Wednesday, October 03, 2007

Papà, mi benedici?

Nel blog dell’amico Salo trovo un post in cui lui rivolge a suo padre questi pensieri:
Papà, ti ringrazio per tutto ciò che sei e per tutto il bene che mi vuoi. Anche se non riesco a dirtelo quanto vorresti e quanto vorrei, sappi che mi accorgo di tutto ciò che fai per me, di tutti i sacrifici e di tutte le buone parole, di tutti i consigli e di tutti i semplici e nobili valori che mi hai trasmesso: per me sei il miglior papà del mondo.

Ti voglio bene.
Sono le frasi che qualunque figlio vorrebbe rivolgere al proprio padre, e sono le parole che qualunque papà dovrebbe sentirsi dire dai figli. Costituiscono il riconoscimento di un lavoro fatto bene e un pezzo di eredità che si tramette di generazione in generazione.
Purtroppo, però, quelle parole spesso non si dicono. Non si possono dire. Quanti figli si trovano lontani dall’affetto, dalla guida e dall’esempio dei padri! Quanti figli si perdono per questa assenza nella loro vita! Quanti figli viaggiano nel mondo in solitudine, così come hanno fatto, a loro volta, i padri!

Fa allora bene all’anima leggere di un papà e di un figlio che si sono subito incontrati, che non si sono perduti per strada.
Ho dato un piccolo suggerimento al mio giovane amico. Gli ho proposto di andare da suo padre, di dirgli quello che aveva scritto nel post e poi di mettersi in ginocchio davanti a lui. Dovrebbe chiedere al padre di posargli le mani sulla testa e di benedirlo: “Carne della mia carne, sangue del mio sangue, io ti benedico, figlio mio”.
Quadretto zuccheroso? Forse. E se ci scappasse un po’ di commozione? Bé, che male ci sarebbe, la cosa, dopotutto, rimarrebbe in famiglia! Ma poi, qual è il significato di tutto questo? Diciamo che si tratta di una consegna, la consegna della spada al figlio che entra nel mondo. Per viaggiare sicuro, da uomo e guerriero. Nel segno del padre.

Il mondo è pieno di angeli. Non sono tutti invisibili. Molti sono in carne ed ossa. Tutto sta a volerli riconoscere.

HH.

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