Wednesday, September 30, 2009

Il nome di Maria

“O tu che sei immerso nelle vicissitudini della vita e, più che camminare sulla solida terra, hai l’impressione di essere sballottato fra tempeste e uragani: se non vuoi finire travolto dall’infuriare dei flutti, non distogliere lo sguardo dal chiarore di questa stella!

Se insorgono i venti delle tentazioni, se t’imbatti negli scogli delle tribolazioni, guarda la stella, invoca Maria!

Se vieni assalito dalle onde della superbia, dell’ambizione, della calunnia, dell’invidia, della gelosia: guarda la stella, invoca Maria. Se l’ira, l’avarizia o le lusinghe della carne scuotono la navicella della tua anima: guarda la stella, invoca Maria.

Se turbato dall’enormità dei tuoi peccati, confuso per le brutture della tua coscienza, atterrito dal rigore del giudizio stai per venire risucchiato dal baratro della tristezza e dall’abisso della disperazione, guarda la stella, invoca Maria.

Nei pericoli, nelle difficoltà e nei momenti di incertezza, guarda la stella, invoca Maria. Abbi il suo nome sempre sulle labbra, abbila sempre nel cuore e se vuoi ottenere l’aiuto della sua preghiera, non tralasciare di imitarne gli esempi.

Seguendo lei non andrai fuori strada, pregandola non dispererai, pensando a lei non sbaglierai.

Se ella ti sostiene non cadrai, se ella ti protegge non avrai nulla da temere, se ella ti guida non ti affaticherai, se ti sarà favorevole giungerai alla mèta e così potrai sperimentare tu stesso quanto giustamente sia stato detto: ‘e il nome della vergine era Maria’”.

[Preghiera di Bernardo di Chiaravalle, riportata da Antonio Socci nel post di ieri]

Friday, September 25, 2009

Invito a pregare per Caterina, la figlia di Antonio Socci

Caterina, la figlia ventiquattrenne di Antonio Socci, è da alcuni giorni in coma a seguito di un arresto cardiaco. Riporto di seguito l’aggiornamento odierno del blog del giornalista.
Oggi, nel primo pomeriggio, Caterina avrebbe dovuto laurearsi in Architettura. Aveva passato tutta l’estate sulla tesi…. Ma non è il momento dello struggimento. Siamo in battaglia e come soldati bisogna stare all’istante presente, senza nostalgie.
Dobbiamo combattere con e per Caterina. Come lei sta facendo: ieri è stato evidente. Ha fatto altri “piccoli” passi che in realtà sono grandi scalate, come il fatto di respirare da sola…
Ieri era anche la festa di padre Pio: avevo chiesto al Padre un bel regalo per Caterina. Ne è arrivato uno inimmaginabile e grandioso: la visita della Regina del Cielo. Sì, sono certo che la Madonna è sempre lì con lei, ma ieri in modo speciale quegli “ojos de cielo” che Caterina canta con tanta passione (l’avete sentita), l’hanno teneramente abbracciata…
In breve: in mattinata mi telefona Marija Pavlovic (una dei sei veggenti di Medjugorje), nostra grande amica che già da giorni prega per Caterina, e mi dice che – per una serie di circostanze – può venire a Firenze e vorrebbe far visita a Cate proprio nell’ora della quotidiana apparizione.
E’ arrivata, abbiamo partecipato alla messa e poi è andata da mia figlia con mia moglie, mentre noi, con gli amici di Cate, recitavamo il rosario fuori. La Madonna è venuta, stava in cima al letto, dietro la testa di Caterina. L’ha benedetta e ha benedetto Alessandra e Marija che ha chiesto il miracolo della guarigione per Caterina.
La Madonna ha ascoltato e ha iniziato a pregare. Ci ha fatto capire col suo gesto che bisogna affidarsi totalmente a Lei e pregare ancora. E noi instancabilmente continuiamo…

Ce l’hanno insegnato i santi. San Francesco di Paola ha detto: “E’ cosa certa quel che vi dico: tutto ciò che chiedete nella preghiera abbiate certezza che è già vostro perché così dovrà avvenire per volere della Madonna”.
E alla mistica Maria Valtorta – che fra l’altro è sepolta proprio alla S.S. Annunziata, a Firenze – è stato detto: “Io vi dico: abbiate una fede sconfinata nel Signore. Continuate ad averla nonostante ogni insinuazione e ogni evento, e vedrete grandi cose quando il vostro cuore non avrà più motivo di sperare di vederle…”.

Penso che in questi giorni ci stia facendo capire molte cose preziose. Anzitutto che la vera malattia è quella di noi sani quando siamo lontani da Dio. Gesù ha bisogno che qualcuno lo aiuti a portare su di sé il male degli uomini. Per sanarli.
Noi cristiani che siamo parte del Suo Corpo, offrendoGli le nostre sofferenze e le nostre vite lo aiutiamo in questo. Io sono pieno di stupore e commozione per le tante persone che mi hanno scritto che offrono le sofferenze delle loro diverse prove e malattie… E’ stupore e commozione per l’abbraccio del popolo cristiano…
Una mail che ho ricevuto dice:
“Caterina senza fare nulla muove il mondo. Tutto quello che ci comunichi è un grande miracolo che accade davanti ai nostri occhi. Gesù è qui ora e possiamo vedere la Sua Gloria attraverso la fede del suo popolo. Caterina è i nostri figli e tu e Alessandra siete noi. Continuiamo a Pregare Maria perché Gesù guarisca la vostra e nostra Caterina. Un grande abbraccio. A. T. ”.
Penso anche io che attraverso la sofferenza muta di Caterina, che commuove tanti cuori, la Regina del Cielo stia guarendo tante persone e sono certo che, con l’aiuto delle nostre preghiere e dei nostri digiuni, stia facendo grandi cose. Guarirà anche Caterina, facendola svegliare dal coma e facendola tornare a cantare la bellezza di Dio.

Fra le migliaia (letteralmente) di mail che mi arrivano e a cui tento di rispondere come posso, ne trascrivo una, di una mamma, che dice tutte queste cose:
Cara famiglia che stai soffrendo in un modo tanto simile alla mia, nelle due settimane di coma profondo della mia piccola Elena, una città intera ha pregato per lei. Amici e conoscenti, miscredenti e persone lontane da Dio si sono inginocchiate nelle tante veglie notturne organizzate per la mia piccina. Hanno strappato a Dio una promessa che ora si sta compiendo.
Noi, in sala rianimazione, abbiamo sollecitato continuamente Elena pregando su di lei a voce alta, cantando i canti della messa domenicale che lei, anche se piccolissima, aveva ascoltato, facendole ascoltare tanto Mozart.
Un cervello che dorme va risvegliato! Le ho raccontato tutto quello che avevamo fatto insieme e le ho descritto tutte le cose belle che avremmo fatto ancora e tutte le meraviglie del creato che avrebbero visto i suoi occhi una volta guarita.
Si é svegliata. A dispetto delle sue condizioni definite gravissime. Il Signore ci ascolta. Anche Caterina vi sta sentendo come la mia piccolina. Anche la miocardiopatia dilatativa gravissima, di origine non virale e ancora oggi inspiegabile, si è risolta e il cuoricino di Elena batte senza bisogno di aiuto.
Coraggio, non pensate al domani, vivete giorno per giorno la vostra battaglia e il Signore vi darà forza e pace proprio come a noi.
Continuiamo a pregare per Caterina.
Alessandra.


Queste sono le bellissime testimonianze che mi state dando e che trascrivo qui perché penso possano essere di aiuto per molti. Mentre vi abbraccio tutti ringraziandovi per tutto quello che fate.
Tanti sono rimasti commossi nell’ascoltare “Ojos de cielo” cantata da Caterina con il coro Foné, degli universitari di CL. Nei prossimi giorni cercherò di mettere qui nel blog altri loro canti. Spero che sentire la sua voce e quella dei suoi amici sia un piccolo ringraziamento per le vostre preghiere e le vostre offerte di digiuni. Ma sono certo che la più grande ricompensa vi arriverà dal Cielo…

Antonio Socci

Sunday, September 20, 2009

Il “dopo Boffo” e la trasparenza mancata

Riporto l’intervento di Vittorio Messori sul Corriere della Sera del 13 settembre. Il titolo dell’articolo è quello dato in Et-et.it, il sito dello stesso Messori.
Sul Consiglio Permanente della CEI che si apre domani, graverà l’ombra pesante del “caso Boffo”. In questo Direttorio della Chiesa nazionale – una ventina di presidenti delle Conferenze Episcopali italiane - non regna l’unanimità sulle responsabilità della crisi e sulla sua gestione. Soprattutto, su quella difesa ad oltranza, “a prescindere”, su quelle invettive di “disgustoso attacco al cristianesimo di oscure forze laiciste”: e, il tutto, senza preoccuparsi di spiegare come davvero fossero andate le cose, esibendo le carte. In effetti, se i vertici della CEI ed alcuni vescovi hanno dato a Dino Boffo, come giusto, la loro solidarietà umana ma sono però andati oltre, gridando alla “vergognosa aggressione”, la maggioranza dei vescovi ha taciuto o si è limitata a qualche cenno dovuto. Particolarmente significativo, poi, è parso il silenzio – anzi, qualcosa in più, stando alla nota intervista al direttore Vian – dell’Osservatore romano.
È certo che, nella sua prolusione di domani, il cardinal Bagnasco ribadirà la difesa del direttore dimissionario, forse sfumando solo i toni indignati: ma questa è ormai la linea assunta nella concitazione del primo momento e non è consuetudine ecclesiastica ritrattare, una volta fatta, bene o male, una scelta.
Comunque, da stamane si discuterà dell’affaire a porte chiuse: non si tratta, infatti, di una vicenda secondaria e passeggera, bensì di un evento devastante per i vertici dell’episcopato che avevano concentrato in un uomo solo – per giunta a rischio di ricatto - tutto il sistema informativo della Chiesa italiana. Lo tsunami che si è scatenato da nove colonne in prima pagina in un sonnolento venerdì di fine agosto, ha spiazzato chi, nella Gerarchia, sapeva, ma pensava che la faccenda, dopo cinque anni, fosse ormai sepolta per sempre tra le carte di un tribunale di provincia.
Imprudenza o ingenuità? In ogni caso, un comportamento sconcertante per chi non deve avere né l’una né l’altra pecca. Qualcuno, va pur detto, si è rallegrato per l’esplosione del caso, sia fuori che dentro la Chiesa: l’antico “fratelli, coltelli” vale anche per gli uomini della Catholica, ai quali la consacrazione non garantisce la santità. Altri – io stesso, se è lecito un cenno personale – ne sono rimasti addolorati, sia per la violenza feroce dell’attacco a un collega professionalmente valente e umanamente stimabile, sia per l’enorme danno alla immagine della Chiesa. Ma c’è rammarico anche per l’ingiustizia delle accuse di “moralismo ipocrita” a chi si era esposto solo per il minimo indispensabile, lontano da invettive e condanne da predicatore. I clericali giustizialisti e moralisti (l’ossessione per l’etica cresce quando la fede diminuisce e, oggi, proprio la fede sembra svanire, come denuncia il Papa) rimproveravano a Boffo questa discrezione.
Sta di fatto che a tutti, nel giro, era nota l’esistenza di una sentenza del tribunale di Terni. E tutti, constatando il radicalizzarsi (qualcuno preferisce parlare di imbarbarimento...) della prassi giornalistica, tutti, tranne forse vescovi e cardinali, sapevano che ai curiosi bastava aspettare: prima o poi, una delle “manine” onnipresenti nei palazzi di giustizia avrebbe consegnato il dossier a qualche cronista. In realtà, ora abbiamo la certezza che quel dossier c’era, ma non lo abbiamo visto, poiché il “condannato” ha ottenuto che ne fosse bloccata l’accessibilità: con le carte sottochiave, siamo ancora in attesa di sapere che sia davvero successo. Sigillati gli atti processuali, morto il giovanotto, per ricostruire la verità, almeno quella giudiziale, ai reporter restava solo la ragazza la cui denuncia aveva innestato il caso. Ma, pure qui, un muro invalicabile: porte sbattute in faccia a chi facesse domande.
È proprio su questa reticenza che, pur con il rispetto dovuto dai credenti verso i Pastori, si vorrebbe richiamare l’attenzione delle Eccellenze ed Eminenze riunite a consiglio. Potremmo citare innumerevoli documenti, a loro firma, che auspicano «massima trasparenza» nella informazione. Potremmo addirittura osare la citazione evangelica, con quel «conoscerete la verità e la verità vi farà liberi».
Siamo desiderosi di condividere l’indignazione di mitrati e porporati per l’aggressione subita dal direttore. Ma vorremmo farlo conoscendo – nella piena trasparenza, appunto – per quali motivi un tribunale dello Stato è giunto a una sentenza di condanna. Oltretutto, le gravi, croniche perdite del media-system cattolico sono ripianate colle offerte dei fedeli e col loro prelievo fiscale. Non innanzitutto, ma anche, per questo c’è – crediamo - un diritto dei cattolici a sapere com’è andata, almeno nella ricostruzione della magistratura della Repubblica.
L’uscita di scena di Boffo apre, tra l’altro, il problema di una sostituzione che non sarà facile. Il rimescolamento di carte degli anni Novanta, con l’implosione della Democrazia cristiana, ha provocato una diaspora cattolica in tutte le direzioni dello schieramento politico. Credenti espliciti -e relativi voti - a destra, a sinistra, al centro. Da qui, la difficoltà di confezionare ogni giorno un quotidiano che desse spazio adeguato all’informazione politica ma stesse in equilibrio tra posizioni contrastanti, senza scontentare alcuni o favorire altri. Una prodezza quasi da acrobata che a Boffo è riuscita per ben quindici anni, grazie anche alla finezza e all’esperienza di quel suo “inventore”, e grande suggeritore, che è stato il cardinal Ruini. Sarà arduo trovare chi saprà ricominciare l’impresa.
Altre scelte, come sempre non facili, attendono i vescovi: è ogni giorno più ampio, ad esempio il fronte di possibili confronti polemici su problemi che riguardano, in senso lato, il corpo umano, con la sessualità, la generazione, il fine vita. Ma a 139 anni giusto a oggi, dalle cannonate di Porta Pia, la storia ha ogni volta confermato che, alla fine, il compromesso tra esigenze dello Stato e istanze della Chiesa può essere trovato. E che una convivenza pacifica è possibile. Non saranno episodi, anche clamorosi ma alla fine archiviati, che smentiranno questa costante – piaccia o no – della storia italiana, nella quale anche l’anticlericalismo più fiero non ha mai potuto disconoscere un’impronta due volte millenaria. Raffaele Cadorna, il generale che bombardò e prese la Roma di Pio IX, non era forse - egli pure – un devoto cattolico da Messa quotidiana?
© Corriere della Sera

Sunday, September 13, 2009

V. Messori e le ragioni del monito di Benedetto VI contro il carrierismo episcopale

Riporto l’intervista di Giacomo Galeazzi a Vittorio Messori su La Stampa di oggi. Il titolo dell’intervista è mio.
Vittorio Messori, lei, oltre che lo scrittore cattolico italiano più letto nel mondo, è l’unico ad aver scritto un libro con gli ultimi due Papi. A chi è diretto il monito contro il carrierismo episcopale di Benedetto VI?
“Lo dico con un sorriso un po’ amaro: nell’Occidente secolarizzato c’è poco da esortare i vescovi a non fare i loro interessi. Ormai sono quasi dei paria. In Francia, in Spagna, in Olanda, in Belgio non contano più nulla, anzi sono visti con gran sospetto o, peggio ignorati come sopravissuti da tollerare. Sotto Zapatero si fa di tutto per non invitarli alle occasioni ufficiali, in Francia è addirittura vietato dalla legge e la situazione è la stessa altrove. Il problema del servirsi della Chiesa invece di servirla può riguardare oggi, credo, soprattutto l’Africa e l’America Latina, dove lo status del sacerdote, e soprattutto del vescovo, è un sogno per molti dei giovani poveri locali, che anche per questo affollano i seminari. Il vescovo nel Terzo Mondo, dove la religiosità è intensa e le autorità civili screditate, è spesso ancora all’apice della scala sociale. Direi quasi come nell’Europa dell’Ancien Régime”.

E in Italia?
“Il problema per i vescovi, più che in Italia (dove il presenzialismo clericale è alto, eppure il potere effettivo debole) soprattutto nel resto d’Occidente, non è fare carriera ma sopravvivere. Nell’Europa centrale e settentrionale, ma soprattutto in Francia e in Germania, stanno accorpando molte diocesi perché non sono più in grado di amministrarsi per mancanza di clero e gli antichi episcopi sono messi sul mercato. In queste condizioni, che peso sociale possono avere e di che lustrini potrebbero ammantarsi? Forse, le preoccupazioni del Papa sono altrove”.

Dove?
“Nella cultura del Terzo Mondo la persona autorevole, il capo – come lo è un vescovo - deve essere circondato da mogli e figli. Il celibato non è considerato una virtù, ma una mancanza che toglie ogni prestigio. Nel suo realismo, in molti Paesi, soprattutto africani ma anche centro e sudamericani, pare che la Chiesa tolleri situazioni che da noi sarebbero inaccettabili. È l’antica teoria del male minore: meglio un clero non impeccabile o l’abbandono del gregge, con comunità ecclesiali allo sbando, senza più guide? Forse è anche qui uno dei motivi per i quali in Africa, cristianizzata con eroici sacrifici dei missionari dell’Ottocento, in molte zone il Corano sta sostituendo il Vangelo. E uno dei motivi per i quali l’America Latina sta diventando rapidamente un Continente ex-cattolico, con l’avanzata impressionante delle sette protestanti. Imam e pastori non hanno il problema del celibato. Comunque, mi lasci fare una precisazione forse controcorrente”.

Prego.
“Chi pratica la storia della Chiesa sa che la prova sanguinosa e terribile della Rivoluzione francese non è stata inutile. I Papi che si sono susseguiti dalla caduta di Napoleone sino a noi formano una catena di uomini di Dio di grande dignità, cultura, impegno, tanto che molti sono già santi e beati e altri lo saranno in futuro. E così molti cardinali e moltissimi vescovi. Il monito di Benedetto XVI si rifà al Vangelo e alle Lettere di Paolo e, dunque, vale per ogni tempo. Ma valeva, soprattutto, per la Chiesa prerivoluzionaria, dove davvero i presuli, tutti nobili, spesso pensavano innanzitutto al prestigio loro e della loro casata. A differenza di altre istituzioni, la Gerarchia cattolica non è declinata col tempo. Anzi, è qualitativamente assai migliorata. E non ingannino le storie di omosessualità clericale, soprattutto nordamericane: il guasto, qui, è dovuto alla sottomissione di quelle Chiesa al “politicamente corretto“, alle porte di conventi e seminari spalancate a chiunque, in nome del “no alle discriminazioni“. Quei fatti, comunque, hanno visto implicati molti religiosi e preti ma solo rarissimi rappresentanti della Gerarchia”.

© La Stampa

Sunday, September 06, 2009

Le carte blindate di Boffo e il riequilibrio dei poteri

Riporto l’articolo di Vittorio Messori sul Corriere della sera di oggi.

È indubbio che è venuto da colui che è pur sempre il Primate d’Italia, oltre che vescovo di Roma, l’input, o almeno l’accettazione, per le dimissioni di Dino Boffo dalla galassia dei media cattolici. Quotidiano nazionale, televisione nazionale, 200 radio in ogni regione: una concentrazione di potere anomala in una Chiesa che non ha sol­tanto trascurata la virtù cardinale della pru­denza (auriga virtutum, la chiamava San Tommaso), lasciando questo suo uomo-immagine esposto a ogni rischio di ricatto, do­po una sentenza che si pensava fosse irrilevante e che restasse sepolta per sempre in un tribunale di provincia. Ma è anche, questa, una Chiesa che ha dimenticato un altro principio praticato dalla gerarchia cattolica di un tempo. Il principio, cioè, del divide et impera: la Catholica è l’ultima «monarchia assoluta», dove il potere illimitato del vertice si regge sull’equilibrio dialettico, sempre felpato ma non sempre idilliaco, dei poteri subordinati. Ora, invece, tutta — dicesi tutta — l’informazione della Chiesa italiana era gestita e controllata da un uomo solo, che su di sé aveva un altro uomo solo: il cardinale presidente della Cei. Un’altra imprudenza, quindi, che ha fatto sì che la crudele, inaspettata rovina professionale di un singolo abbia gettato un’ombra di sospet­to e di discredito su tutto un sistema informativo per il quale, tra l’altro, la Chiesa italiana salassa i suoi bilanci.

Ma se è indubbio che input o, almeno, accettazione per le dimissioni sono venuti dal Vertice stesso della Chiesa, è altrettanto indubbio che la possibilità di defilarsi è stata accolta con sollievo dall’interessato, ad evitare guai peggiori. Lo ha detto egli stesso nella lettera al Presidente della Cei: «la bufera mediatica è lungi dall’attenuarsi», anzi, «si stanno chiamando a raccolta uomini e mezzi in una battaglia che si vuole ad oltranza». Dunque, perché «le ostilità si plachino», è necessario che il bersaglio «compia il sacrificio» di tirarsi indietro. Più che un «sacrificio», le dimissioni hanno offerto a un uomo martoriato, cui va la nostra fraterna comprensione, la possibilità di ritrovare un po’ di sonno dopo la settimana infernale. Ma anche la possibilità di evitare ciò che non ha fatto e che, fa capire nella lettera di congedo, non intende fare: autorizzare, cioè, il tribunale di Terni a pubblicare l’intero fascicolo processuale. Il suo avvocato, in effetti, ha chiesto che quelle carte restino blindate. Come si sa, un magistrato esigeva il rispetto della legge, che stabilisce che la documentazione sia resa nota, ma un suo collega si è opposto per la reputazione del «condannato». Dunque, conosciamo solo le due pagine di conclusioni, senza sapere perché il giudice è pervenuto ad esse.

Anche per questo, dicono, Boffo non ha presentato, almeno sinora, l’annunciata querela contro il Giornale : in questo caso, l’avvocato del denunciato avrebbe diritto di accedere al fascicolo richiuso negli archivi. Ed è ovvio che tutto finirebbe subito su tutte le prime pagine. Ma cosa può esserci in quegli atti, che po­trebbero chiudere una rissa che si è svolta attorno ad elementi formali (pur rilevanti), ma senza rispondere alla domanda vera: che cosa è successo davvero? Anche a questo, in verità, è stato alluso nella lettera di dimissio­ni: «Mi si vuole a tutti costi far confessare qualcosa e allora dirò che, se uno sbaglio ho fatto (...) è il non aver dato il giusto peso a un reato 'bagatellare'». Un termine giuridico, ma, forse anche un curioso riferimento a Céline, lo scrittore «maledetto», e al suo antisemita Bagatelles pour un massacre?

Ci sono, dunque, piccole cose, leggerezze, svagate imprudenze, libertà di linguaggio, cose tollerabili in altri, ma che metterebbero a disagio un uomo al vertice del sistema infor­mativo di una Chiesa che su certe cose non transige? Sembrerebbe. In ogni caso, la riduzione da uomo-istituzione a semplice privato gli ha permesso di alleggerire la pressione dei mastini che, altrimenti, non avrebbero mollato la presa perché la pubblicazione delle carte fosse autorizzata.

Ma l’imprudenza, qui, non sembra abbia contrassegnato solo la parte aggredita. È probabile che il Giornale pensasse che la faccenda si sarebbe subito conclusa, davanti alla evidenza di una condanna, con le dimissioni del direttore, accolte da una imbarazzatissima, e ammutolita, Conferenza Episcopale. Non era stato messo in conto l’arroccamento immediato di questa, il compattamento delle redazioni, la difesa ad oltranza, «a prescindere », da parte di una fetta consistente del mondo cattolico? È probabile. Il risultato po­trebbe rivelarsi un boomerang politico. Una Cei che aveva un parterre moderato, non ostile all’attuale governo, parla ora (come Boffo nella sua lettera) di «un oscuro blocco di potere laicista» che, dall’interno della maggioranza, aggredirebbe la Chiesa. La rivelazione, così brutale, dei possibili «peccatucci» del direttore è stata presentata come un’operazione anticristiana.

E il prossimo responsabile del quotidiano sarà obbligato a una politica meno conciliante con questo governo di quella del suo sfortunato predecessore, noto per la sua moderazione, se non addirittura per un penchant per il centro-destra. Quanto ai molti discorsi, innescati dal caso Boffo, su dissidi e antagonismi tra Segretario di Stato e Presidente della Cei: al di là della diversità di temperamenti e di prospettive (peraltro assai meno accentuata di quanto spesso si affermi), il problema va ben oltre le persone.

Già molti anni fa, in Rapporto sulla fede, Joseph Ratzinger affermava che le più che 100 Conferenze Episcopali del mondo non hanno base teologica, non fanno parte della struttura divina della Chiesa. Questa, osservava, non è una Federazione di Chiese nazionali, dove si converga solo sui grandi principi del Credo. Il potere dei «piccoli vaticani» sparsi nei cinque continenti, uno per ciascuna nazione, va ridimensionato. Pietro è uno solo. E sta a Roma. Divenuto papa, l’allora cardinal prefetto del Sant’Uffizio ha cominciato a provvedere.

Sta qui il motivo del cortese ma fermo avvertimento di Bertone, il suo «primo ministro», a Bagnasco, rappresentante della «Chiesa nazionale italiana». Rispetto e fiducia, si intende, ma le grandi linee di governo vengono avocate a sé dal Vertice della Chiesa. Non è in atto un regolamento di conti tra cardinali (malgrado le attuali difficoltà dell’arcivescovo di Genova per il caso dell’uomo-media ereditato da Ruini), è in atto semmai una strategia di lungo respiro di Be­nedetto XVI per contrastare un per lui inaccettabile «federalismo clericale»

Friday, September 04, 2009

Feltri, dimettiti pure tu e chiudiamo questa brutta storia

Dico io, Feltri, volevi restituire la pariglia a chi fa la morale a Berlusconi? Va bene, restituiscila ai figuri che scrivono per Repubblica & Co., cioè, ai responsabili della campagna diffamatoria. Ma che cosa c’entrava Dino Boffo? È vero che, per le note vicende, aveva criticato il Cavaliere (peraltro, l’aveva fatto in modo misurato), ma dopo mesi di silenzio, un silenzio, guarda caso, ritenuto colpevole da parte dei figuri di cui sopra. Invece tu, Feltri, che hai fatto? Fra tutti hai scelto proprio Boffo e l’hai sbattuto in prima pagina. Hai scritto addirittura che lui è il capobanda degli ipocriti, quello che “ha guidato la campagna moralizzatrice contro Berlusconi”!!! Roba da stropicciarsi le orecchie, avrebbe detto Mortadella. Hai attaccato a testa bassa, hai spacciato per vere delle patacche, ti sei fatto strumento di chi vuol colpire Oltretevere, e tutto ciò … contro il bersaglio sbagliato!
Boffo si è dimesso, e ha fatto bene. In questo modo non trascina la Chiesa e Avvenire nel fango preparato dall’allegro e sagace direttore de il Giornale. Manca però ancora un passaggio per fare vera giustizia: Vittorinoooo, su dai, tocca a te adesso. Ripara la sciocchezza che hai combinato e presenta anche tu una bella lettera di “dimissioni irrevocabili”.

Si veda l’articolo di Antonio Socci, Il boomerang di “Repubblica” e “Giornale”, su Libero di oggi.

Wednesday, September 02, 2009

Caso Feltri-Boffo, brutta scivolata!

Condivido pienamente le osservazioni di Vittorio Messori sul Corriere della Sera di oggi: prudenza avrebbe voluto che, a tempo debito, le gerarchie ecclesiastiche allontanassero Dino Boffo dalla direzione di Avvenire, sia che lui fosse colpevole o innocente, sia che si trattasse di faccenda seria o di un grosso equivoco. La posta in gioco era ed è l’immagine e la coerenza della Chiesa. Brutta scivolata!
Di mio aggiungo che lo stesso discorso vale per Dino Boffo. Perché non si è defilato al momento opportuno? C’è sempre chi rimesta nel torbido, vero o inventato, pur di mettere in cattiva luce l’avversario. Era veramente così ingenuo da pensare che quella storia, anche se in un’ottica volutamente deformata, non gli si sarebbe ritorta contro prima o poi?
È strano che un liberale come Vittorio Feltri, che ha gli Stati Uniti come modello politico-culturale di riferimento, trascuri un aspetto della vicenda Berlusconi: ad un capo di governo è richiesto di avere un comportamento pubblico e privato al di sopra di ogni sospetto. Sempre. Difendere il Cavaliere non significa rimangiarsi il proprio codice etico (se ce l’hai). È questione di immagine e di coerenza. Altra brutta scivolata!