fatto che in alcuni Stati è concesso, o si intende concedere, riconoscimento legale alle unioni omosessuali equiparandole all’unione legittima fra uomo e donna, includendo anche l’abilitazione all’adozione dei figli.
A prescindere dal numero di coppie che volessero usufruire di questo riconoscimento – fosse anche una sola! – una tale equiparazione costituirebbe una grave ferita al bene comune.
La presente Nota intende aiutare a vedere questo danno. Ed anche intende illuminare quei credenti cattolici che hanno responsabilità pubbliche di ogni genere, perché non compiano scelte che pubblicamente smentirebbero la loro appartenenza alla Chiesa.

2. L’equiparazione in qualsiasi forma o grado della unione omosessuale al matrimonio avrebbe obiettivamente il significato di dichiarare la neutralità dello Stato di fronte a due modi di vivere la sessualità, che non sono in realtà ugualmente rilevanti per il bene comune.
Mentre l’unione legittima fra un uomo e una donna assicura il bene – non solo biologico! – della procreazione e della sopravvivenza della specie umana, l’unione omosessuale è privata in se stessa della capacità di generare nuove vite. Le possibilità offerte oggi dalla procreatica artificiale, oltre a non essere immuni da gravi violazioni della dignità delle persone, non mutano sostanzialmente l’inadeguatezza della coppia omosessuale in ordine alla vita.
Inoltre, è dimostrato che l’assenza della bipolarità sessuale può creare seri ostacoli allo sviluppo del bambino eventualmente adottato da queste coppie. Il fatto avrebbe il profilo della violenza commessa ai danni del più piccolo e debole, inserito come sarebbe in un contesto non adatto al suo armonico sviluppo.
Queste semplici considerazioni dimostrano come lo Stato nel suo ordinamento giuridico non deve essere neutrale di fronte al matrimonio e all’unione omosessuale, poiché non può esserlo di fronte al bene comune: la società deve la sua sopravvivenza non alle unioni omosessuali, ma alla famiglia fondata sul matrimonio.


3. Un’altra considerazione sottopongo a chi desideri serenamente ragionare su questo problema.
L’equiparazione avrebbe, dapprima nell’ordinamento giuridico e poi nell’ethos del nostro popolo, una conseguenza che non esito definire devastante. Se l’unione omosessuale fosse equiparata al matrimonio, questo sarebbe degradato ad essere uno dei modi possibili di sposarsi, indicando che per lo Stato è indifferente che l’uno faccia una scelta piuttosto che l’altra.
Detto in altri termini, l’equiparazione obiettivamente significherebbe che il legame della sessualità al compito procreativo ed educativo, è un fatto che non interessa lo Stato, poiché esso non ha rilevanza per il bene comune. E con ciò crollerebbe uno dei pilastri dei nostri ordinamenti giuridici: il matrimonio come bene pubblico. Un pilastro già riconosciuto non solo dalla nostra Costituzione, ma anche dagli ordinamenti giuridici precedenti, ivi compresi quelli così fieramente anticlericali dello Stato sabaudo.


4. Vorrei prendere in considerazione ora alcune ragioni portate a supporto della suddetta equiparazione.
La prima e più comune è che compito primario dello Stato è di togliere nella società ogni discriminazione, e positivamente di estendere il più possibile la sfera dei diritti soggettivi.
Ma la discriminazione consiste nel trattare in modo diseguale coloro che si trovano nella stessa condizione, come dice limpidamente Tommaso d’Aquino riprendendo la grande tradizione etica greca e giuridica romana: «L’uguaglianza che caratterizza la giustizia distributiva consiste nel conferire a persone diverse dei beni differenti in rapporto ai meriti delle persone: di conseguenza se un individuo segue come criterio una qualità della persona per la quale ciò che le viene conferito le è dovuto non si verifica una considerazione della persona ma del titolo» [2,2, q.63, a. 1c].
Non attribuire lo statuto giuridico di matrimonio a forme di vita che non sono né possono essere matrimoniali, non è discriminazione ma semplicemente riconoscere le cose come stanno. La giustizia è la signoria della verità nei rapporti fra le persone.
Si obietta che non equiparando le due forme lo Stato impone una visione etica a preferenza di un’altra visione etica.
L’obbligo dello Stato di non equiparare non trova il suo fondamento nel giudizio eticamente negativo circa il comportamento omosessuale: lo Stato è incompetente al riguardo. Nasce dalla considerazione del fatto che in ordine al bene comune, la cui promozione è compito primario dello Stato, il matrimonio ha una rilevanza diversa dall’unione omosessuale. Le coppie matrimoniali svolgono il ruolo di garantire l’ordine delle generazioni e sono quindi di eminente interesse pubblico, e pertanto il diritto civile deve conferire loro un riconoscimento istituzionale adeguato al loro compito. Non svolgendo un tale ruolo per il bene comune, le coppie omosessuali non esigono un uguale riconoscimento.
Ovviamente – la cosa non è in questione – i conviventi omosessuali possono sempre ricorrere, come ogni cittadino, al diritto comune per tutelare diritti o interessi nati dalla loro convivenza.
Non prendo in considerazione altre difficoltà, perché non lo meritano: sono luoghi comuni, più che argomenti razionali. Per es. l’accusa di omofobia a chi sostiene l’ingiustizia dell’equiparazione; l’obsoleto richiamo in questo contesto alla laicità dello Stato; l’elevazione di qualsiasi rapporto affettivo a titolo sufficiente per ottenere riconoscimento civile.

5. Mi rivolgo ora al credente che ha responsabilità pubbliche, di qualsiasi genere.
Oltre al dovere con tutti condiviso di promuovere e difendere il bene comune, il credente ha anche il grave dovere di una piena coerenza fra ciò che crede e ciò che pensa e propone a riguardo del bene comune. È impossibile fare coabitare nella propria coscienza e la fede cattolica e il sostegno alla equiparazione fra unioni omosessuali e matrimonio: i due si contraddicono.
Ovviamente la responsabilità più grave è di chi propone l’introduzione nel nostro ordinamento giuridico della suddetta equiparazione, o vota a favore in Parlamento di una tale legge. È questo un atto pubblicamente e gravemente immorale.
Ma esiste anche la responsabilità di chi dà attuazione, nella varie forme, ad una tale legge. Se ci fosse bisogno, quod Deus avertat, al momento opportuno daremo le indicazioni necessarie.
È impossibile ritenersi cattolici se in un modo o nell’altro si riconosce il diritto al matrimonio fra persone dello stesso sesso.
Mi piace concludere rivolgendomi soprattutto ai giovani. Abbiate stima dell’amore coniugale; lasciate che il suo puro splendore appaia alla vostra coscienza. Siate liberi nei vostri pensieri e non lasciatevi imporre il giogo delle pseudo-verità create dalla confusione mass-mediatica. La verità e la preziosità della vostra mascolinità e femminilità non è definita e misurata dalle procedure consensuali e dalle lotte politiche.

9 comments:

Michus said...

Con tutto il rispetto che posso verso le sue idee e la sua indiscutibile fede...ma l'omosessualità esisteva ed era vissuta dagli esseri umani già da almeno 500 anni prima della venuta del Cristo e dei cristiani. Postulati assolutistici solo il Padre Eterno se li può permettere. Ma sopratutto trovo inacettabile le dottrine ecclesiastiche e dogmatiche della Chiesa di cui non si trova nessuna traccia nel Valgelo a proposito di codanna verso l'omosessualità ed altre ardite negazioni. Piuttosto trovo immorale tutto ciò che la Chiesa incarna oggi e di cui non si trova traccia nella parola del Cristo a proposito di umiltà, amore incondizionato per il prossimo, povertà, razzismo, inquisizione e tante belle cose spacciate per fede. Mi scusi se mi permetto di scrivere il mio pensiero nel suo blog, ma credo che sia sano qualche volta far sentire ai seguaci della chiesa cattolica romana che il buon Dio ha creato tante cose, (compreso il male ed il vecchio satana)e la maggioranza di esse non sono assimilabili alla fede cattolica. Non sarà mai abbastanza cospargersi il capo di cenere per il male inflitto a migliaia innocenti nel nome di Dio.Tolgo il disturbo, buona giornata.

etendard said...

Michus, ha notato che il suo commento prescinde da quanto dice Mons. Cafarra a proposito delle unioni omosessuali? Costui ha fatto un ragionamento preciso. Perché lei, piuttosto che attaccare la Chiesa a prescindere, non ha argomentato una critica a ciò che ha scritto Cafarra? Mah!

Non capisco il suo riferimento al fatto che l’omosessualità esiste da prima della venuta di Cristo. E allora? L’omicidio esiste da sempre, ma non per questo è meno contrario alla volontà di Dio.

A proposito, poi, di tracce nel Nuovo Testamento di condanna dell’omosessualità, mi permetta di correggerla. Nella Lettera ai Romani 1,27 San Paolo dice: «[…] gli uomini, lasciato il rapporto naturale con la donna, bruciarono di desiderio gli uni verso gli altri, compiendo turpitudini uomini con uomini, ricevendo in se stessi la ricompensa debita della loro aberrazione». Certo, San Paolo non è il Vangelo, ma è sempre parola di Dio. Possiamo dire allora che la condanna dell’omosessualità da parte della Chiesa rispecchia la condanna da parte di Dio? Mi pare di sì.
Sul resto che ha scritto non replico, dato che si tratta solo di pregiudizi anticattolici.

Buona giornata anche a lei.

gino said...

michus : "... il buon Dio ha creato tante cose, (compreso il male ed il vecchio satana) ..."

Sbagliato. Dio ha creato l'uomo lasciandolo libero di aderire al proprio progetto (il bene) o di rifiutarlo (il male). Lo stesso Satana era un angelo che non volendo essere secondo a nessuno ha deciso di "mettersi in proprio".

Per criticare bisognerebbe prima avere una vaga idea di quello di cui si sta parlando...

marco said...

proverò ad essere il più sereno possibile nella mia analisi, nonostante le Sue riflessioni mi abbiano lasciato decisamente interdetto sulla possibilità di un dialogo viste le posizioni estreme espresse nell'articolo.

se il bene comune è la procreazione e la sopravvivenza della specie umana e il matrimonio omosessuale è una grave ferita al bene comune, mi sembra di capire che la Sua motivazione più forte sia la mancanza della funzione procreativa nella coppia: lo cita ai punti 2, 3 e pure 4 del Suo articolo.
a questo proposito La voglio rassicurare sulle cifre del disastro: l'umanità non è in pericolo. la specie umana continuerà a riprodursi e il pianeta non si saturerà di "persone diverse" portandoci all'estinzione. è un puro discorso statistico.

sorvolerò su alcune affermazioni ai miei occhi un pò pesanti come "l'equiparazione avrebbe esiti devastanti" e "il giudizio eticamente negativo sul comportamento omosessuale" non volendo approfondire i risvolti profondamente razzisti che queste affermazioni sottointendono.

mi vorrei invece soffermare sull'affermazione di s.tommaso, che io personalmente reputo alquanto nebulosa, e indubbiamente legata al contesto medievale durante il quale fu concepita. trovo la sua applicazione ai nostri giorni quantomeno claudicante: la giustizia ai giorni nostri non assegna beni ma assicura diritti, indipendentemente dai titoli e slegata dal concetto di "persone diverse". concetto che, indubbiamente, trova molti sostenitori in ambienti che non esito a definire razzisti.

Lei ha sapientemente sbarrato la strada ad altre considerazioni, giudicandole irrazionali: mi limiterò ad obiettare una Sua scarsa apertura mentale a riguardo. la tattica di bollare qualcosa come luogo comune è ampiamente abusata, purtroppo, anche in altri campi del dibattito pubblico.

concludo invitandoLa ad evitare la cattiva abitudine di alcune personalità ecclesiastiche che si sentono autorizzate a minacciare i cosiddetti credenti con responsabilità pubbliche ovvero la classe politica che fonda le radici nell'elettorato cattolico trasversale. viviamo in uno stato che ha una classe dirigente menomata, forse anche perchè ha solamente imparato a prendere ordini da chi li minacciava con il cappio del voto. sarebbe bello lasciarci alle spalle certe tradizioni medievali e provare a migliorare le nostre leggi, in tutti i campi, attraverso un confronto aperto e scevro da preconcetti.

mi piace concludere rivolgendomi soprattutto ai giovani. siate liberi nei vostri pensieri e non lasciatevi imporre il giogo delle pseudo-verità create dalla confusione clericale. la verità e la preziosità della vostra sessualità non è definita dalle caste di potere religiose.

Anonymous said...

Io credo che fortunatamente il nostro sia un cammino.
Ad esempio nel medioevo noi donne avevamo a malapena un'anima, eravamo stimate qualcosa di più di un animale domestico. Alfabetizzare una femmina o un contadino, sarebbe parso una cosa inaudita.
Credo che la Chiesa stia vivendo la sua ennesima fase di transizione, ed è proprio in virtù di questi momenti di crisi che riesce a rigenerarsi e a avanzare nei secoli.
Però i laici, i non credenti, spesso fanno fatica a distinguere l'opinione dei servi, dal Pensiero del Padrone di Casa. E non hanno tutti i torti.
Rispettosamente. Lucia.

etendard said...

marco, ha letto l'articolo con attenzione prima di replicare?

Cominciamo col dire che l'autore è il cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, e non il sottoscritto. L'ho chiaramente evidenziato nell'intestazione.

Passiamo adesso alla sua "analisi". La sua obiezione al ragionamento di Caffarra è che i matrimoni omosessuali non minaccerebbero l'estinzione della specie umana!!!
È vero: con o senza matrimoni omo, la specie umana continuerebbe a propagarsi … proprio grazie alle coppie etero! Ma non è questo il punto. Il prelato non sta dicendo che l'ammissibilità del matrimonio omosessuale porterebbe alla fine dell'umanità. Caffarra sta dicendo che lo Stato deve proteggere il matrimonio tradizionale in quanto esso costituisce un BENE SOCIALE a cui vanno riconosciuti SPECIALI DIRITTI. Per le sue intrinseche capacità di procreare ed educare i figli, la coppia etero rappresenta un fondamento essenziale della società. Equiparare i matrimoni omo a quelli etero equivale a dire che, per lo Stato, i due apportano lo stesso bene alla società. Evidentemente non è così: una coppia omo rimane chiusa in se stessa, non potendo procreare, laddove una coppia etero contribuisce, secondo natura, alla vita e, in tal modo, al bene comune.

Il prelato, con onestà e mente aperta, affronta poi il problema se dal mancato riconoscimento delle unioni omo possa derivare una forma di discriminazione nei confronti degli stessi omosessuali. La risposta è no. Perché? Perché LA DISCRIMINAZIONE NASCE DAL TRATTARE IN MANIERA DIFFERENTE SITUAZIONI UGUALI. NON È, INVECE, DISCRIMINAZIONE RICONOSCERE MAGGIORI DIRITTI A CHI CONTRIBUISCE DI PIÙ AL BENE DELLA COLLETTIVITÀ. Ancora una volta, la coppia etero contribuisce al bene comune poiché è nelle condizioni di procreare; la coppia omo non può fare altrettanto. Ergo, al matrimonio etero lo Stato deve riconoscere un diritto speciale e superiore a quello che può riconoscere alle coppie omo. Questo è il senso delle parole di S. Tommaso, che lei ha del tutto frainteso nella sua lettura frettolosa e preconcetta.
E per quanto attiene ai diritti delle coppie omo? Caffarra sottolinea che queste hanno già gli strumenti, predisposti dal diritto civile, per veder salvaguardati i loro diritti. L'equiparazione della loro unione al matrimonio etero non ha quindi ragion d’essere di fronte allo Stato e alla società.

La Chiesa ha perfettamente ragione nel chiarire ai cattolici, soprattutto se sono dei politici, che sostenere leggi favorevoli ai matrimoni omo contrasta con la dottrina cattolica. Non si tratta di "minacce" ecclesiastiche ai laici cattolici, come dice lei, ma di un semplice richiamo alla coerenza: se uno si professa cattolico, ci si aspetta che parli e agisca come tale. In caso contrario, è serio ed opportuno tirarsi fuori dal cattolicesimo.

Sulle sue accuse di razzismo e di chiusura mentale sorvolo. Lascio a lei la pratica di etichettare in quei termini l'interlocutore che esprime opinioni diverse dalle sue. Ad ogni modo, la invito a rileggere con calma e senza preconcetti l'articolo di Caffarra. Noterà che lei ha giudicato ed emesso la sua sentenza senza aver nemmeno compreso cose che venivano espresse in maniera chiara, razionale e pacata.

Infine, gli appelli ai giovani li lasci, per cortesia, a chi tiene al loro sviluppo equilibrato. C'è già troppa confusione in giro senza che lei vi aggiunga del suo.

etendard said...

Anonimo, siamo d’accordo che “Ecclesia semper reformanda”; siamo anche d’accordo che gli uomini di Chiesa sono figli del loro tempo, per cui, in talune circostanze, hanno dato errate interpretazioni delle questioni umane (mi riferisco ad alcune posizioni, in epoca passata, sulla donna). Non siamo però d’accordo sul fatto che la Chiesa modificherà un giorno la sua valutazione sull’omosessualità. In proposito, la Chiesa si attiene alle Sacre Scritture, che ne condannano, per l’appunto, la pratica. Su questa ed altre materie, non si tratta quindi di opinioni dei servi diverse da quella del Padrone di Casa.

marco said...

mi permetto di replicare, visto che lei ha avuto la cortesia di fornirmi un'esaustiva risposta.

avevo inteso il fatto che l'autore fosse diverso dal proprietario del blog, ma questo non cambia le mie affermazioni.

provo a leggere con attenzione il suo commento, come mi sembrava di aver fatto con l'articolo.
si parla di "apportare il bene alla società": secondo quali criteri? il bene non può essere una convivenza più serena tra i cittadini? non può essere la scomparsa dei pregiudizi nei confronti di pochi da parte dei molti?
la chiesa si è sempre assunta a bilancia del "bene comune", secondo me impropriamente.
ci sono stermiati esempi di persone che, secondo la mia modesta opinione, non apportano alcun bene alla società (anzi): eppure nessuno si sogna di riconoscere loro MENO diritti o diritti DIVERSI (visto che non comprendo il suo "speciali").

Le chiedo scusa se ho frainteso le parole di s.tommaso ma Le assicuro che la mia lettura non è stata nè frettolosa nè preconcetta: mi risultano tuttora difficilmente applicabili ai nostri giorni.

nessuna sentenza, il mio era un commento a un post in un blog. lasciamo le sentenze alle aule di tribunale.
e per gli appelli non si preoccupi del mio contributo: sparirà nel giro di qualche giorno appena questo post scivolerà in terza o quarta pagina.

etendard said...

Mi scusi, marco, ma come può ancora domandare in base a quali criteri una coppia etero "apporta un bene alla società"!!! Dopo aver letto l'articolo di Caffarra e la mia replica, stiamo ancora a questo punto? La parola "procreazione" le dice niente? Per lei, la procreazione può valere meno di zero, ma lo Stato non può rimanere indifferente di fronte al bene che deriva alla società dal fatto che solo le coppie etero possono contribuire alla vita, mentre le coppie omo non possono. Ecco perché l'equiparazione matrimonio etero e matrimonio omo non ha senso. Non so in che altro modo rendere più chiaro il concetto.
Parla ancora di "pregiudizi" verso le coppie omo, dopo che le è stato spiegato che la "LA DISCRIMINAZIONE NASCE DAL TRATTARE IN MANIERA DIFFERENTE SITUAZIONI UGUALI. NON È, INVECE, DISCRIMINAZIONE RICONOSCERE MAGGIORI DIRITTI A CHI CONTRIBUISCE DI PIÙ AL BENE DELLA COLLETTIVITÀ"?
Che ne dice di chiuderla qui, e amici come prima?